perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
(Inferno, canto XVI)
C'è chi viaggia per sapere, chi viaggia per ritrovarsi, chi viaggia per scappare da se stesso o dagli altri. C'è chi viaggia per non arrivare, per assaporare sempre il gusto dell'andare avanti, dell'inseguire il miraggio di una meta ideale, c'è chi viaggia costretto a viaggiare e chi viaggia per non saper tornare.
Il mondo è sempre stato dei viaggianti. Le storie, le avventure, le scoperte, i dolori e le gioie dei viaggiatori hanno scritto libri di storia, hanno nutrito il nostro sapere e disegnato i confini del mondo.
Tra i viaggiatori costretti, la nostra perversa storia umana annovera gli uomini, le donne e i bambini fatti schiavi.

Prima di imbarcarsi, questi viaggiatori, dovevano camminare tre volte intorno all'albero dell'oblio, per dimenticare la propria terra, le proprie tradizioni, la propria cultura e la propria dignità.
Perché senza memoria non avrebbero potuto inviare le loro maledizioni a chi li aveva venduti. Ma la memoria non si cancella, tantomeno girando in tondo.
E quando l'orrore della schiavitù è finito, quando gli intellettuali han libato in onore della dignità restituita, centinaia di famiglie sono uscite dai campi e dal lavoro forzato per incontrare nient'altro che indifferenza, fame, miseria.
Nessun progetto per loro, dopo che li avevano trascinati via dalla propria terra e liberati dalle loro catene. Nessuna voglia di dipingere una meta a quell'estenuante viaggio.
Lasciati a se stessi, come viaggiatori perduti in strade non scelte, unico appiglio il ricordo della propria cultura, della propria terra, della propria umanità.
E i porti e le campagne si popolarono di lavoratori a basso costo, tanto in concorrenza gli uni gli altri da dover scegliere di tornare schiavi senza neppure la scusa delle catene.
O di ladri, assassini e puttane. Mestieri vecchi e dolorosi come il Mondo, emarginati e sfruttati dalla società rispettabile. Sicari e mantenute.

Si fan girare i nuovi schiavi intorno all'albero dell'oblio, imponendo ovunque un'unica cultura impacchettata e pronta all'uso.
E poi il teatrino della liberazione: si sbandiera una presunta magnanimità nel restituire dignità alle donne togliendo loro il velo. E poi se ne compra il corpo calpestandone storie, tradizioni, giorni passati e sogni futuri.
Si rinchiudono uomini,donne e bambini in campi di prigionia - in Brasile si chiamerebbero Senzalas - da cui lasciar uscire di proposito quel certo numero di potenziali ladri, assassini e puttane (bambini compresi) necessario al soddisfare perversioni e manie di potere.
Si svende il lavoro, senza rispettare regole e diritti per poter far prosperare chi è già ricco e potente.
Si accende la guerra tra i poveri. Tra i poveri italiani e i poveri stranieri.
E tutti ci cascano.

E così, ditemi, adesso, chi sono gli schiavi e chi sono i viaggiatori.
E così, ditemi, adesso, se con i vostri contratti precari, le vostre marchette-marchionne, i vostri assenzi vi sentite popolo di viaggiatori o popolo di sfrattati.
E così, ditemi, adesso, dov'è finita la vostra memoria.