sabato 27 dicembre 2008

La mancanza di opzioni

So che alla fine ha ragione la mia amica: è il male minore in quest'Italia che va ogni giorno più a sfacelo.
Ma, nonostante questa evidenza, è ciò che più mi sconcerta: la mancanza di opzioni politiche serie.
Sono di sinistra dal giorno in cui un compagno di scuola più grande di me me lo rivelò analizzando la mia visione del mondo.
Sembra uno scherzo, in effetti, ma per una ragazzotta di 14 anni, appena affacciatasi al mondo con la scusa della scuola, senza alcuna coscienza politica nè formazione politica familiare, sapere in che parte del Parlamento ci si riconosca, non è così scontato.

Ma insomma, quel giorno Duccio Basosi mi rivelò lo schieramento teoricamente più prossimo alle mie idee sul mondo. E così seppi di essere di sinistra ed iniziò il mio percorso per costruirmi una coscienza civica e un minimo di consapevolezza politica.
Sono passati 18 anni e molte cose sono cambiate. C'è stato il momento dell'utopia, il momento dell'impegno, il momento della delusione, il momemento della paura, il momento della rabbia, il momento del tormento, il momento "contro".

Adesso, soltanto, è rimasta la mancanza di opzioni.
Non resta che guardarsi intorno e rendersi conto che per una persona di sinistra, cosciente del mondo in cui viviamo, delle nuove esigenze, delle possibili prospettive, manca anche soltanto un abbozzo di opzione partitica per la quale valga la pena esercitare i propri diritti/doveri civili.
Ho amici che si sono tappati il naso e stanno a galleggiare nel PD tentando di ignorare che sia la rinnovata forma d'essere della vecchia conosciuta DC.
Ho amici che si impegnano a ricostruire l'ideologia, o almeno a non toglierle il respiratore che la mantiene in vita.
Ho amici che si alienano tentando di costruire un mondo in miniatura in cui non sentirsi esiliati.
Ho, in ogni caso, un sacco di amici intelligenti e pieni di talento. Con ideali radicati e profondi.
E per tutti questi amici, per me stessa e per - credo - altre decine di persone di sinistra davvero, manca un partito.
Un partito non necessariamente teso al governo del Paese (che quello sarebbe il massimo della civiltà),ma anche solo un partito di minoranza, un partito di opposizione, un partito che portasse la nostra voce e la nostra immagine in Parlamento, un partito che - nel suo piccolo - desiderasse rappresentare i valori che abbiamo.
Un partito da votare, insomma.
Credo che, con l'avvento del PD, si siano definitivamente eliminate le opzioni di sinistra nel Paese.
E credo che questo non rispecchi affatto il concetto di democrazia.
Non ce l'ho con Berlusconi nè con Veltroni.
Ce l'ho con tutta quella parte della sinistra rimasta come me senza casa, che si ostina a boccheggiare tra associazioni, movimenti, comitati, coalizioni dai nomi e dai simboli imbarazzanti e altre mille invenzioni e non ha i coglioni, l'unità, la coscienza civica di creare un progetto partitico serio e consisente.
Ce l'ho con l'immobilismo italiano. Con il lasciar correre, con l'orticello privato.
Ce l'ho con me stessa per non essere in grado di riprendere in mano la vecchia attività politica, adattarla ad una qualsiasi di queste manifestazioni della sinistra sopravvissuta e cercare così di far del mio meglio nella direzione che credo giusta.
Ce l'ho con me stessa perchè dopo anni che ho rotto i maroni a cani e porci su quanto sia importante esercitare il diritto di voto visto che gente c'è morta per ottenerlo, io alle prossime elezioni non so davvero chi votare.
Ce l'ho con me stessa perchè per la prima volta in vita mia non so essere italiana, non so intravedere una qualsiasi mia scelta di vita per migliorare il mio Paese e la sua situazione socio-politica.
Ce l'ho con me stessa perchè per la prima volta in vita mia, penso alla fuga come migliore opzione.

venerdì 5 dicembre 2008

ritorno


Parigi.
L'aeroporto è grande, complicato, altezzoso. I prezzi fanno la loro passerella nelle vetrine dei cafè e delle boutiques. Irraggiungibili.
E ciononostante sento un'allegria crescente.
Sarà perchè la prima tappa è fatta, sarà perchè l'aria di viaggio copre anche il sapore arido dell'aria condizionata.
Sarà perchè intorno la gente è cambiata, la lingua si è fatta più dolce e familiare, il colore della pelle più scuro, i modi di camminare più morbidi e audaci.
Una fetta intera di Brasile sta tornando a casa. Ed io con loro.

Prima si accendono le luci del corridoio.
Apro gli occhi appiccicati del sonno arrangiato da volo transoceanico. L'immagine che ho in mente da tre anni, a breve apparirà nell'ovale del finestrino.
Ho accettato un viaggio scomodo, dipendendo dal mio vicino di posto e dalla profondità del suo sonno per alzarmi, per poter essere qui, adesso, a salutare la città alla sua prima apparizione.
Inizia il lieve trambusto delle hostess e dei loro carrellini. L'aereo si anima di movimenti impazienti, di smorfie e occhi e piedi gonfi.
Un brasiliano tedeschizzato inizia a lamentarsi della sua città natale cosicchè tutti sappiano che livello di vita "oltre" ci sia altrove.
Gli do un'occhiata feroce e torno a immergermi nel buio.
L'aereo scende, esce da un banco di nubi ed eccola lì.
Tutta dorata di luci, con le sue grandi misteriose zone d'ombra, il negro profondo delle sue radici e dei suoi misteri.
Salvador che abbraccia il mare con la sua grande baia e parla la lingua delle onde e del vento e del ritmo quieto della luce del Farol.
Salvador d'Oxum

Sono atterrata e m'avete abbracciata. La Città e tu che m'aspettavate.
Il caldo umido della pioggia e la dolcezza assopita delle quattro del mattino hanno accarezzato la stoffa leggera dei miei pantaloni.

martedì 2 dicembre 2008

Libri...

Ultimamente ho letto un misto di libri effettivamente inusuale in quanto accozzaglia. Le impressioni sono delle più svariate.

- Il Vangelo secondo Gesù Cristo (J.Saramago)
era tanto tempo che non leggevo un libro davvero bello. Un libro che affonda la sua essenza nella semplicità e nella bellezza dell'essere umano. Nella sua fragilità, nella sua forza risibile e commovente, nel suo eroismo nato dall'amore e non dal coraggio.
Un libro che parla dell'Uomo, del suo bisogno di Dio che a tratti pare addiritura - per capriccio di quest'ultimo - reciproco.
Un libro scritto con un linguaggio essenziale, che lascia trasudare uno sguardo amorevolmente malinconico verso l'essere umano e le sue passioni.
Un libro che ti fa pensare che il bisogno di scrivere a volte conicida con il bisogno di vivere.


- Sergente Getulio (J.U.Ribeiro)
per scrivere un bel monologo bisogna essere bravi.
E questo è un monologo quasi bello.
Direi sostanzialmente che questo libro è la riprova indubbia che leggere i grandi della letteratura (nel caso specifico non vedo come possa non trattarsi del meraviglioso Guimaraes Rosa) non fa diventare grandi scrittori ma fa per lo meno scrivere bene.

- Lo Zen e l'arte di scopare (J.Fo)
un libro buffo, a tratti noioso a tratti divertente, a tratti quasi geniale.
Pieno di comprensibile rancore per un sacco di categorie di comunicazione e stampa e altrettanto colmo di un'amore sottile per l'essere umano espresso nella forma più semplice ed istintiva ovvero l'interesse per il corpo come approdo dell'anima.
Un librettino che, in quanto librettino, si lascia leggere con gusto e sbrigatività, che non pesa nè in borsa nè nel cervello ma che al contempo affronta almeno in superficie alcune delle coseguenze socio-relazionali del "progresso".
Cinque euro assolutamente ben spesi.

- D'amore e ombra (I.Allende)
Non ce la faccio eticamente a distruggere un libro che parla di un regime realmente esistito e delle sue azioni. Non ce la faccio. Un minimo di rispetto nasce spontaneo e mitiga il retrogusto amaro di cattiva letteratura che lascia questo libro.
Allende è una donna che incarna in tutti i suoi luoghi comuni l'idea di donna che scrive (i diari nell'adolescenza, n.d.r.): adora i suoi personaggi e si mette in testa di far sì che tutti imparino ad adorarli tramite (e niente è più sbagliato) interminabili digressioni descrittive, spesso ripetitive nei propri contenuti e stilemi, drammaticamente devastanti a livello narrativo visto che in un sol colpo riescono a interrompere il ritmo della narrazione, distrarre il lettore dal contesto, infastidirlo con un sacco di qualità scontate e ripetute fino alla noia, suscitarne un'avversione e un'antipatia verso qualsiasi forma di vita che si muova tra le pagine (e non mi riferisco ad eventuali insetti ronzanti durante la lettura) e infine prolungare come un'agonia una trama che poteva concludersi per sua maggior forza e summo cum gaudio di tutti in metà libro esatto.
Sommariamente un libro bruttino senza sale nè pepe, reso rispettabile appunto soltanto dai drammatici eventi storici che lo attraversano come fantasmi.
Non ho capito perchè l'Allende sia così rinomata...

