BimbaNina quest’anno non vuol svegliarsi. Neppure le luci che intrecciano vezzosi ricami nel buio precoce dell’inverno son servite, quest’anno, a farle prendere il comando fiero e giocoso della NaveNina. Il cielo si barcamena tra l’azzurro intenso di un’illusoria primavera e il grigio umido di un interminabile autunno. Mai è bianco carico di promesse di neve, quel cielo da guardarsi la domenica col naso schiacciato sul vetro appannato. Lassù, silente, la sbeffeggia immutabile di stagione in stagione, il miglior segno che il Tempo non è dalla sua parte, che non vuol scorrere rapido. Nessuna voglia di cioccolato caldo e neppure gote e dita arrossate dal freddo.
martedì 21 agosto 2007
immancabile post sul Natale
avevamo 16 anni...
ho 27 anni e dopo tre anni e rotti ho dovuto riadattarmi a vivere in casa dei miei. per vari motivi. pensavamo sarebbe stato solo un breve momento invece si prolunga. Non mi dispiace come pensavo, a parte inconvenienti di natura "ospitale" è molto meglio del previsto. perchè son cresciuta io e son cambiati loro, specie mia mamma. in meglio, ovviamente. comunque sia, in questo passato w-e ho riadattato la mia "cuccia" a come sono ora, apprestandomi a passarci ancora del tempo. e fruga, fruga son saltati fuori un sacco di ricordi, un sacco di fogli, foglietti, lettere, quaderni, diari, fotografie. Tra questi uno in particolare mi ha colpito. perchè mi ricordo esattamente quando l'ho scritto e mi ricordo lo stato d'animo di quel giorno. sfavillante. Come si conviene a due ragazzette di 16 e 17 anni che non hanno dubbi sul loro roseo futuro, sulla loro capacità rivoluzionaria, sul potere dell'immaginazione e dell'invenzione. Lo trascrivo con affetto, in questo giorno che il futuro prossimo del mondo ha subito un'ulteriore condanna, come beneaugurio.
"il pomeriggio degli unicorni" CORO: Armoniose menadi, invincibili Amazzoni, dolcissime ninfee! date inizio alle danze poichè il cielo sta cambiando colore! in nome del Cielo, del Verde, degli Unicorni, del Vino, del Sesso e dell'Amore NOI: Il Dio è giunto, Fratelli, e la sua chitarra ci ha rapite! sentiamo odori d'infanzia e di libertà. Spicca il volo dalla strada, non c'è paura del vuoto. Il nostro calore può placare ogni desiderio innato di fuga perchè avremo il coraggio di sconfiggere
ma uno, dico io, ma cosa deve fare?
ma cosa deve fare un "poveretto" per far capire al suo Paese che non è affatto in grado di governarlo? Voglio dire, mi pare che Bush c'abbia provato in tutti i modi possibili... eppure è ancora là. rieletto e più legittimamente dell'altra volta. cioè: gli americani son andati consapevolmente a votare e hanno votato contenti dell'operato di Bush. i giovani, le minoranze...hanno VOTATO Bush! ora, visto che EVIDENTEMENTE gli americani non sono in grado di gestirsi l'azione elettorale e visto che il governo degli US si riflette automaticamente su qualsiasi paese esistente dotato di sistema economico monetario (si escludono FORSE i piccoli nuclei abitati dove ancora vige il baratto), potremmo proporre e anzichenò esigere che il voto per chi va alla casa bianca sia esteso a tutti i cittadini del mondo? eh? di riso amaro. Forse non sarebbe cambiato niente ma così ci siamo giocati anche il forse. e speriamo che non accada lo stesso dalle nostre parti. 03/11/04
Frank la talpa e il ladro di tesori 20/10/04
Frank era una talpa giovane e tendenzialmente esuberante, per quanto una talpa può essere esuberante. Chi glielo avesse dato quel nome del cavolo non ve lo so proprio dire. In ogni caso si chiamava Frank. Frank la talpa non ci vedeva una cippa. Per forza, direte, era una talpa! Infatti. Esattamente per questo non ci vedeva una cippa. Ma sapeva andare al buio, conosceva i suoi luoghi ed era curioso di scoprine sempre di nuovi. Un giorno Frank la talpa si affacciò all’orlo di uno dei suoi tunnel. E senza la terra che lo circondava e lo avvolgeva allora sì che era disperso! Quel territorio alla luce (“luce? Che luce?” Lascia stare Frank…) proprio gli era ignoto ma in effetti di cosa dovremmo essere curiosi se non di ciò che è ignoto? Così Frank, ogni giorno metteva fuori le zampine per guardarsi intorno. Si vabbè, guardarsi…insomma ci siam capiti! Annusava l’aria e cercava di percepire cosa di tanto esaltante ci fosse là fuori da convincere molti più animali rispetto a quanti erano sottoterra, a viverci. C’è da dire che i primi giorni proprio non capiva: insomma, metteva la testa fuori e rischiava di essere colpito in testa da pesanti oggetti che là chiamavano “pale” o “vanghe” (e quelle bestiole malvage