lunedì 12 gennaio 2009

Una lancia a favore del Medioevo

Dalla discussione venuta fuori per caso e fuori tema a seguito di un commento di Giulia, sento sorgere il bisogno di parlare di Medioevo.
Lo so che a questa affermazione in una condizione normale di relazioni umane probabilmente sarebbe già intervenuto uno psicologo di quelli bravi, ma per fortuna rimaniamo nella non-realtà impalpabile del web dove sono ammesse svariate psicomanie per cui mi sento piuttosto protetta.
Premetto che adoro il Medioevo (anche se non mi piace chiamarlo così perché davvero non lo vedo come un’età d passaggio tra due importanti ma vabbè, proseguiamo…) e che quindi ne parlerò bene (così chi non lo sopporta può evitare di tediarsi con questo post).
Il Medioevo,gli anni oscuri.
Ora...tutti noi sappiamo che certi aggettivi non sono oggettivi ma relativi. Vorrei quindi focalizzarmi un momento sul concetto di luce dal quale proviene quello di tenebra, di oscurità riferito al medioevo.
Prendiamo per luce il Rinascimento (anche dal nome si capisce). È un’epoca fruttuosa senza dubbio dal punto di vista artistico e del pensiero. La Cultura si è rinforzata e ristabilita nelle mani di pochi che possano intenderla, produrla, apprezzarla. Gli artisti plastici sono filosofi, teorici, neoplatonici e chi più ne ha più ne metta.
Davanti al David, stupenda narrazione proporzionale della Forza che ha l’Uomo quando è guidato da Dio, il popolino sogghigna: “ha la testa e le mani davvero enormi…ma dai…e non se ne sono accorti!”
Nel Medioevo l’arte ha rischiato davvero di essere arte di tutti, o almeno di tanti.
Quando qualcuno ordinava un’opera grandiosa la sottoponeva poi alla piazza, all’emozione popolare.
Nel Medioevo, la grazia è comprensibile agli occhi della gente perché è semplicemente bellezza, ricchezza ed emozione cercati nel dettaglio, e a loro volta alla ricerca di equilibrio per non strafare, per non gonfiare il petto.
Nel Medioevo gli artisti passano dall’impalpabile, antropomorfica figura della divinità ad un amore fortissimo verso i loro simili, sublimati in un modello semplice e aulico tanto da essere vicini a Dio.
Gli artisti si innamorano e cercano le emozioni, le espressioni dei visi, i tratti somatici diversi, le reazioni e l’istinto.
Ambrogio Lorenzetti dipinge una Vergine terrorizzata dall’arrivo dell’Angelo (e chi non lo sarebbe?!), Dante scrive in volgare e caccia Bonifacio VIII (ancora vivo!) all’Inferno (e poi mi si viene a parlare di Striscia La Notizia!), Giovanni Pisano scolpisce la curiosità infantile di Gesù che acchiappa la corona della madre e la di lei tenerezza nel guardare il gesto ardito.
Artisti meravigliosi passati alla storia come oasi nel deserto tra i tanti, invece, rimasti ignoti ma pieni di meraviglie anch’essi da regalare. La scarsità di firme e biografie e i parametri di giudizio della critica neoplatonica prima e neoclassica poi li hanno destinati al limbo dell’ignoto e del sottovalutato: all’oscurità, per l'appunto.
Un periodo in cui l’Arte ha rischiato di essere nella sua essenza arte popolare, amata e compresa dal popolo.
Un periodo in cui la Chiesa, egemonica nello Spazio e nel Tempo, stava per lasciarsi mangiare nello Spirito dal nuovo paganesimo di angeli, demoni e santi, curatori e mammane.
E l’oscurantismo se c’è stato, s’è annidiato lì: nel potere temporale sproporzionato e vergognoso della Chiesa, nella sua egemonia economica che cancella sinopie, che scomunica il più grande diplomatico che l’Occidente ricordi (Federico II Hoenstaufen, Stupor Mundi, se ne va in Medio-Oriente e invece della crociata diviene amico del sultano, fanno a mezzo del Santo Sepolcro e dintorni, se la gode nell’Harem del suddetto Sultano e il figlio che gli viene da quella fanciulla musulmana, il grande imperatore cattolico apostolico romano se lo porta, lo riconosce, gli dà il suo stesso nome e lo fa principe), e che, poi, svegliatasi all’improvviso, si accorgerà che lo Spirito le è sfuggito di mano. E per riprenderlo innalzerà roghi sacrificali ai suoi dei e demoni.
Insomma una lancia in favore del Medioevo, che non si parli di buio ma di luce troppo breve.