- Il barone rampante (I.Calvino)
chi non ha mai provato il piacere immenso di leggere da grande un libro letto da bambino che provveda subito. E se possibile con uno dei capolavori di questo meraviglioso genio della nostra letteratura.
Ho molto poco da dire, perchè su certe cose mi dilungherei inutilmente. Dico solo che è difficile prendere una situazione storica e attraversarla in tutta la sua complessità (nelle sue problematiche, nelle sue sfaccettature politico sociali, etc.) mentre si scrive una favola per ragazzi. è difficile e bisogna essere bravi a non farsene accorgere. Ad educare secondo svariati piani di lettura, a raccontare più storie in una soltanto, intrecciate tra loro come i rami di un albero.
Bisogna essere bravi e Italo Calvino è bravissimo.
Un apprezzamento a parte mi sento in dover di fare alle vecchie edizioni einaudi quelle bianche e rosse per la scuola che partono dal presupposto che: non necessariamente chi legge conosce tutte le parole, non necessariamente chi legge conosce a menadito la Storia del passato. E questa impostazione informativa e formativa è una chicca ormai quasi dimenticata...anzi, dimenticata per prima e etichettata come cosa inutile/dannosa ancora prima della letteratura stessa.

- Il piccolo Principe (A. de Saint Exupery)
"L'avrai certo letto il Piccolo Principe", solevo sentirmi dire...
No, non l'avevo letto il piccolo principe ed ho rimediato. Forse avrei dovuto pensarci prima, quando ero ancora bambina e forse allora avrei potuto davvero apprezzare quel che tutti decantano come il libro fondamentale nel percorso letterario di qualsiasi fanciullo.
L'idea è molto carina, gli spunti interessanti ma io credo che se uno scrive un libro per bambini, non possa trasformarlo in un libro per adulti nostalgici della condizione infantile e viceversa.
Chi vuol scrivere un libro per bambini che abbia un senso sociale, politico, storico, psicologico etc prende e fa come Elsa Morante, Gianni Rodari e compagnia cantante.
L'idea di un suicidio come soluzione per lasciare una condizione di sofferenza, di mancanza, è un'idea da adulti. Non è l'idea di morte, è l'idea di suicidio, dell'interruzione volontaria della propria vita attraverso oltretutto un "complice" alla cui natura ci si affida come richiamo irresistibile. Idea di suicidio ripresa in extremis con stratagemmi poco funzionali, e che perciò non smette di essere un'idea lontanissima dalla mente di un bambino e direi fortunatamente.
Sarà anche il re dei libri per bambini ma a mio figlio un giorno darò "Le avventure di Cipollino" preferendo assai che si costituisca e si formi un'idea politica e sociale piuttosto che l'idea malsana che quando si sbagliano delle scelte l'unico verso di tornare indietro è rinunciare alla propria esistenza.
Sarà pure che sono semplicistica, ignorante e malata di positività verso l'essere umano e il mondo, ma un libro per bambini che parla di suicidio io lo deploro.
E pensare che era iniziato così bene...

- La ragazza di Bube (E.Cassola)
Chi è toscano ne gode il doppio. Chi è toscano e discendente dei partigiani anche un po' di più. Quasi la differenza che intercorre tra una traduzione e un testo in lingua originale. Si riconoscono i posti, le fisionomie, i modi di fare e di parlare.
La lingua asciutta e scarna di Cassola non è mai lontana dal mondo, dalla natura dei suoi personaggi, dal loro quotidiano. La Lotta trasportata dai campi insanguinati, dai meccanismi della politica fino al quotidiano della gente, assume un sapore di coraggio e ostinazione, di amore grande grandissimo per la propria gente, per chi si riconosce come simile. Sapore di pietà e di speranza, di voglia di cambiamento come costruzione di una nuova tranquillità, di una nuova normalità all'ombra del senso innato di giustizia e di dovere.
Un libro di Resistenza, una resistenza che va oltre i fucili dei partigiani per coronare come eroina la faticosa quotidianeità della gente qualunque che smette di essere qualunque per assurgere il compito di vessillo della battaglia interminabile ma potente della gente.
Un libro che commuove e fa sorridere delle sue esclamazioni così poeticamente popolari, dei suoi personaggi appena tratteggiati eppure così reali, delle sue campagne e dei suoi incontri.
Un bel libro, infine.

sulla pay-tv


ridate pure ai datori di lavoro la possibilità di assumere gente con la clausola delle dimissioni in bianco

fate leggi ad hoc per sfuggire a processi e condanne

assolvete dei bastardi torturatori assassini vestiti da forze dell'ordine

riducete i fondi alla scuola e alla ricerca

bloccate le frontiere cosicchè non possano entrare giovani lavoratori e lavoratrici ad alleggerire l'età media del Paese

riempite il parlamento di lecchini e zoccole incompetenti

isolate il mezzogiorno di modo che la mafia finalmente non abbia più nemmeno quei pochi grattacapi

pensate alle classi differenziate per razza, intelligenza e...perchè no? fede religiosa

rendetevi ridicoli dinanzi a qualunque rappresentante di Stato del mondo

prendete impronte digitali ai bambini rom

prendetevi infine gioco dello stato di precarietà economica del Paese e dei suoi Cittadini

fate pure

ma, non scherziamo...aumentare l'IVA sulla Pay Tv no!

Benvenuti in Italia.

"Il Papa contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità"


Ancor prima di discutere di quanto grave sia questa presa di posizione, mi premerebbe sottolineare che - trattandosi di depenalizzazione secolare e non spirituale ed essendo l'epoca di Bonifacio VIII ormai passata da quel dì - semplicemente, l'omino vestito di bianco non ha alcun diritto di intervenire in merito alle decisioni di liberi Stati.

Con alcun giudizio di alcuna entità.

venerdì 14 novembre 2008

vergogna

Proprio io oggi ho vergogna di essere italiana.
Proprio io che mi sento così italiana da sentirmi, oggi, maltrattata prima come italiana che come essere umano.
E pensare che questa sentenza maltratta in primis l'essere umano.
Oggi mi sento derubata dei principi belli della nostra costituzione, delle storie di resistenza e di coraggio, di tutti i nostri piccoli eroi italiani.
Oggi mi sento ridicolizzata e sbeffeggiata da un Paese che impegna forze e soldi per le "missioni di pace" e che poi massacra i suoi figli in un delirio di violenza, di abuso, di non legalità, di arbitrarietà; in una sete di sangue e potere gemella di quella che ardeva le gole delle squadracce.
Oggi, semplicemente e con tutta la terribile pesantezza della semplicità, io so che nel mio Paese non c'è alcuna speranza di giustizia, di legalità, di sicurezza, di garanzia.
E so, per una volta di più, che nel mio Paese la Democrazia è un'impalcatura dipinta a nascondere la verità.

lunedì 28 luglio 2008

controcorrente

in controtendenza a tutti i miei amici che emigrano in posti freddi come l'Inghilterra, l'Olanda e la Germania, la Natura, saggiamente, si presenta:

Pinguini sulla costa soteropolitana...