lo urlavano senza pudore “aaaaaantoooonioooooooooooo una taaaaaalpaaaaaaaa prendi la vangaaaaaaaaa” “no calma, signora, io mi chiamo Frank” niente! o scappava o le prendeva), se gli andava bene riusciva a passare illeso dalla scoperta di nuovi oggetti ("automobile", "pneumatico", quando era peggio "trattore"), e alcuni degli animali specie i cani non erano affatto ospitali. E neppure beneducati a pensarci bene. Urlavano urlavano, mica sapevano conversare civilmente! Nemmeno si presentavano! Ma più cose Frank scopriva più la sua curiosità cresceva. Sostanzialmente Frank era uno degli ultimi esemplari di intellettuale vero di cui si abbia testimonianza. Un giorno pensò: “che diamine, devo trovarmi una guida in questo mondo sennò non ne esco vivo. In cambio potrò portare su dalle viscere della terra un po’ di quella ferraglia che da queste parti di superficie sembrano apprezzare tanto”. E così, contento della sua idea si mise in cerca di una guida. Tunnel dopo tunnel un giorno sentì una voce forte e chiara sulla sua testa e si fermò ad ascoltare (e poi si lamentano che si dica “talpa” per dire “spia”! Tsze!). “ah! Quanto mi piacerebbe guidarti! Sicuramente ti guiderà chi non ti merita, invece io che son qua con questo mio desiderio così grande non posso!” Frank la talpa pensò di aver trovato l’uomo che faceva al caso suo. Così corse attraverso la sua rete di tunnel finchè non trovò il suo segretissimo tesoro: era una scatola grande più o meno come due scatole da scarpe delle scarpe di un papà (perché vi rendiate conto voi lettori, l’unità di misura di Frank era “come una galleria maggiore”) piena piena di grosse monete di un materiale che Frank aveva imparato a chiamare oro e che pareva allettare molto il popolo della superficie. Prese tra i denti una di quelle grosse monete, tornò al punto dove aveva sentito la sua Guida e emerse. Ora, siccome era cieco come…come una talpa, non si accorse della sorgente del suo grande, grandissimo equivoco: una chevrolet decappottabile azzurra del ’75 con rifiniture cromate. Ed era lei che voleva guidare quel tal poco di buono che oziava all’ombra di un albero. “ehi! Ehi tu! ok, dai, sarai tu a guidarmi per la superficie, va bene se in cambio ti pago con questo?” il poco di buono vide la moneta d’oro, pensò di star sognando e subito riprendendosi abbracciò Frank “ma certamente signora talpa…” “Signore, prego, ma chiamami Frank” “…ehm… ma certamente Frank, non avresti potuto trovar miglior guida! Io so tutto della superficie, conosco ogni singolo angolino e ogni singolo segreto di questo fantastico mondo che adorerai e conoscerai grazie a me. Ora, quella moneta non vale poi tanto, ma poiché mi sei simpatico accetterò il magro compenso” Frank fu molto felice di aver trovato una persona così carina e si preparò alla scoperta del mondo di superficie. In verità la sua guida ogni giorno parlava molto e lo portava in posti che a rank parevano, dagli odori e dalla consistenza, sempre uguali. Ma Frank non conosceva il mondo di superficie e quindi continuava a pensare di essere un ottimo esploratore con la sua guida esperta. E ogni giorno Frank portava al poco di buono una delle sue preziose monete. Quello che era veramente strano è che la sua guida non gli permettesse di parlare con nessuno. Sosteneva che la maggior parte fossero persone cattive e malintenzionate e che fosse assai pericoloso. Frank cominciò a pensare che la superficie fosse davvero un brutto posto e che era stato davvero fortunato a trovare uno dei pochi onesti! Fino a che, un bel giorno, all’appuntamento il poco di buono arrivò più tardi. Frank lo aspettava fuori dalla galleria e ad un certo punto udì una voce diversa “ehi tu! Ciao, come ti chiami?” “Frank! Mi chiamo Frank! Tu chi sei?” “un bambino, mi chiamo Chicco, sei una talpa? Perché stai fuori?” “mmmhh non so se dovrei dirtelo perché magari sei uno dei cattivi, ma sì sono una talpa e sto aspettando la mia guida della superficie. Certo che questa vostra superficie è davvero noiosa, sembra tutta uguale!” il bambino scoppiò a ridere e a Frank piacque la sua risata “tutta uguale? Ma che razza di guida ti sei trovato? Vieni a farti un giro con me!” Frank seguì Chicco, un po’ titubante perché cominciava a pensare di essere stato preso in giro. Sensazione, questa che divenne certezza via, via che Chicco lo scorrazzava per i prati, i ruscelli, i centri commerciali e i cinema. Quando tornarono Frank diede a Chicco una delle sue monete. Il bambino la prese, la rigirò tra le mani e timidamente chiese “ehi Frank, questa moneta non fa per