giovedì 17 luglio 2008

La Cattedrale

Il marmo bianco irradia luce sovrastando i turisti abbacinati.
è come un unico splendore che incanta e conduce a Dio con violenza. Si sposa ai flash dei turisti, a contrastarne il riflesso.
La calura estiva sbatte sull'asfalto e intorpidisce di foschia i vicoli d'intorno e le strade.
La piazza sembra un tutt'uno, la città ingoiata dal candore.
Il tempio del clamore della Chiesa nella sua preziosità, nella sua alterigia, nella sua vanità di splendore terreno.
La gente l'affolla di esclamazioni, di pose rigide davanti agli obiettivi, di bicchieri tintinnanti di monete in mani sudate.
Ma io che son nata qui, la amo all'imbrunire. Quando la piazza prende fiato con il fresco tenue della sera che arriva. Quando i turisti affrettano il passo, attesi dall'abito della sera e i mendicanti si riposano nel vino.
A quest'ora la Cattedrale sgonfia il petto e respira.
Il bianco si dirada, come se la spogliasse, e ne mostra i particolari: i colori e le sfumature dei marmi, le espressioni di santi e profeti, il luccichio vezzoso dei particolari d'oro, l'ammiccare delle vetrate.
Il bianco si dirada e fa spazio alle ombre dei vicoli e della pietra scalfita, alla stanchezza fiera dei palazzi, allo sgattaiolare delle viuzze verso il Palazzo della Signoria.
E si percepisce un Dio dolce, che penetra tutte le cose. Anche il cuore, con naturalezza.
Il tempio del popolo, quasi pagano in tutta questa sua fragile umanità.
Così è la mia cattedrale: nuda, soave e bella.
Quasi trasparente nel candore delicato, la piazza quasi vuota, la sera quasi notte.