Coelho...arrosto con le olive

è il terzo (quasi quarto) che leggo di lui. "Undici minuti".
Preceduto da: "Veronika decide di morire", "l'Alchimista" e il "Manuale dei guerrieri della Luce" (che ho letto a spizzichi e bocconi perchè già non sopporto aforismi e massime, in versione così messianica poi, proprio non ce la fo).
Non so perchè ne ho letti quattro. Solitamente mi accade che, se un libro mi piace, leggo tutto il possibile della bibliografia dell'autore. Se un libro non mi piace, invece, non ho vergogna a chiuderlo a metà e cancellare il nome dell'autore dalla lista delle possibili letture (dalla memoria no, il concetto è lo stesso del cellulare: dei peggiori contatti non cancelli il numero per poter non rispondere, all'occorrenza).
Di Paulo Coelho, osannato scrittore brasiliano, non c'è stato neanche un testo che mi sia piaciuto.
Non mi spiego perchè abbia tanti riconoscimenti, ma sospendo il giudizio dovuto al fatto che l'ho sempre letto in traduzione (cosa che può nuocere estremamente, se malefatta).
Dalle traduzioni traspare un approccio superficialmente intellettualistico alla realtà, che si concretizza in una serie infinita di luoghi comuni e frasi asettiche, assolutamente non connesse al clima/ambiente del racconto.
Sono libri normalmente buonisti, smelensi più di dieci miei post messi insieme ed estremamente "costruiti".
Non ci sono odori, i colori sono senza sfumature, sono tutte strade ben pavimentate.
E c'è quel senso di superiorità, di atmosfera da poeta-vate, di saggezza concessa che è estremamente fastidioso.
Il primo lo lessi perchè la protagonista aveva il mio stesso nome e quindi il libro mi venne regalato. Una storia che sembrava interessante, distrutta nel suo cammino dal ridondare del linguaggio e della comunicazione del pensiero; e finita senza pietà da un finale banale, scontato e diabetico.
Il secondo - "L'alchimista" - lo lessi perchè mio marito mi chiese di leggerlo. Per lui era un testo molto importante e me lo aveva regalato. Spero che in portoghese sia più curato perchè nella traduzione italiana ho trovato addirittura alcuni errori di sintassi davvero fastidiosi.
Il "Manuale" me lo regalò un amico che si sentiva molto guerriero della luce. Ha una bella edizione, tutto blu e piccolino. Peccato sia il Regno del Luogo Comune e della Sapienza da due soldi.
Di "Undici minuti" (regalo di mio fratello che non ha idea di cosa siano la buona e la cattiva letteratura ma mi ha voluto fare cosa gradita: "a mia sorella piace leggere+a mia sorella piace il Brasile+se chiedo di un libro di un autore brasiliano chiunque mi indica Coelho=sarà il regalo perfetto!") mi avevano detto che fosse diverso dagli altri. Anche l'autore stesso lo crede diverso, nella prefazione al libro.
Ora: potrei fare un inciso in cui deplorare l'autoreferenzialismo e la vanagloria di uno scrittore che introduce uno dei suoi libri attraverso la narrazione di un incontro con uno dei suoi "fans", ma forse divagherei. E comunque l'ho già fatto. E visto che l'ho già fatto aggiungo che, nel libro, Coelho fa dire alla protagonista che uno dei suoi libri fondamentali era "l'Alchimista"! Non esplicitamente, chiaro, ma chi ha letto il libro lo riconosce. Ebbene: trattandosi di storia vera, può pure essere che "l'Alchimista" sia stato realmente un testo fondamentale per una brasiliana con studi appena superiori proveniente dall'interno. Ma il buon gusto ha comunque regole tacite piuttosto chiare, in merito.
La copertina mi aveva messo in allarme (i bompiani in A5 con copertina rigida sotto e asportabile lucida sopra: l'inferno dell'estetica editoriale) ma i numerosi input di "rivoluzione Coelhana" mi hanno spinto ad avventurarmici.
E mi son chiesta cosa diamine ci hanno trovato di diverso.
La narrazione è sempre lì: asettica, senza picchi e senza sbalzi; il registro linguistico costante e immutabile: lontanissimo dalla strada, dal locale, dal Paese. La sofferenza e la gioia solo descritte come in un fotoromanzo senza foto. Le perle di saggezza abbondantemente sparse come sgranate benevolmente da un filo di bigiotteria improvvisamente rotto.
Lo hanno definito un romanzo crudo perchè parla di prostituzione e sadomasochismo. O forse perchè parla di rapporti umani malati e difficili, crudi e secchi come esistono nel mondo reale. Ma non è affatto crudo perchè ne parla in modo lontano, senza emozione, senza batticuore, senza nemmeno il contrario, senza la freddezza di chi diviene freddo e asociale per l'esperienza amara, senza il cinismo della sopravvivenza.
è un modo di scrivere patinato in cui il crudo si affida all'oggetto e non ai suoi colori, ai suoi suoni.
Consapevole di quanto questo mio giudizio sia poco soddisfacente, molto sommario e assolutamente squilibrato direi che per me "Unici minuti" è un libro brutto. L'ennesimo libro brutto.
Forse un giorno leggerò qualcosa in portoghese per assicurarmi che non sia una particolare sfortuna di Coelho nella scelta dei traduttori.
In buona sostanza mi piace Coelho*, lo adoro: al forno, con le olive.





* Coelho in portoghese significa Coniglio

domenica 27 luglio 2008

Viaggi e Ritorni

è un certo brivido che mi pervade al pensiero.
o a vederla ritratta nelle foto e nei video.
Salvador Regina, il gesto regale e magnanimo di darti il benvenuto all'aeroporto con la sua veste preziosa e antica di fronde di bambù.
Salvador... che decide lei, se farsi conoscere o no. Di personalità e stomaco forte non ammette intrusi. Se ti si concede è la droga dello spirito, nella sua magia intensa, nel suo cuore di tamburi, nelle sue divinità capricciose e potenti, nella sua bellezza di camaleonte che ne fa Signora e Schiava, altezzosa e cordiale, sorridente e vendicativa.
Ancora una volta esploro il mio spirito sistemando lo zaino in attesa della partenza.
Oh Salvador, tre anni fa non avevo fretta alcuna di partire...abbandonata tra le lenzuola d'amore e sudore, di lacrime e paura e gioia infinita.
Oggi conto i minuti per sdraiarmi sulla tua terra viva, per respirare il bambù all'alba e abbandonare la tensione alle tue bianche sabbie.
Tensione di tre anni lontana, di tre anni di mutamenti e battaglie, di tre anni di un amore grande che, adesso, mi aspetta insieme a te.
Sono le strade del destino, i legami grandi e potenti che ho trovato frungandomi nelle scarpe e nel cuore.
Salvador della mia anima, Salvador delle mie dita, dei miei occhi, del mio sorriso. Salvador dei miei anni passati lenti, dei miei anni pieni di lezioni, dei miei progetti, del mio passato. Salvador di saudade e emozione, Salvador di musica e odori già conosciuti prima di sentirli.
Salvador di parole cantate e suono dolce della lingua, Salvador di pessima musica e di musica meravigliosa, Salvador di rispetto, di intesa profonda.
Salvador di foresta e d'Africa, di bianco vestita e di stoffe lavorate e di perline di vetro e terracotta.
Salvador del mio cuore.




Seus pés irão tocar
E vai molhar seus cabelos
A água azul do mar
un giorno i tuoi piedi
toccheranno la sabbia bianca
e l'acqua azzurra del mare
bagnerà i tuoi capelli

Janelas e portas vão se abrir
Pra ver você chegar
E ao se sentir em
casa sorrindo vai chorar
Finestre e porte si apriranno
per vederti arrivare
e nel sentirti a casa
sorridendo piangerai

Debaixo dos caracóis dos seus cabelos
Uma história pra contar
De um mundo tão distante
Debaixo dos caracóis dos seus cabelos
Um soluço e a vontade
De ficar mais um instante
Sotto ai tuoi riccioli
una storia da raccontare
di un mondo davvero distante
Sotto ai tuoi riccioli
un singhiozzo e la voglia
di starsene ancora un
p
o'
As luzes e o colorido
Que você vê agora
Nas ruas por onde anda
Na casa onde mora
Le luci e i colori
che vedi adesso
nelle strade dove cammini
nella casa dove vivi

Você olha tudo e nada
Lhe faz ficar contente
Você só deseja agora
Voltar pra sua gente
Tu guardi tutto e niente
ti fa felice
tu desideri soltanto
tornare tra la tua gente
Você anda pela tarde
E o seu olhar tristonho
Deixa sangrar no peito
Uma saudade, um sonho
Tu attraversi il pomeriggio
e il tuo sguardo triste
lascia sanguinare nel cuore
una nostalgia, un sogno

Um dia vou ver você
Chegando num sorriso
Pisando a areia branca
Que é seu paraíso
Un giorno ti vedrò
arrivando in un sorriso
calpestando la sabbia bianca
che è il tuo Paradiso


venerdì 25 luglio 2008

casa

il fatto che non mi vada di tornare per il semplice fatto che tu non ci sei, dimostra inequivocabilmente che
casa, per me, sei tu.