me, non so davvero che farmene, potrei avere un lombrico?” Frank era sconcertato “un lombrico??!?!? Vuoi soltanto un lombrico?!?!?!?” “sì un lombrico, ma non un lombrico qualunque, voglio un lombrico grande almeno così” . Frank il “così” indicato dalle dita di Chicco non lo vide ma immaginò che razza di lombrico volesse e glielo portò. Il bambino ne fu felice e gli disse che sarebbero stati amici per sempre. In quel momento arrivò il poco di buono e vedendo Frank con il Bambino capì che il suo salvadanaio aveva chiuso i battenti. “bella riconoscenza per chi ti ha iniziato al mondo della superficie!” cominciò e disse un sacco di altre frasi simili, cosicché Frank, che pure era arrabbiato con lui per essere stato ingannato, si sentì molto in colpa. Frank d’altronde era buono e non avrebbe mai voluto farsi dei nemici. Cosicché, nel tentativo di dare un’ultima chance al poco di buono gli propose di cambiare il resto delle monete della scatola per una vera gita in superficie. Il poco di buono accettò ben volentieri ma quando Frank tornò con le monete e gliele consegnò sorridendo, il poco di buono prese una di quelle famose pale e gliela diede sulla testa. È ovvio che Frank, preso di sorpresa, svenne e che il poco di buono scappò con tutte le monete. I giorni che seguirono furono molto tristi per Frank, non voleva più uscire, diceva che non gli importava di quell’orrido mondo della superficie e che sarebbe rimasto a far gallerie, dove nessuno poteva fargli del male. C’è anche da dire, però, che Chicco tornava sempre appena possibile sotto l’albero dove lui e Frank si erano incontrati la prima volta e lo chiamava a gran voce, descrivendogli tutto quello che in superficie cambiava di stagione in stagione. Fu così che Frank, piano ,piano si riaffacciò. Questa storia non ha proprio una fine, ma Frank e Chicco stanno ancora a giro esplorando e conoscendo insieme: la talpa e la sua giovane guida. E se li incontrate, per favore, salutateli e fate una carezza alla talpa, cosicché non pensi più che quasi tutti gli animali di superficie sono cattivi e rapaci. Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia
i vestiti nuovi dell'imperatore (invettiva contro certi artisti contemporanei)
Esco dal museo d'arte contemporanea un po' perplessa. le forme pulite della struttura, l'abbondanza di vetro e di bianco brillante creano un'altezzosità che si sposa bene con i volti delle persone che mi circondano. Pressante presenza di sciarpe e foulard, di trasparenze sussiegose, di giacche dai tagli non classici, di scarpe lustre. Esco perplessa e noto come la perplessità sia la sensazione dominante in certe circostanze. ed è perplessità che nasce dal non aver capito una cippa di ciò che ho visto. ok, c'è la possibilità che sia troppo stupida o troppo grossolana per arrivare a certe raffinatezze stilistiche, ma mi sorge un dubbio: che tutto questo calderone di linee, cerchi, colori, parole inusitate (e senza significato per lo meno a giudicare da quanto riporta lo Zingarelli), di interazioni, di contaminazioni elettroniche e multimediali, di materiali improbabili e di scarsa attrattiva estetica (ammettendo pure il carattere molto soggettivo dell'"esteticamente piacevole")non sia che il frutto dell'esasperazione della ricerca tecnica poichè in fondo quello che si aveva da dire era pochino, pochino. Non fraintendetemi: non sto parlando sommariamente di tutte le opere di tutti gli artisti, mi sto rifacendo contro chi crea qualcosa di incomprensibile e campa sull'ardita e fantasiosa interparetazione di qualche critico per arrivare ad esporre in un bar, in una galleria o - caso estremo - in un museo. la mia impressione, e invito al dialogo, è che ci sia una vena di chiamiamoli artisti, molto più ansiosi di stupire con tecniche di realizzazione artistica innovative e di finire in un museo che di comunicare qualcosa a qualcuno. certo, anche loro tutti i torti non ce li hanno...comunicare? l'arte per comunicare? l'arte serve a fare i fighi nei foieux mica per comunicare! a comunicare ci pensa la televisione! oddio mi fa male lo stomaco... comunque sia, si innescano meccanismi perversi per cui chi vede ( se li osservi bene te ne accorgi, gli sguardi imbarazzati ne rivelano il segreto) non capisce assolutamente niente di cosa sia o cosa voglia dire/comunicare l'opera che sta osservando ma, per paura di essere considerato stolto, si unisce ovinamente al coro degli "ohhhhhhhhhh...ehm davvero interessante!" spero che arrivi presto un bimbo autorevole che punti il dito su questo ridicolo imperatore che tutto fiero se ne va con le reali grazie di fuori. "è nudo, l'imperatore è nudo!" 18/10/04
