mercoledì 16 luglio 2008

divagazioni su libri, librerie, titoli copertine e avventure notturne

Era il lontano 1998. All'epoca l'anfiteatro delle Cascine d'estate era luogo di incontri e di spettacoli o comunque di "cose organizzate" fossero queste mercatini, eventi vari o feste a tema.
L'idea più comune era: andiamo all'anfi, si beve una birra, ci si fa due canne in pace che lì nessuno ti rompe le balle, e si sente un po' di musica.
Ora, c'è da dire che: a me la birra m'ha sempre fatto considerevolmente schifo, le canne non me le son mai fatte e anzi mi davano (e danno) noia pure le sigarette, e riguardo ai miei gusti musicali c'è ben poco da dire visto che non sono un'intenditrice nè un'intellettuale del sonoro. Mi piace la roba più o meno semplice musicalmente e poi a scelta consistente nel messaggio o estremamente ballabile. Insomma: roba che raramente si trova in un posto come l'anfi dove regnavano tecno, punk-rock d'incerta provenienza e il terribile jazz, soporifero per me ignorante non meno del tanfo della marjuana.
Insomma, una mosca bianca. Anche nella mia stretta cerchia di amici con cui mi accompagnavo.
Una delle per me interminabili serate all'anfi, Dio, evidentemente per ricompensarmi di cotal sacrifizio, mi propose un capannone libreria.
Ci feci un giro e d'improvviso venni attratta da un libro con la copertina semplice e con un titolo accattivante. Era "i fiori blu" di Raymond Queinau nella bella ed essenziale edizione EINAUDI con traduzione di Italo Calvino.
Lo aprii, incuriosita.
"Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs. Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti. Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Francesi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevano calvadòs."
Fu, ovviamente, amore a prima vista. In una completezza di emozioni: la curiosità dell'ignoto, la garanzia dell'"intermediario" Calvino, la semplice eleganza dell'edizione, la scoppiettante diversità dell'incipit.
Ed è stata una love-story completa e appagante: di Queinau ho letto (e regalato/ consigliato/ prestato) praticamente tutto il leggibile, in quell'afflato matto e disperatissimo che costringe a percorrere ordinatamente e metodicamente tutta la strada percorsa dallo scrittore a suo tempo.
Bè di perfette congiunzioni così c'è stato solo questa nella mia vita.
Ieri sono andata, dopo tanto tempo, in libreria. Da quando soppressero la vecchia Marzocco andare in libreria sembra sempre un coito interrotto.
Alla vecchia Marzocco trovavi di tutto. C'ho comprato da pischella la biografia e i libri dei testi dei DOORS e un po' più tardi quelli di critica dantesca.
Alla vecchia Marzocco c'erano piccoli librai un po' ricurvi che la conoscevano come le proprie tasche. E che i libri non solo li vendevano ma li leggevano, profondamente. E sapevano tutto di loro: nuove possibili edizioni, colore della copertina, posto nello scaffale, introduzioni, tempi di arrivo. Tutto.
Un vizio meraviglioso vederli muoversi abili e sicuri.
Che non poteva durare, siamo d'accordo. La chiusero insieme (o appena prima) delle altre librerie storiche di Firenze: Le Monnier, per esempio. Oggi "Mondadori" in via S.Gallo. Subito dopo l'inaugurazione ci andai a comprare la trilogia di Calvino per un'amica. Una ragazzotta mi venne incontro proponendomi il suo aiuto. Le chiesi un'edizione che non fosse troppo costosa della suddetta trilogia. Mi porto "Il sentiero dei nidi di ragno". Bellissimo testo. Ma è UNO, non TRE.
Decisi perciò di rifugiarmi nella pur fredda Feltrinelli: poinfine era l'unica rimasta ad avere velleità (seppur limitate) culturali.
Ieri sono uscita da lavoro alle 18,30 e mi sono incamminata verso il centro. Ed il centro è bello, d'estate a quell'ora. Così mi sono attardata persa nei marmi e nella pietra serena tiepida di sole. E quando sono arrivata da Feltrinelli, ho trovato chiuso. Una delusione insopportabile.
Poco più in là rispetto a Feltrinelli c'è MelBooks Store. Il lato positivo? aperta fino a mezzanotte.
I puristi forse inorridiranno ma per me è stata la salvezza ed ho apprezzato.