E canticchio una vecchia canzone
che mi ricorda che una stanza,
quando è vuota e tranquilla,
è soltanto una stanza vuota e tranquilla.

giovedì 17 luglio 2008

La Cattedrale

Il marmo bianco irradia luce sovrastando i turisti abbacinati.
è come un unico splendore che incanta e conduce a Dio con violenza. Si sposa ai flash dei turisti, a contrastarne il riflesso.
La calura estiva sbatte sull'asfalto e intorpidisce di foschia i vicoli d'intorno e le strade.
La piazza sembra un tutt'uno, la città ingoiata dal candore.
Il tempio del clamore della Chiesa nella sua preziosità, nella sua alterigia, nella sua vanità di splendore terreno.
La gente l'affolla di esclamazioni, di pose rigide davanti agli obiettivi, di bicchieri tintinnanti di monete in mani sudate.
Ma io che son nata qui, la amo all'imbrunire. Quando la piazza prende fiato con il fresco tenue della sera che arriva. Quando i turisti affrettano il passo, attesi dall'abito della sera e i mendicanti si riposano nel vino.
A quest'ora la Cattedrale sgonfia il petto e respira.
Il bianco si dirada, come se la spogliasse, e ne mostra i particolari: i colori e le sfumature dei marmi, le espressioni di santi e profeti, il luccichio vezzoso dei particolari d'oro, l'ammiccare delle vetrate.
Il bianco si dirada e fa spazio alle ombre dei vicoli e della pietra scalfita, alla stanchezza fiera dei palazzi, allo sgattaiolare delle viuzze verso il Palazzo della Signoria.
E si percepisce un Dio dolce, che penetra tutte le cose. Anche il cuore, con naturalezza.
Il tempio del popolo, quasi pagano in tutta questa sua fragile umanità.
Così è la mia cattedrale: nuda, soave e bella.
Quasi trasparente nel candore delicato, la piazza quasi vuota, la sera quasi notte.

mercoledì 16 luglio 2008

divagazioni su libri, librerie, titoli copertine e avventure notturne

Era il lontano 1998. All'epoca l'anfiteatro delle Cascine d'estate era luogo di incontri e di spettacoli o comunque di "cose organizzate" fossero queste mercatini, eventi vari o feste a tema.
L'idea più comune era: andiamo all'anfi, si beve una birra, ci si fa due canne in pace che lì nessuno ti rompe le balle, e si sente un po' di musica.
Ora, c'è da dire che: a me la birra m'ha sempre fatto considerevolmente schifo, le canne non me le son mai fatte e anzi mi davano (e danno) noia pure le sigarette, e riguardo ai miei gusti musicali c'è ben poco da dire visto che non sono un'intenditrice nè un'intellettuale del sonoro. Mi piace la roba più o meno semplice musicalmente e poi a scelta consistente nel messaggio o estremamente ballabile. Insomma: roba che raramente si trova in un posto come l'anfi dove regnavano tecno, punk-rock d'incerta provenienza e il terribile jazz, soporifero per me ignorante non meno del tanfo della marjuana.
Insomma, una mosca bianca. Anche nella mia stretta cerchia di amici con cui mi accompagnavo.
Una delle per me interminabili serate all'anfi, Dio, evidentemente per ricompensarmi di cotal sacrifizio, mi propose un capannone libreria.
Ci feci un giro e d'improvviso venni attratta da un libro con la copertina semplice e con un titolo accattivante. Era "i fiori blu" di Raymond Queinau nella bella ed essenziale edizione EINAUDI con traduzione di Italo Calvino.
Lo aprii, incuriosita.
"Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs. Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti. Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Francesi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevano calvadòs."
Fu, ovviamente, amore a prima vista. In una completezza di emozioni: la curiosità dell'ignoto, la garanzia dell'"intermediario" Calvino, la semplice eleganza dell'edizione, la scoppiettante diversità dell'incipit.
Ed è stata una love-story completa e appagante: di Queinau ho letto (e regalato/ consigliato/ prestato) praticamente tutto il leggibile, in quell'afflato matto e disperatissimo che costringe a percorrere ordinatamente e metodicamente tutta la strada percorsa dallo scrittore a suo tempo.
Bè di perfette congiunzioni così c'è stato solo questa nella mia vita.
Ieri sono andata, dopo tanto tempo, in libreria. Da quando soppressero la vecchia Marzocco andare in libreria sembra sempre un coito interrotto.
Alla vecchia Marzocco trovavi di tutto. C'ho comprato da pischella la biografia e i libri dei testi dei DOORS e un po' più tardi quelli di critica dantesca.
Alla vecchia Marzocco c'erano piccoli librai un po' ricurvi che la conoscevano come le proprie tasche. E che i libri non solo li vendevano ma li leggevano, profondamente. E sapevano tutto di loro: nuove possibili edizioni, colore della copertina, posto nello scaffale, introduzioni, tempi di arrivo. Tutto.
Un vizio meraviglioso vederli muoversi abili e sicuri.
Che non poteva durare, siamo d'accordo. La chiusero insieme (o appena prima) delle altre librerie storiche di Firenze: Le Monnier, per esempio. Oggi "Mondadori" in via S.Gallo. Subito dopo l'inaugurazione ci andai a comprare la trilogia di Calvino per un'amica. Una ragazzotta mi venne incontro proponendomi il suo aiuto. Le chiesi un'edizione che non fosse troppo costosa della suddetta trilogia. Mi porto "Il sentiero dei nidi di ragno". Bellissimo testo. Ma è UNO, non TRE.
Decisi perciò di rifugiarmi nella pur fredda Feltrinelli: poinfine era l'unica rimasta ad avere velleità (seppur limitate) culturali.
Ieri sono uscita da lavoro alle 18,30 e mi sono incamminata verso il centro. Ed il centro è bello, d'estate a quell'ora. Così mi sono attardata persa nei marmi e nella pietra serena tiepida di sole. E quando sono arrivata da Feltrinelli, ho trovato chiuso. Una delusione insopportabile.
Poco più in là rispetto a Feltrinelli c'è MelBooks Store. Il lato positivo? aperta fino a mezzanotte.
I puristi forse inorridiranno ma per me è stata la salvezza ed ho apprezzato.
Dentro, la libreria è fredda d'aria condizionata che nemmeno un'enoteca nel deserto. L'ordine dei libri è logico ed immediato. Una prima scrematura "i più venduti" che al mio orecchio maligno suggerisce una roba tipo "su coraggio, tutti leggono questi libri, hai davvero bisogno di cercare altro? chi ti credi di essere?". Sarò paranoica ma tant'è.
Passo oltre. Il mio obiettivo era comprarmi qualcosa di Jo Soares che mi diverte tanto.
Nemmeno contemplato.
Ho sperato allora nella congiuntura modello "I fiori Blu". Ho preso in mano decine di libri di cui
A) non ricordo autore e titolo (e questo è significativo)
B) avevano copertine o pretenziose o proprio brutte (lo so che il contenuto è ciò che importa ma anche l'occhio vuole la sua parte!)
C) avevano incipit del tipo "lei disse..."
In compenso il personale è cortesissimo e i libri costano poco, così come sono tutti infiocchettati di sconti.
E questa è una buona cosa. Come il chiudere a mezzanotte e darmi la possibilità, nonostante l'orario di lavoro, di passeggiare tra i libri in attesa del colpo di fulmine.
Ho trovato i libri di Izzo, di cui ho appena finito "Casino Totale". Mi son fermata a guardarli. La cosa curiosa è che ho A-D-O-R-A-T-O "Casino Totale" (di cui ringrazio Jacopo) tanto da risultare asociale con le persone vicine finchè non l'ho finito, ma, nonostante questo, non sono riuscita a portarne via nessuno. E non so perchè. Forse perchè il suo è un modo di scrivere che ti prosciuga un po', così secco e tagliente. Forse perchè sembra sempre sul ciglio della ripetizione, dell'autoreferenzialità. O forse per i titoli (non eccellenti, questo mi permetto...) o forse ancora per la cupezza delle copertine (anche se le edizioni Feltrinelli sono per esteticamente inappuntabili per lo meno nella gran parte dei casi).
Ho, alla fine, comprato un'edizione dei vangeli apocrifi sempre di Einaudi (ho il vizio dell'estetica Einaudi!) così come la copia de "Il Vangelo secondo Gesù Cristo" di Saramago (che era tanto che avrei voluto leggere) un'esteticamente terribile edizione Mondadori dei Vangeli Gnostici (Ma costava poco), e altre minchiate prima di concludere con la soddisfazione di portarmi a casa almeno il piccolo ma preziosissimo "una storia d'amore" di J.Guimaraes Rosa ed. Feltrinelli (unica copia nascosta sullo scaffale nda), edizione semplice e bella anche se lievemente contestabile nella scelta dei colori di rilegatura.
Guimaraes Rosa è un'emozione incontenibile di lingua adattata al cuore, che si attorciglia e s'inasprisce per poi farsi bambina e dolce e quasi languida per raccontare del Sertao, del deserto brasiliano e della sua gente.
Ne riporto un brano che m'ha fatto commuovere (e pensare che è in traduzione!):
"Perchè, prima, sbavandosi tutto lungo un fossettino, un ruscello veniva giù per il versante, un rivoletto, saltellante in fretta, per andare a cadere, ben in basso, nel Torrente delle Pietre [...]Un rivoletto snello, puro, ombroso, con definità vivacità e un'allegria e un fragore tutti suoi - ah, in questo non faceva economia: di prima qualità, l'acqua, per bersi. Pertanto decisero di far lì la Casa, vedendo di combinare con la sponda del ruscello [...]Però, giusto in capo a un anno che stavano lì, e quando meno se l'aspettavano, il ruscello cessò. Accadde durante una notte , avvicinandosi il mattino, tutti stavano dormendo Ma ognuno sentì, all'improvviso, nel cuore, lo scoppio del piccolo silenzio che lui fece, la mancanza pungente del chiacchiericcio, del rumorino. Si svegliarono, si parlarono. Perfino i bambini. Perfino i cani abbaiarono. [...] "Ha perduto la voce..." Certezza triste: sempre più profondo, più lontano nei silensi, se ne era andato via, il ruscelletto di tutti."
Ho iniziato a leggerlo in autobus, come di dovere, lasciandomi alle spalle un Duomo che pareva di alabastro.