Astrolabius dei Daoine Sidhe
Nell'aria vischiosa della sera arrivò. Arrivò senza far rumore e neppure ebbe bisogno di chiamare ad alta voce. Quando lo vidi era semplicemente fermo sulla soglia, come uno scorcio di silenzio nello schiamazzìo confuso delle voci intorno. Sorrise chiamando a rispondere il mio sorriso. e le mie labbra obbedirono come se il tempo non fosse che un'equazione sbagliata nel calcolo del mondo. Lo pervadeva una strana posatezza, una calma irreale quasi fosse sull'orlo del collasso, contenendo a stento i sobbalzi della sua essenza. Il senso recondito di versi cantilenanti che si odono ripetuti scimmiescamente è quanto di più simile possa esserci allo sguardo intenso che si celava tar le parole di rito. Gli diedi il mio benvenuto. La sua poesia affondò lieve ma inesorabile nella mia gioia più intima. Là si riposò, recuperò la forza spiegata nella continua furente battaglia e poi, apparentemente disinteressandone, iniziò a sondarla, a sentirne la consistenza e l'odore. Non seppi mai cosa ne dedusse. Attutito, il caos lasciò che i suoi passi felpati risuonassero nella mia coscienza. Lo sferragliare della lucente armatura deposta in un canto con cura e gesti sapienti, creò un piccolo legame di armonie sonore. Lui cavalcò quel legame e le onde d'oro che gli ornavano le spalle mi nascosero il volto. Respirai
in viaggio
Dante, "Inferno" canto XXVI [...] né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l'ardore ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. "O frati", dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec' io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de' remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino. come ci mettiamo in viaggio? quando si tratta d’un lungo viaggio, quando si tratta d’un viaggio che non toccherà solo esotici lidi ma i luoghi della memoria e della coscienza andrà a esplorare, quando viaggiare è come crescere, è come attraversare la vita, la giovinezza andando verso la maturità. Ci mettiamo in viaggio con lo spirito carico per compensare un piccolo bagaglio. Chè di vesti e orpelli non avremo bisogno ma come rinunciare ai frivoli dettagli della nostra esperienza? Ma il viaggio t’affatica l’animo con nuove cose e impensate emozioni. Il viaggio guida i tuoi passi tanto implacabilmente che prima o infine anche l’invisibile fardello si fa pesante. E così il viaggio strappa via, lascia, abbandona per la strada tutto ciò che mentre sei in patria ti sembra irrinunciabile, le abitudini alimentari, le piccole cose che ami, alcuni ricordi, alcuni dolori. Li getta via come vestiti bucati, per far posto a nuovi sgargianti tessuti così differenti al tatto, così incredibilmente deliziosi, tessuti comprati per strada o ricevuti in dono(*) da amanti fugaci, da occhi profondi e mani curiose. Ciò che ti rimane, alla fine del viaggio, son solo le radici vere della tua terra, della tua cultura. e si cresce. e ci si indurisce anche. ma non ci si impoverisce. mai. E sempre siam pronti per iniziare un altro viaggio. Anche se vecchi e stanchi. Anche se con il cuore rattoppato e ricucito maldestramente. è che il cambiamento, come il viaggio, a volte ci fa paura, chè pare che ci strappi la nostra essenza. ma non è mai così. strappa solo quello che può strappare, strappa solo ciò che sulla strada si fa pesante, che rallenta il passo e ti spossa sotto il sole. E l’intelletto si getta oltre, oltre il senso comune e la prudenza. Oltre anche la saggezza, per alimentarsi di umanissima e preziosa follia, di ambizione e di grandezza. E così, ancora, mi metterò in viaggio. Con una compagnia picciola ma affezionata, con progetti che già vivono da soli, verso
l'autunno e la ghiandaia
Lo stizzito rimprovero della Ghiandaia si fece assai prossimo. Fu quasi sobbalzando che mi voltai. Vicino a me, appollaiato sul lavatoio, il grosso uccello inveiva. Ballonzolava quasi goffo sulle zampette ma con un non so che di regalità. Sembrava uscito da un film. Le rivolsi la parola, e subito m’accorsi del senso di rispettoso ossequio che incuteva. Risolsi per darle del lei. - Signora, che per caso tende ad ispirarsi ad un certo corvo di contestata fama? Lei scrollò le piume e gracchiò: - Dilettanti, dilettanti... – alzò il capino sprezzante e con l’aria di chi la sa lunga – tu, piuttosto, hai porte aperte e tra poco t'ammalerai per gli spifferi! Notai allora che avevo gli occhi lucidi d'emozione per quel giallo caldo abbracciato di verde e della polifonia del silenzio.