Dentro, la libreria è fredda d'aria condizionata che nemmeno un'enoteca nel deserto. L'ordine dei libri è logico ed immediato. Una prima scrematura "i più venduti" che al mio orecchio maligno suggerisce una roba tipo "su coraggio, tutti leggono questi libri, hai davvero bisogno di cercare altro? chi ti credi di essere?". Sarò paranoica ma tant'è.
Passo oltre. Il mio obiettivo era comprarmi qualcosa di Jo Soares che mi diverte tanto.
Nemmeno contemplato.
Ho sperato allora nella congiuntura modello "I fiori Blu". Ho preso in mano decine di libri di cui
A) non ricordo autore e titolo (e questo è significativo)
B) avevano copertine o pretenziose o proprio brutte (lo so che il contenuto è ciò che importa ma anche l'occhio vuole la sua parte!)
C) avevano incipit del tipo "lei disse..."
In compenso il personale è cortesissimo e i libri costano poco, così come sono tutti infiocchettati di sconti.
E questa è una buona cosa. Come il chiudere a mezzanotte e darmi la possibilità, nonostante l'orario di lavoro, di passeggiare tra i libri in attesa del colpo di fulmine.
Ho trovato i libri di Izzo, di cui ho appena finito "Casino Totale". Mi son fermata a guardarli. La cosa curiosa è che ho A-D-O-R-A-T-O "Casino Totale" (di cui ringrazio Jacopo) tanto da risultare asociale con le persone vicine finchè non l'ho finito, ma, nonostante questo, non sono riuscita a portarne via nessuno. E non so perchè. Forse perchè il suo è un modo di scrivere che ti prosciuga un po', così secco e tagliente. Forse perchè sembra sempre sul ciglio della ripetizione, dell'autoreferenzialità. O forse per i titoli (non eccellenti, questo mi permetto...) o forse ancora per la cupezza delle copertine (anche se le edizioni Feltrinelli sono per esteticamente inappuntabili per lo meno nella gran parte dei casi).
Ho, alla fine, comprato un'edizione dei vangeli apocrifi sempre di Einaudi (ho il vizio dell'estetica Einaudi!) così come la copia de "Il Vangelo secondo Gesù Cristo" di Saramago (che era tanto che avrei voluto leggere) un'esteticamente terribile edizione Mondadori dei Vangeli Gnostici (Ma costava poco), e altre minchiate prima di concludere con la soddisfazione di portarmi a casa almeno il piccolo ma preziosissimo "una storia d'amore" di J.Guimaraes Rosa ed. Feltrinelli (unica copia nascosta sullo scaffale nda), edizione semplice e bella anche se lievemente contestabile nella scelta dei colori di rilegatura.
Guimaraes Rosa è un'emozione incontenibile di lingua adattata al cuore, che si attorciglia e s'inasprisce per poi farsi bambina e dolce e quasi languida per raccontare del Sertao, del deserto brasiliano e della sua gente.
Ne riporto un brano che m'ha fatto commuovere (e pensare che è in traduzione!):
"Perchè, prima, sbavandosi tutto lungo un fossettino, un ruscello veniva giù per il versante, un rivoletto, saltellante in fretta, per andare a cadere, ben in basso, nel Torrente delle Pietre [...]Un rivoletto snello, puro, ombroso, con definità vivacità e un'allegria e un fragore tutti suoi - ah, in questo non faceva economia: di prima qualità, l'acqua, per bersi. Pertanto decisero di far lì la Casa, vedendo di combinare con la sponda del ruscello [...]Però, giusto in capo a un anno che stavano lì, e quando meno se l'aspettavano, il ruscello cessò. Accadde durante una notte , avvicinandosi il mattino, tutti stavano dormendo Ma ognuno sentì, all'improvviso, nel cuore, lo scoppio del piccolo silenzio che lui fece, la mancanza pungente del chiacchiericcio, del rumorino. Si svegliarono, si parlarono. Perfino i bambini. Perfino i cani abbaiarono. [...] "Ha perduto la voce..." Certezza triste: sempre più profondo, più lontano nei silensi, se ne era andato via, il ruscelletto di tutti."
Ho iniziato a leggerlo in autobus, come di dovere, lasciandomi alle spalle un Duomo che pareva di alabastro.