giovedì 10 luglio 2008

Ancora sul lavoro

Sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2008, n. 42 è stato pubblicato il decreto del 21 gennaio 2008 con il quale il Ministero del Lavoro adottava il modulo informatico per le dimissioni.
Ovvero?
Ovvero a partire dal 5 marzo successivo le dimissioni avrebbero avuto validità soltanto se l'interessato fosse andato ad un Centro per l'Impiego e avesse chiesto ad un operatore di compilargliele.
Questo ovviamente per arginare il ricatto delle dimissioni in bianco, strumento con il quale i datori di lavoro han sempre fatto il bello e il cattivo tempo: vuoi essere assunto? bene, firmami le dimissioni in bianco. Ti voglio licenziare senza giusta causa ma non ho voglia di subire una causa sindacale? Nessun problema: riempio le dimissioni e il gioco è fatto. Chiaramente nel caso di lavoratrici la situazione è stata sempre peggiore: dimissioni anti-gravidanze, dimissioni anti-rifiuto di avances e via dicendo.
Bene.
Il modulo elettronico ha avuto vita breve.
Il Governo ha, ovviamente, annullato il decreto.

lunedì 7 luglio 2008

morire di lavoro

Con un po' di divario cronologico, pubblico una cosina che ho scritto sulla bassezza di un certo tipo di imprenditori. Me l'aveva chiesta un personaggio che culturalmente e politicamente stimo molto. Condivido...


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA - PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. […]
Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo […]
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali[…].
Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Non importa andare oltre nella lettura della Costituzione per poter affermare con certezza che non esista alcun articolo che parli di dovere di morte, dovere di umiliazione, dovere di violenza della dignità, dei sentimenti, dovere di infangare il nome di chi muore innocente.
Eppure, un imprenditore oggi si permette di violare i diritti fondamentali dei cittadini italiani o di chi come loro vive e lavora in Italia, di provocarne la morte ed infine di calpestare le loro famiglie distrutte e il loro nome.
Il titolare dell’Umbra Olii ha fatto chiedere un risarcimento di oltre 35.000.000€ alle famiglie dei quattro operai che due anni fa persero la vita per un’esplosione nella sua azienda.
Quattro operai come tanti, con famiglie come tante, in continua lotta per una vita dignitosa, per garantire ai figli quelle poche garanzie che il sistema del lavoro oggi permette di avere.
Perché non è mica facile mantenere due bimbe piccole. E nemmeno garantire un quotidiano sereno ad un giovane uomo e ad una giovane donna.
Che si sia italiani o stranieri poco conta. Bisogna lavorare. Anche il sabato. Avere molta o poca esperienza non fa differenza. Chi costa meno vince, comunque.
E di sabato Giuseppe, Maurizio, Vladimir e Tullio si sono arrampicati sull’enorme silos.
Probabilmente avranno guardato la valle da là.
La valle così bella che hai la tentazione di credere in Dio.
Un bello spettacolo davvero, doveva essere.
Ma non abbastanza bello da essere l’ultimo. Non abbastanza da poter prendere il posto dello sguardo forte e pieno d’amore di una donna che saluta il tuo rientro, o di quello pieno d’adrenalina di un figlio appena uomo sul go-kart o ancora di quello irrinunciabile di una figlia: che abbia nove anni o diciannove un giorno l’hai presa tra le braccia e, per te, lei non ha più cambiato sguardo.
Un bello spettacolo, la Valle, ma non abbastanza per morire.
Una bella Costituzione la nostra, ma non abbastanza per essere rispettata.
Una bella storia quella di San Francesco ma non abbastanza per ripetersi.
Perché se quel sabato di bello non ha avuto nulla, oggi la richiesta di un solo uomo cancella non solo il bello ma la sua possibilità di esistere.
La vergogna pesa sulla nostra società. Già, la vergogna dei nomi di Giuseppe, Maurizio, Vladimir e Tullio morti nell’esercizio di un dovere e diritto costituzionale.
Adesso la vergogna per la richiesta di questa impresa che uccide la dignità di ogni lavoratore e di ogni famiglia, la dignità di Fiorella, Morena, Anila, Catia, Yuri, Sagma, Branjola, Enrica.
E questa vergogna così pesante, così drammatica ci spinge a condannare l’impresa Umbria Olii e i suoi rappresentanti, per la vergogna che non hanno provato e che non provano oggi.
Questa vergogna che ci rivela come chi è capace di provare vergogna sia ancora uomo, così diverso da chi, senza vergogna, calpesta e infanga la nostra civiltà.

martedì 1 luglio 2008

Impronte digitali


Avevo 15 anni e un sacco di buone speranze nel prossimo cambiamento del Mondo. Dopo un anno passato a fare doposcuola in un quartiere "socialmente problematico" di Firenze decisi di fare l'esperienza della colonia estiva. Come educatrce, s'intende.
Avevo 15 anni e a 15 anni si è giovani ed impreparati quasi sempre perchè non si sa nulla della Realtà se non ci si è dentro fino al collo.
Avevo 15 anni e Milan ne aveva 7.
Il nostro primo approccio fu fantastico: io un po' goffa ma già piuttosto energica nella salopette peruviana ripiegata fino al ginocchio e scalza, armata di shampoo contro i pidocchi e sapone.
Lui in mutande di cotone, le stesse di cento altri bimbi.
Timoroso e aggressivo fissava lo sguardo alla doccia, dietro di me.
Convincerlo che fosse una figata fu difficile almeno quanto trascinarlo via da sotto l'acqua.
Milan era il classico bambino terribile che nessun educatore vorrebbe accollarsi.
Tranne forse una bimbetta idealista e manfana di 15 anni.
A tavola suonava le stoviglie, le lanciava addosso agli altri bimbi, s'arrampicava dovunque.
Faceva a botte e si strusciava in qualsiasi posto potesse sembrare un pavimento.
La sera aveva paura del buio. Ma c'ero io lì e lui mi spiegava:
"Il buio nasconde tutto: i topi e i cani e i topi e i cani sono pericolosi specie se si hanno fratellini piccoli."
Piccoli come te?
"Noooooooo, piccoli davvero! Io sono grande.
Il buio arriva presto al campo e se ne va all'alba.
Il buio nasconde buche e sassi e buche e sassi sono pericolosi specie se si hanno fratellini piccoli.
I fratellini piccoli non sanno correre e a volte nemmeno camminare e però pesano un sacco se si deve andare un po' lontano e la mamma non può venire.
Perchè una cosa buona il buio ce l'ha: che nasconde anche la gente.
Perchè il buio porta il pericolo più grande, la cosa più brutta ma poi ci nasconde perchè la cosa non ci prenda.
La mamma non può mai venire, deve far finta di non averci visto. Io prendo mia sorella che è più piccola e ci nascondiamo nel buio.
Lo faccio sempre: la macchina arriva ha i fari forti che sembra cerchino i bambini.
Tanti bambini restano nel campo perchè le loro mamme non sanno che il buio può nasconderli.
La macchina arriva sempre con il buio.
Scende un uomo, ormai lo sappiamo. Lo chiamiamo l'uomo del buio anche se è bianco più della mia sorella. Prima che la macchina si fermi noi dobbiamo essere lontani. A volte la mamma riesce ad avvertirci prima che torniamo al campo così non dobbiamo nasconderci tra i topi e i cani.
Qualcuno dice che ha un odore buono come un profumo che usano le donne ma si prende le bambine e a volte non le riporta, a volte si e loro stanno zitte per un sacco di tempo e poi piangono e poi picchiano tutti e allora i grandi picchiano loro.
Il buio non lo sai mai che cosa nasconde. I cani, i topi, le buche e i sassi e l'uomo che profuma.
Oppure me e la mia sorella che è più piccola.
La mia mamma lavora e dice sempre che un giorno ce ne andiamo via.
Ma quello che è difficile è che lei ha 4 denti d'oro.
Secondo me sono belli i denti d'oro ma la mamma dice che a quelli che danno lavoro i denti d'oro non gli piacciono."