Regionale delle 6.46
Il treno scivola dolce la mattina presto. Sembra che sia ancora esente dallo stress del giorno che poi lo porterà a sbuffare, barcollare, sferragliare in un perpetuo bubare bisticcioso con la rotaia. è un modo di viaggiare ormai vecchio quello del regionale bologna-firenze delle 6.46 Tante fermate, una manciata di minuti per ciascuna, come sospiri in un nostalgico ricordare. Non sfreccia, non fischia. I finistrini si aprono ed hanno tende di stoffa, quando verdi, quando grigie. è un treno assemblato con anni di vita. Diseguale e d'estetica retrò. Ma avanza tra i colli con una familiarità tutta speciale. L'azzurro terso, il verde, il giallo morbido punteggiato di coloniche rosse, sono la memoria storico-geografica di questo tratto di ferrovia, che non si piega ai nuovi modi e ai nuovi tempi di viaggio. Gli Appennini sono i vecchi saggi smussati dal tempo e concedono solo uno sghignazzo di minuti al treno veloce che nelle gallerie fa risuonare il suo passo arrogante e sgraziato con un'intensità che neppure i finestrini sigillati e l'aria condizionata riescono ad attutire. Il Regionale in galleria è uno scambio d'omaggi con la montagna. Sicuro, leggero s'addentra nel buio con il passo di chi la strada la conosce e la ricorda, privo di esitazioni. Oggi non sono poi tanto stanca e mi lascio incantare dalla montagna. Nel tratto Pianoro - Monzuno le vette si ricordano della loro natura montana ed esibiscono maestosi squarci grigi di roccia tra il verde cupo del bosco. Tra non molto il paesaggio inizierà a cambiare, tornando ad essermi più familiare. Le altezzose curve della Toscana attendono di fare il loro nobile ingresso trionfale dopo la sfilata delle montagne, semplici e schiette. Ma c'è un tratto che nessuno si aspetta. e la parata si interrompe. e sfocia in un lussurioso amplesso tra le due terre, che nello scivolare l'una nell'altra esplodono in un momento di pura bellezza generatrice. Dove la montagna ha il suo apice e s'appresta a farsi collina, dove il verde indossa il suo vestito più scuro prima di spogliarsi nell'oro dei campi, dove le case si diradano ed il treno, pudico, passa oltre senza fermarsi, là scopro l'eterno sposalizio di queste due terre, l'eterno loro amarsi sul talamo dei secoli. E il treno continua il suo andare tranquillo, complice sornione e malizioso di questa passione antica. 13/07/2004
la ginestra o il fiore del deserto
Guerra spargiamo ogni dove, per solo aggravare le fragilità umane. illusione è quella forza che guida l'offesa. ridicola illusione di chi crede gli competa l'eterno e non è che un frammento nel tempo breve della storia. e tanto un fragile fiore e di bellezza vago può insegnare quanto nessuno dei lunghi discorsi di uomini troppo stolti per comprendere la provvisorietà. e in più per te, mio consapevole amico. che in sobbalzi del cuore tenti a momenti singhiozzanti di librar le ali intorpidite e poi giù rimpiombi nella noia e nel grigiore della speranza fuggita, sappi che di bellezza puoi inondare il deserto che c'attende, d'avvoltoi popolato. stringerai le mani di chi t'ama - e son molti - e "contento" sarai di quel deserto. e tutto più lieto e mabile ti potrà sembrare, quello che oggi t'ha sconfitto di freddo.
La ginestra o il fiore del deserto (G. Leopardi) Qui su l'arida schiena Del formidabil monte Sterminator Vesevo, La qual null'altro allegra arbor né fiore, Tuoi cespi solitari intorno spargi, Odorata ginestra, Contenta dei deserti. [...] Or ti riveggo in questo suol, di tristi Lochi e dal mondo abbandonati amante, E d'afflitte fortune ognor compagna. [...]Or tutto intorno Una ruina involve, Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi I danni altrui commiserando, al cielo Di dolcissimo odor mandi un profumo, Che il deserto consola. A queste piagge Venga colui che d'esaltar con lode Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto È il gener nostro in cura All'amante natura. E la possanza Qui con giusta misura Anco estimar potrà dell'uman seme, Cui la dura nutrice, ov'ei men teme, Con lieve moto in un momento annulla In parte, e può con moti Poco men lievi ancor subitamente Annichilare in tutto. Dipinte in queste rive Son dell'umana gente Le magnifiche sorti e progressive . Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco, Che il calle insino allora Dal risorto pensier segnato innanti Abbandonasti, e volti addietro i passi, Del ritornar ti vanti, E procedere il chiami. [...] Magnanimo colui Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle, Fin sopra gli astri il mortal grado estolle. Uom di povero stato e membra inferme Che sia dell'alma generoso ed alto, Non chiama sé né stima Ricco d'or né gagliardo, E di splendida vita o di valente Persona infra la gente Non fa risibil mostra; Ma sé di forza e di tesor mendico Lascia parer senza vergogna, e noma Parlando, apertamente, e di sue cose Fa stima al vero uguale. [...] Nobil natura è quella Che a sollevar s'ardisce Gli occhi mortali incontra Al comun fato, e che con franca lingua, Nulla al ver detraendo, Confessa il mal che ci fu dato in sorte, E il basso stato e frale; [...] Tutti fra sé confederati estima Gli uomini, e tutti abbraccia Con vero amor, porgendo Valida e pronta ed aspettando aita Negli alterni perigli e nelle angosce Della guerra comune. Ed alle offese Dell'uomo armar la destra, e laccio porre Al vicino ed inciampo, Stolto crede così qual fora in campo Cinto d'oste contraria, in sul più vivo Incalzar degli assalti, Gl'inimici obbliando, acerbe gare Imprender con gli amici, E sparger fuga e fulminar col brando Infra i propri guerrieri. Così fatti pensieri Quando fien, come fur, palesi al volgo, E quell'orror che primo Contra l'empia natura Strinse i mortali in social catena, Fia ricondotto in parte Da verace saper, l'onesto e il retto Conversar cittadino, E giustizia e pietade, altra radice Avranno allor che non superbe fole, Ove fondata probità del volgo Così star suole in piede Quale star può quel ch'ha in error la sede. Sovente in queste rive, Che, desolate, a bruno Veste il flutto indurato, e par che ondeggi, Seggo la notte; e su la mesta landa In purissimo azzurro Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, Cui di lontan fa specchio Il mare, e tutto di scintille in giro Per lo vòto seren brillare il mondo. E poi che gli occhi a quelle luci appunto, Ch'a lor sembrano un punto, E sono immense, in guisa Che un punto a petto a lor son terra e mare Veracemente; a cui L'uomo non pur, ma questo Globo ove l'uomo è nulla, Sconosciuto è del tutto; e quando miro Quegli ancorpiù senz'alcun fin remoti Nodi quasi di stelle, Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo E non la terra sol, ma tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle O sono ignote, o così paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole Dell'uomo? [...] [...]qual moto allora, Mortal prole infelice, o qual pensiero Verso te finalmente il cor m'assale? Non so se il riso o la pietà prevale. [...] Non ha natura al seme Dell'uom più stima o cura Che alla formica[...] [...] Caggiono i regni intanto, Passan genti e linguaggi: ella nol vede: E l'uom d'eternità s'arroga il vanto. E tu, lenta ginestra, Che di selve odorate Queste campagne dispogliate adorni, Anche tu presto alla crudel possanza Soccomberai del sotterraneo foco, Che ritornando al loco Già noto, stenderà l'avaro lembo Su tue molli foreste. E piegherai Sotto il fascio mortal non renitente Il tuo capo innocente: Ma non piegato insino allora indarno Codardamente supplicando innanzi Al futuro oppressor; ma non eretto Con forsennato orgoglio inver le stelle, Né sul deserto, dove E la sede e i natali Non per voler ma per fortuna avesti; Ma più saggia, ma tanto Meno inferma dell'uom, quanto le frali Tue stirpi non credesti O dal fato o da te fatte immortali. 09/07/04
e quinci il mar da lungi e quindi il monte
con una luna così