Il racconto è vero, volevo continuare nello stile in cui ho iniziato ma mi s'è chiusa la vena.
ma sai a chi le prenderei le impronte io?
non fatemi dir nulla va...

martedì 24 giugno 2008

risultati calcistico politici

Ovvio che ci dispiace.
E pensare che è solo calcio.
Presto sarà - anzi lo è già adesso anche se in modo non evidente ai più - la stessa cosa su stato sociale, istruzione, ricerca, sanità, economia, diritti civili, ambiente.

mercoledì 18 giugno 2008

e io non son più tuo amico!

Roma - il leader del primo partito d'opposizione in Italia minaccia di iniziare a fare opposizione.
Perchè il Presidente del consiglio gli ha detto le bugie e ora fa le pernacchie mentre gli rompe i giocattoli con cui avrebbe voluto giocare lui: lo stato sociale, la legalità, i diritti umani e via dicendo.
Il leader del primo partito d'opposizione, partito che con i numeri che ha fatto in urna il PD in qualsiasi Stato democratico avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo o quasi, ha deciso che da oggi si cominicia a fare opposizione.
Anzi, da lunedi.
Come le diete e l'ultima sigaretta.
Il leader del primo partito d'opposizione dovrebbe cominciare a pensare che l'azione di opposizione avrebbe dovuto partire in data 14/04/2008 non due mesi dopo...
Vorrei tanto sapere a cosa imputa i soldi che i cittadini gli hanno riversato in forma di stipendio fin'ora...all'ormai tradizionale ruolo di spiaccicare ragni in parlamento?

martedì 10 giugno 2008

documenti, prego


la mole ondeggiante dei capelli crespi di chiaro stampo afro riempie l'abitacolo con inusuale volume, è un giorno qualunque del reg...ehm del nuovo governo.

L'auto della polizia si avvicina cauta

sbirro "accosti prego"

L'abitacolo pieno di ricci - da adesso denominato B.P. per Black Power -si ferma lungo il marciapiede.

SBIRRO "documenti"

B.P. (sorridendo cortese) "quale vuole?"

SBIRRO (già nervoso)"i tuoi documenti!"

B.P. (ancora sorridendo) "certo ma ne ho diversi, Lei quale vuole?"

SBIRRO (definitivamente spazientito) "il tuo permesso di soggiorno!"

B.P. (sempre sorridendo) "ahhhhhhh, si...non ce l'ho!"

SBIRRO (improvvisamente agitato) "come...come non ce l'hai?!?!?? accosta!"

B.P. (paziente) "se accosto di più, salgo sul muro"

SBIRRO (nevrastenico, scende di macchina minaccioso, si assesta il cinturone e si affaccia nell'abitacolo stracolmo) "si...vabbene, come non hai permesso di soggiorno, perchè?"

B.P. (calmo) "perchè la legge italiana permette a chi è sposato con una cittadina italiana di poterne fare a meno"

SBIRRO (non mi si inganna mica a me) " e tu saresti sposato?"

B.P. "sissignore"

SBIRRO (sagace) " e con chi?"

B.P. (paziente ma un po' meno di prima) "con mia moglie"

SBIRRO (con la vena ormai tappata) "carta d'identità!"

B.P. offre il documento. Lo sbirro controlla la data di scadenza valida e cerca evidentemente un pretesto per vendicarsi di tutta quell'inutile adrenalina.

SBIRRO "questo documento deve essere accompagnato dalla carta di soggiorno"

B.P. "veramente no"

SBIRRO (con aria sadico-indagatoria) "ah si? e a te chi te lo ha detto?"

B.P. (iniziando a devenire serio) "credo che Lei conosca la legge italiana che mi permette di usare all'interno del territorio nazionale questo documento come identità valida fino alla di lui scadenza o a comunicazioni differenti della Questura. Non mi ricordo esattamente gli estremi ma se andiamo in questura e mi da' un pc glieli posso fornire, caso ce ne fosse bisogno"

SBIRRO (verde di rabbia, vendicativo e con evidente schiuma alla bocca) "ah certo ma comunque io posso sempre farti una multa"

B.P. (spazientito finalmente e con espressione seriamente minacciosa) "certo. La faccia per favore. Anzi Le ripeto, andiamo in Questura così Lei è più comodo"

(dalla macchina degli sbirri, l'altro immancabile sbirro parla alla radio. Riattacca. Chiama il collega millantando un'emergenza)

SBIRRO (rende il documento, la faccia seria di chi sta per compiere un'opera di bene) "va bene....buona giornata, signore"

venerdì 6 giugno 2008

bilancio prima dell'estate

non lo so che cosa succeda.
So che mi sento il vuoto intorno e una cornice troppo stretta per racchiudere la mia personalità
So che non ho tempo mai di fare quello che mi piacerebbe fare, non ho tempo di stare con il mio amore, non ho tempo di coltivare le amicizie, sono eternamente disadattata e involontariamente controcorrente.
Eppure ho una vita felice, anche se un po' faticosa.
Ho le cose più importanti del mondo accanto: amore e amicizia di quelle stragrandi. Ho un tetto sotto cui stare e un lavoro che mi piace un sacco.
Che diamine mi lamento?
Il mio tessuto sociale s'è diradato e ogni mia gonnella pare un abadà.
Mi sento maldestra nell'offrire un po' di me stessa come un cameriere alla prima esperienza a cui sia capitato un vassoio pieno di ostriche e caviale.
Ma tutto rimane come una sensazione sospesa.
Forse ho bisogno di un po' di riposo per calmare la testa e il cuore.

tra il sole e la pioggia



ieri, ho visto due scene carine.


due fidanzati in tandem




e un papà (l'unico che ho trovato è questo, ma non gli lega nemmeno le scarpe) grande, grosso e negro con canotta stra-attillata, capello rasato, occhiali da sole e un marsupio celeste chiaro con dentro un cosino minuscolo.

Ho pensato un po' alla tenerezza di quest'immagine

e un po' ad un mia amica...

(si aprono ipotesi sulla di lei identità)

martedì 3 giugno 2008

Discorso (indiretto) tra un matematico e un'umanista (apostrofo perchè donna)


Fiacco dopocena del dì di festa.

Il matematico neolaureato si abbandona alla digressione divulgativa della matematica come sistema di pensiero.
Informa l'umanista che, per la teoria degli insiemi, due o più cerchi concentrici sono uguali indipendentemente dalla misura.

L'umanista si chiede come uno che pensa così sia in grado di fare la spesa ogni giorno.
L'umanista si risponde che, in effetti, il matematico in questione la spesa non la sa fare.

Ma tornando alla matematica.

Si chiama "funzione bigettiva". Ovvero: due insiemi sono uguali se ogni punto contenuto da ciascuno può essere messo in relazione con un punto (uno e soltanto uno) dell'altro.
Ora, siccome tracciando il raggio di due o più cerchi concentrici, tale raggio interseca un solo punto di ogni circonferenza e quindi unisce i rispettivi punti di ognuna, che la circonferenza sia millimetrica o tendente all'infinito nohn ha alcuna importanza: se sono concentriche, sono uguali.
Questa cosa funziona anche per i numeri, cosicchè l'insieme dei numeri positivi è uguale all'insieme dei numeri positivi e negativi.

L'umanista ingoia amaro il concetto matematico avulso dall'esperienza.
E siccome l'umanista, se va oltre l'esperienza e pensa all'infinito, arriva a Dio senza colpo ferire, l'umanista deduce che la funzione bigettiva sia la dimostrazione matematica dell'anima dell'Uomo e del Mondo come specchio di Dio.
"a Sua immagine lo creò".
Solo questione di dimensioni nell'ambito dell'infinito.
L'Umanista conta i punti dell'anima, li mette in funzione con quelli dell'anima del Mondo ed infine - c.v.d. - arriva a Dio.
Funzione bigettiva.

Dato questo volo pindarico, adesso l'umanista pensa a come diamine riesca - e lei riesce bene, non ne ha dubbi - a fare la spesa.
Forse per intervento divino, giust'appunto.

Il matematico, intanto, mette nero su bianco che no, quelle cose lui non le ha dette: lui parlava di cerchi. E cambia discorso discorrendo dell'uguaglianza topologica tra una ciambella e una tazza, della casa perfetta ma impossibile da costruire e da abitare e del bicchiere perfetto da cui però, purtroppo, non si può bere.