con una luna così, come si fa, ditemi voi, come si fa a non aver nessuno a cui donarla? con una luna così non ci si fa proprio e il pensiero un po' vagabondo cerca nelle suggestioni di dialetti e lingue inusuali qualcosa che esprima tutta la dolcezza. e sto così, il naso in aria come i bambini. con le mani ingombrate di sporte straripanti d'emozione. un'emozione a buon prezzo di quelle che da sempre è facile trovare, un'emozione diffusa e quotidiana come il pane. ma come il pane quasi golosa ogni volta che sorge, come quel profumo che ti investe all'alba dopo una notte zingara. scagiono il mio animo e cerco alibi in poesie già scritte, in versi già cantati. tanta bellezza sbeffeggia l'umana mediocrità. tanta bellezza piange la sofferenza. perchè così tanta bellezza, troppo spesso sfugge. si nasconde dietro ai minuti incalzanti, dietro al rumore come dietro alle nubi. e si riaffaccia di tanto in tanto in nuove forme, arditi spicchi, scorci ammiccanti di luce. tra i tetti affaticati dal giorno, accaldati, dove ribolle tutta la stanca umanità, appare. dove sospira l'illusione piccola umana d'aver costruito un riparo contro il dolore, appare. e splende occhio amorevole di madre, compassione e tenerezza e sapienza di chi lascia agli errori il loro tempo per essere commessi, riconosciuti, rimpianti. con una luna così star soli è poco impegnativo. te la godi, t'immlumina e t'abbraccia. con una luna così star soli non ti deruba ma t'empie ancor più le braccia di ingombranti sporte, cariche pesanti che segano i polsi. e ti fermi. sulla strada. attendendo, sperando che qualcuno, di cuore e braccia forti t'aiuti a riprendere il viaggio. 02/07/04
Napule ca nun more
i "sensi unici simbolici", i semafori "rossi per far colore", le lambrette con 4 passeggeri in contromano, le macchine parcheggiate in terza fila in strada a doppio senso di marcia con autobus che ti passa accanto e senti l'odore della lamiera, i pedoni che si gettano improvvisamente a vedere come sta la tua coppa dell'olio, i motociclisti che non si pongono il problema di dover guidare in città ad una velocità un tantino inferiore all'autostrada e ai circuiti appositi... questa è Napoli, così come ti appare se disgraziatamente dal centro-nord ci arrivi in macchina. Napoli è bella e strana. è amore e sofferenza, è profumo di mare e fetore d'abbandono. è grandiosità e decandenza. è dolcezza e violenza, è risata sguaiata e baciamano. ha un'antica cortesia nobile è inchino, è abbraccio e sputo in faccia. è il maschio angioino, imponente e grandioso, solido e irremovibile isolato come un re sul suo trono e i palazzi fragili, sciupati, che affollano i vicoli e si sporgono per respirare su in alto, come mancasse loro l'aria. è minaccia e promessa, napoli, è ricordo d'antichi fasti e disillusione, è orgoglio e opulenza, è penuria e nostalgia. ed è passione sfrenata, è piacere del cibo e della bellezza, è lussuria e gola, è peccato e devozione.è poesia e musica. è un sussurro romantico all'orecchio, è un amarsi senza respirare, è istinto e bon ton, è saper ammiccare e far battere il cuore. Napoli è un amante amato che ti tradisce e ti fa chiagne' ma che non puoi smettere d'amare per tanto che t'ama e ti fa snetire una regina...
'A LUNA E 'O MARE Pisano - Falvo Diceva 'a luna janca: "Oje mare, mare... nun voglio fá cchiù luce quann'è 'a sera... Mme dispiace pe' sti marenare, ma, a stu paese, nun ce vengo cchiù... Ccá se spassano a fá 'ammore quann'io sóngo chiara chiara... E nun sanno ca pur'io tengo nu core, comm''o tiene pure tu... Oje mare, mare... a Napule só' tutte 'nnammurate, 'e ffemmene só' troppo appassiunate... Mme ne vaco... Accussí voglio vedé comme fanno senz''e me..." E rispunnette 'o mare: "Oje luna, luna... chi, meglio 'e te, mme pò dá cchiù ragione? Ma tu t''e gguarde sulo, pe' furtuna, mentr'io nun saccio cchiù che suppurtá... Varchetelle a centenare... Vase, lacreme, suspire... E po' doppo, siente 'e dicere: - E' stu mare ca peccato ce fa fá! - Oje luna, luna... a Napule só' tutte 'nnammurate... 'e ffemmene só' troppo appassiunate... Mme ne vaco, accussí voglio vedé comme fanno senza 'e me!..." Nu viecchio piscatore ca sentette chistu trascurzo fatto dint''a notte, "Tu nun capisce, oje luna, - lle dicette - si te ne vaje che male ce puó' fá!?... Ccá se magna pane e ammore, ccá se canta pe' stu mare... E si, overo, tutt'e duje tenite core, nun ce avit''a abbanduná!..." 'A luna e 'o mare, sentenno stu pparlá doce e curtese, dicettero: "Chi 'o lassa stu paese? Va' nce 'o ddice ca restammo sempe ccá... pe' delizia 'e 'sta cittá!" 29/06/04
Seta nera
Stendi la seta, mia mano tremante,che il morbido bagliore d'ebano avvolga le sue candide membra; Stendi la seta, mia mano golosa, che il calore non fugga via da quel nido di tenerezza; Stendi la seta, mia mano avventuriera, che ci vuole coraggio e passione per addentrarsi nella selva dei suoi pensieri, nel bosco eterno dei suoi desideri; stendi la seta, mia mano stanca del giorno, per rifugiarti nell'ora che segue il crepuscolo, stendi la seta per nasconderti e per nasconderlo al mondo, perchè niente si sgualcisca all'agguato del volgare.25/06/04
un anno dopo... (ancora sull'isola d'elba)