L'umanista cerca di capire perchè mai uno dovrebbe studiare le possibilità di cambiamento di un materiale inesistente.
E che mancano sicuramente i pomodori e un po' di frutta.

martedì 20 maggio 2008

una ronda non fa primavera




In Italia la dittatura si sta riorganizzando.
E per di più, qui, piove.

giovedì 1 maggio 2008

appello

coppie di sinistra e donne fate figli*, cresceteli con gli assegni familiari che ogni buon regime stanzia per fomentare il proletariato e il populismo e fatene il nuovo baluardo rivoluzionario.

'gna riprendersi la cultura, la storia, la dignità e il concetto di uguaglianza dell'essere umano.




* se possibile con immigrati così sai che nervoso gli piglia a chi deve firmarvi gli assegni?

NOTA: trattasi di post provocatorio non teso a sminuire i valori di famiglia e di maternità o paternità.

Studiare Storia


Mio marito sta studiando storia italiana.
In Brasile la posizione italiana nelle due guerre, nei dettagli non si studia, ovviamente.
Si è stupito scoprendo che Mussolini era socialista.

Poi c'ha pensato un attimo.

E ha iniziato a trovare analogie tra il populismo fascista e quello leghista.
(tranne il cambio di saluto, ovviamente)

E son le stesse analogie che ci trova mio nonno, 86 anni portati brillantemente, che il fascismo l'ha visto dal vivo.





Questo mi porta a tirare alcune conclusioni:
- pur essendo da sempre di sinistra, politicamente posso dire di avere una visione equilibrata visto che la memoria storica la comprova.

- è stata un'operazione davvero difficile, da parte della sinistra italiana, con le fondamenta storiche che abbiamo, riuscire a perdere le elezioni contro questi nostalgici del fascismo più o meno dichiarati.

- il fascimo, in Italia, è bandito dalla costituzione. Cos'altro c'è da discutere?

- quella di abolire i libri di storia, di cambiarli o di riscriverli è un'ottima soluzione da parte della destra. Migliore ancora, e più sottile, è stata quella di riuscire a farli smettere di studiare.

- io, mio marito, mio nonno NON ci meritiamo un governo che mira all'autarchia, al ripristino della moneta locale e alla revisione del trattato di Schengen. L'Europa ci vede così...












p.s. A parte io che ho sposato un extra comunitario summo cum gaudio e la cittadinanza spero proprio che gliela diano, così come spero diano a me quella Brasiliana che probabilmente a breve dovrò dichiararmi esule per motivi politici; qualcuno può dire a Forza Nuova che le loro donne gli immigrati li aspettano a gloria?
"when you try black, you never go back"

mercoledì 16 aprile 2008

"How is that possible?"


Avevo sperato, davvero, che non vincesse.
Non tanto perchè le alternative fossero esattamente il mio ideale politico. Ma perchè per lo meno erano più dignitose, forse non più oneste ma almeno meno evidentemente disoneste.
E perchè pensavo alla mia migliore amica, attualmente dimorante nella City, che avrebbe potuto risparmiarsi i commenti di incredulità, compassione, stupore e sarcasmo dei suoi colleghi provenienti da tutto il mondo.
Ed invece, purtroppo, per lei (come per tanti altri) la domanda del giorno dopo è stata "How is that possible?".
Com'è possibile che uno che ha iniziato la carriera politica nell'unico, evidente intento di sottrarsi al procedere della giustizia, che ha fatto e fa del conflitto di interessi il suo ossigeno, che è ignorante, che ha portato l'Italia a legislazioni ridicole almeno quanto gravi, al collasso economico e sociale e alla ridicolizzazione europea e mondiale, sia stato di nuovo eletto?
Com'è possibile?
La stessa domanda che mi sono fatta quando gli USA rielessero Bush, e la stessa risposta: perchè la gente adora essere ingannata, adora essere disprezzata, usata come un giocattolo.
Infine, la latente omosessualità dei bacchettoni italiani che si son scagliati contro i DICO unita alla latente perveristà delle brave mogli italiane in cerca di nuove emozioni ha portato all'acclamazione popolare di colui il quale di certo non macherà di metterlo al culo di tutti.
E così è andata.
L'Italia a testa bassa davanti al sarcasmo straniero si presta ad essere sacrificata. A sposarsi con un miliardario nell'illusione di vincere la precarietà in cui si trova, senza capire che quel miliardario ne farà una sguattera, una serva, una prostituta. Perchè in un matrimonio di interesse vince il più forte. E vince chi non ha amore.
E la povera Italia precaria sfruttata dall'abbiente nuovo marito si rifugerà tra le braccia del cugino sfigato, Bossi il populista, che offrirà spalla e braccio alla consolazione della condizione triste con l'unico risultato di abboccarglielo anche lui.
Accanto, un sorridente Veltroni che alla fine gliene importa un po' a lui se non governa. Di certo ha vinto la sua battaglia: ha convinto la gente ad accomodarsi in un centro stretto per tutti, in un pentolone dove l'ideologia è confusa con la convenienza e dove i programmi sono fanfaronate di chiara ispirazione berlusconiana (non lo si è ancora capito che a dire le cazzate è più bravo lui?!?!?!?)
E in tutto questo la sinistra dov'è?
Dov'è la sinistra di stampo spagnolo o brasiliano, quella che si ripromette di governare e non di "ottenere un 4,5% che permetta una consapevole opposizione" (per poi ritrovarsi una manciata di voti che non le permetterà nemmeno di aprire bocca). Dov'è la sinistra che non rinnega i suoi colori per un mix anonimo di ispirazione quasi ciellina? Dov'è la sinistra che sa parlare alla gente, che sa dividere i linguaggi e così portare la gente a crescere senza sentirsi distante?
Dov’è la sinistra che si pone obiettivi realistici, che lotta per il bene del Paese con le sue radici, le sue tradizioni, i suoi simboli e i suoi colori.
Finita in un poco probabile arcobaleno, forse speranzosa di trovare la pentola dell’oro nel qualunquismo e nel moderatismo degli italiani.
Questa sinistra non mi rappresenta, così come nessun’altra espressione di questa politica.
Penso che, per un 3% scarso potevamo permetterci almeno il lusso della coerenza.
E alla fine di tutto questo mi guardo intorno tremando al pensiero del destino dello stato sociale nel mio Paese, delle differenze che andranno sempre più evidenziandosi tra poveri e ricchi, tra chi non ha bisogno di lavorare e chi non ne ha modo, dell’inevitabile catastrofe culturale e morale, della sempre più lontana speranza di unire finalmente in un Paese quest’insieme carnevalesco e mutevole di Regioni, dell’inesorabile progressiva scomparsa della legalità.
Mi guardo intorno tremando al pensiero dell’Italia dei pochi e ricchi furbi che ha ancora una volta ingannato l’Italia dei molti semplici, dei precari accecati dalla speranza di sicurezze, dei poveri – checchè se ne dica ce ne sono eccome – che hanno come unica risorsa la rabbia e l’odio per gli altri poveri.
Tremo anche, last but not last, al pensiero della mia amica tra i commenti dei suoi sensatissimi colleghi…

martedì 18 marzo 2008

Due scatoline rosse

C’era una volta una stanza vuota in una casa vuota in una città vuota in un Paese vuoto.
C’era molto vuoto al tempo, tantissimo vuoto.
Un giorno nella stanza vuota apparvero due scatoline rosse.
Non c’era nessun bambino che potesse curiosarci né tantomeno nessuna scarpa da mettere via per l’inverno. C’erano solo due scatoline rosse.
Il tempo passava e le due scatoline rosse erano l’unico non vuoto in tutto quel vuoto.
E dentro? Erano vuote, ovviamente.
Il vuoto intorno e il vuoto dentro non era una bella situazione, non lo era per nulla.
Accadde così che un bel giorno le scatoline iniziarono a riempirsi.
E di cosa, mi direte voi? Se tutto intorno era vuoto?
Cominciarono con cose semplici e scontate e scelsero la luce. Tutti sanno che la luce si propaga dovunque, anche nel vuoto. Si riempirono di luce così tanto ma così tanto che ad un certo punto straboccarono e quando la luce se ne straripò fuori si accorsero di quel bel rosso, l’una dell’altra.
Era proprio necessario festeggiare. Una delle scatoline (che chiameremo scatolina n°1) chiamò quel bel rosso “rosso vivo”, l’altra (che chiameremo scatolina n°2) pensò che odorasse di primavera. E senza accorgersi si erano riempite di rosso, di vita, di profumo e di primavera.
Capirono che il gioco era assai più semplice di quanto si fossero immaginate: bastava far straboccare le cose di cui si riempivano e contemplarne l’effetto una sull’altra. E così continuarono.
La scatolina n°1 vide che la scatolina n°2 s’era presa la vita e se n’era riempita fino agli occhi tanto che s’era scordata del rosso e aveva iniziato a ballettare senza riuscire a star ferma. E così ballettava tra i fiori e i prati e si scordava anche la primavera di tanto che c’era immersa.
E così la scatolina n°1 che forse era meno stracolma di vita e perciò andava pianino, cominciò a raccogliere tutte le parole che la scatolina n°2 dimenticava per strada.
Un giorno la scatolina n°2 guardò la scatolina n°1 e la vide così stracolma di parole che si mise a ridere come una pazza.Ma le parole galleggiano, tutti lo sanno.
E la scatolina che sembrava stracolma lo era in verità solo in superficie. Sotto, legato ad ogni parola c’era un anellino d’oro. E ogni anellino era diverso, era l’anellino del significato tutto d’oro splendente e solo per quella parola.
Anche la scatolina n°2 aveva alcuni anellini che teneva ben d’occhio. Gli anellini pesanti delle parole amore, amicizia, verità e libertà prima di tutto. E poi anche quelli delle parole dolore, ostinazione, forza.
Gli altri anellini li aveva ogni tanto legati, ogni tanto no alle sue parole. A volte c’era molta confusione ma la scatolina n°2 era tanto indaffarata a creare sempre nuove cose che non gliene importava poi molto.
Così continuavano: la scatolina n°1 con le sue poche cose, le sue parole ordinate e tutti i suoi anellini, la scatolina n°2 con le sue mille scoperte ed invenzioni, le sue parole arruffate e i suoi anellini importanti.
Il tempo passava e presto le scatoline s’accorsero che la stanza aveva le pareti colorate., che la casa era abitata, che in città c’era un gran traffico e che nel Paese erano sbarcate centinaia di navi venute da lontano.
Non si sa chi fu, se il bimbo piccolo che appena aveva imparato a camminare o il vecchio nonno di famiglia a spostare la scatolina n°2 in un’altra stanza.
Fatto sta che la scatolina n°1 adesso sta accanto all’orchidea e si sente un po’ più sola.

lunedì 4 febbraio 2008

saudade 4 - a lagoa

Quello che colpisce di più è il silenzio.
Il silenzio in cui annegano i miliardi di parole e di ritornelli cantati cantilenando da secoli di lavandaie.
Il silenzio in cui spariscono, così come sono apparsi, i ladri tranquilli ed esperti.
Il silenzio in cui la Natura lascia aperte tutte le sue porte.
Qui è la sensibilità ad entrare in gioco, a lasciare morbide impronte sulla sabbia bianchissima.
I cavalli bevono e portano sulle schiene nude magrissimi ragazzini scalzi.
L'acqua sembra immobile in quel suo verde dorato che respira piano.
Le dune abbaglianti, l'intreccio complicato delle fronde scure, gli anfratti della laguna che ricordano grandiosità trascorse.
L'albero ha il bianco dei fiori di campo e s'erge imponente nella sua semplice serenità.
I cavalli si allontano sulle dune con o senza cavalieri. E nell'aria non si sente altro che lo sbattere d'ali degli uccelli e il rispettoso chiedere permesso dei saggi.
Sirene e amori e leggende indio di tanta poesia da rimanere incantati.
Oh acqua lieve dolce di sale marino, ricordo e attrazione!
Oh fonte battesimale in cui rinasco tra le tue braccia!

E tu mi chiami per nome. E il mio nome, finalmente, ha un senso.

Saudade 3 - a cidade maravilhosa

Tutto ciò che accade in questa città ha un non so che di languido, di malinconico e di catartico. Il quartiere ruba spazio alla collina e a se stesso eppure sopravvive e si agghinda di piccole frivolezze come una ragazza di campagna degli anni ’30 avrebbe fatto con un paio di orecchini di corallo. È frutta per la strada venduta a piccole quantità, è un intrigo di vicoli senza raziocinio e regola che da una parte escono al mare dall’altra si intrecciano in altri milioni di ragnateliche strade e sfociano in quartieri bene puliti lindi e pinti e a naso in su. Quartieri che parlano sottovoce e che odorano di disinfettante, quartieri dai grattacieli che si impongono all’orizzonte disturbando la luna, mentre le case disordinate e irregolari della gente le si strusciano ai raggi come gatti.


Il Pelourinho attende quasi timoroso l’esplodere del venerdì sera. Si affaccia dalla pioggia e dall’oscurità. Solo le piazze, ben illuminate, si danno l’aria di signore per bene. Ma i vicoli intorno, intricati, bui e rumorosi che le circondano come un’orda di marmocchi, ne rivelano l’essenza popolare e faticosamente materna.


Il mare è impetuoso, di una bellezza travolgente.
Il vento satura l’aria di una nebbiolina di piccole, innumerevoli gocce d’acqua salmastra che profumano d’Oceano. Mi allungo sulla sabbia calda e respiro a fondo. Questo posto ti scava nell’anima per farsi spazio e rimanervi per sempre. Salvador in tutta la sua accattivante bellezza, in tutta la sua forza e la sua malizia ti strizza l’occhio e t’abbraccia e non puoi fare a meno di donarle il tuo amore. Ti trascina a passo di danza nelle sue spiagge e nelle sue str ade fino a che i tuoi piedi non siano in grado di muoversi da soli in un ritmo di samba, e allora ti sorride e ti fa solo cenno di seguirla, di non lasciarla.
E nessuno la lascia, a quel punto. Davanti a questo mare ti sembra di riuscire a percepire e a riconoscere la voce di Yemanjà e la sua chioma di schiuma e riflessi d’argento.

Saudade 2 - Nossa Senhora dos Rosário dos Pretos

Il profumo del pane si mischia a quello dell’incenso nella stanza affollata, sotto lo sguardo dei Santi negri.
Nuova visione di Cristo, pelle d’ebano e capelli ribelli in riccioli duri.
La chiesa respira nelle pareti intonacate, senza troppi ori. Balconate piccole come intarsi offrono braccia e volti scuri e radiosi.
Qui Dio balla con la gente e abbraccia il popolo.Qui la fame non è ignorata e si sposa alla fame d’Eterno. Battono i tamburi e i pandeiros e cadono petali di fiori.D io entra nella roda e benedice a ritmo di samba. Migliaia di mani tengono il tempo per non farlo interrompere. C’è una ricerca estetica accurata in questo gusto per l’eccesso, in questa appariscente eleganza. I colori dei negri animano la folla danzante. Per la prima volta in vita mia ho visto la gioia della fede. Il celebrante osanna Dio e la forza vitale delle cose, della Natura. Ci si scambiano abbracci e le offerte s’incamminano a passo di danza verso l’altare.
Guardo vicino a me una signora bella e accurata. Ha orecchini d’argento e conchiglie e i capelli intrecciati di riflessi biondi tra i suoi colori scuri. La fronte spaziosa è scoperta con una fascia dorata che le trattiene le trecce ordinate. Ha unghie smaltate e un filo d’oro al collo. La guardo e provo la strana sensazione di commozione, di tenerezza. Piangerei, adesso, se lei mi potesse consolare nell’abbraccio forte, come le madri abbracciano i figli.Ma sono straniera qui. Cade un petalo rosso nelle mie mani, mentre distratta seguo i miei pensieri e la mia emozione. Una vecchia negra si gira a guardarmi e sorride facendo un cenno con la testa.
Le rispondo.
L'aria è intrisa di un dolce, familiare mistero.

sabato 2 febbraio 2008

Saudade 1- de Salvador para Aracajù


o ceu aqui è immenso e se deixa cair como um lenzol leve e doce sobe essa terra sem fim, sobre esse silencio todo, sobre as palmeiras e os rios, sobre esse verde selvagem onde so' se ouve os gritos dos passaros e o sussurro do vento.
solitarios, raros carros attraversam essa sacralidade natural quase com pressa, percebendo que aquì nao è o lugar deles. Aqui se pode andar por horas sem chegar em lugar nehum. Assim o espaço se torna imaginaçao e o tempo è as ombras que mudam.
assim o meu coraçao percebe toda a ansiedade do meu corpo, toda a vontade da minha alma e agora te quero, meu amado, como nunca quis ninguem.
Nos teus braços essa terra maravilhosa transformase em força e renasce mais linda e eternano teu beijo.
nos teus olhos escuro essa cor verde de mil tonalidades que nem a mais preciosa das pedras se faz alma e canta ao ritmo dos nossos coraçoes, novos tombores do ritual antigo das palavras de amor.
Bemvindo meu querido, bemvindo de volta no teu Pais. Bemvindo de volta na minha vida, bemvindo em todas essas minhas emoçoes que sao o cantinho segredo do meu espirito, bemvindo de volta finalmente nesse eu corpo apavorado de solidao, nesse meu desejo todo de ter voce.