Domenica sera, a casa (22.06.2003 ore 20.00) Il ronzio di una vespa accompagna innocuo quello dei miei pensieri. Davanti a questa terra, davanti a questo mare che sento così miei, io con il mio Spirito: non c’è niente che non sia in armonia. Il cielo mi offre sbuffi di bianco, leggere striature, uno spegnersi dell’azzurro nella foschia dell’orizzonte. Assolutamente appropriata la cornice di oleandri. Un colombo appollaiato sul filo della luce come sospeso nel nulla sembra assorto e tranquillo,
il buongiorno si vede dal mattino
un buon giorno è svegliarsi (nonostante sia davvero troppo presto), entrare sotto la doccia calda per togliersi il sale dalla pelle (retaggio di una giornata al mare finita troppo tardi per non essere pigri), fare colazione al bar, tornare verso casa con delle rose sul cruscotto e scoprire che alla radio danno i led zeppelin e eric clapton. poco traffico e molto sole sull'autostrada e il pensiero che ti attende un fine settimana incredibile! buongiorno tutto il giorno! 25/06/04
paesaggio d'estate (il lato divertente della lingua italiana)
striscia la serpe, sibilando si insinua nella fessura del suolo estivo, spaccato, riarso dal solleone. lontano, lucente, la luna illumina lividi laghi e ali leggere fluttuano nel flebile alito d'una folata. l'azzurro prezioso rivela zone di rara attrazione, una notturna gazzarra di gazze impazzisce nel lazzo di un volo azzardato. strozzati rivi sgorgano rauchi e scorrono rapidi tra gli irsuti rovi. tra arcaici rumori riecheggia chiaro il verso dell'airone e la rana gracchiante riporta al ricordo rari ritmi randagi rivisti e vissuti in roride primavere e arditi percorsi tra erbuti sentieri. cosa non può causare al cervello una giornata di lavoro...23/06/04
il peso delle parole
"Gabriel Péri " Un uomo è morto e aveva a sua difesa Solo le braccia che apriva alla vita Un uomo è morto e aveva per sua via Solo quella dove s'odiano i fucili Un uomo è morto e continua la lotta Contro morte contro silenzio. Perché tutto quel che volle Anche noi l'abbiamo voluto Noi lo vogliamo oggi Che la gioia sia luce nel fondo Degli occhi nel fondo del cuore E la giustizia sul mondo Ci sono parole che fan vivere E sono parole innocenti La parola calore la parola fiducia Giustizia amore e la parola libertà La parola figlio e la parola gentilezza Certi nomi di fiori certi nomi di frutti La parola coraggio la parola scoprire E la parola fratello e la parola compagno E certi nomi di luoghi e paesi E certi nomi di donne e d'amici E con questi Péri Péri è morto per quel che ci fa vivere E diamogli del tu gli hanno spezzato il petto Ma grazie a lui ci conosciamo meglio E diamoci del tu la sua speranza è viva. (P. Eluard) 1942-45. Trad di Franco Fortini
il valore delle parole, il valore negato. ci son parole che spogliate del loro significato rimangono suoni inutili, nè propizi, nè dannosi. ma ci son parole, e son parole grandi, che depredate del significato fanno male e creano dolore. una per tutte la parola amore. che è una parola così grande e così profonda che comprende il rispetto, la sensibilità, la stima, l'affetto, la dolcezza, la sincerità, la passione, la tenerezza, la libertà e la necessità. che è una parola così grande che contiene decine di parole che servono tutte e che divengono, se tradite, armi improprie, violente e insensante, incomprensibili e cattive, come l'onda anomala di un mare senza vita, senza pesci nè coralli nè alghe nè molluschi, senza colore nè lucentezza. è per questo che va conservata. Non nascosta sotto il materasso come inutile denaro fuor di valuta ma usata con parsimonia, come fosse un concetto fragile invece che la parola forte che di fatto è. ormai nessuno sta attento alle parole. lo si è capito, oramai. ma vi prego, un occhio di riguardo per le parole grandi. 21/06/04
così percossa attonita la Nina al nunzio sta(*) - sulla democrazia
mio fratello ascolta manu chau. e vabbè, direte, lo fanno in tanti, VA DI MODA. sì, ok. però mio fratello ha me, che gli ho tartassato le palle fin dai tempi antichi con
e addirittura il cane
"...uccide l'ex sindaco del paese ad accettate, poi torna a casa e spara ai due figli e ADDIRITTURA al cane, a cui pare fosse molto affezionato" mamma mia, che cosa non può fare la pazzia eh? vabbene uccidere ad accettate un uomo e sparare ai tuoi due figli...ma il cane! ahhhhhh sparare al cane vuol proprio dire essere un mostro! che cosa bella l'"informazione" televisiva. Zelig è niente, a confronto. 17/06/04
Teatro officina sao paulo
sono stata a vedere uno spettacolo teatrale. non mi capita spesso, devo ammettere (come mancanza) perchè con cinema e con il teatro per vari trascorsi non ho un buon rapporto. E infatti lunedi sera ci son capitata per caso. Comunque sia. "O Assalto" in portoghese. Bello, davvero bello. I due attori hanno cavalcato la scena animandola con vibrazioni indimenticabili e con un'energia travolgente e riuscendo a dare visualizzazione fisica dei moti psicodrammatici che dovevano creare. comunque sia. sono una persona che difficilmente prova dell'attrazione profonda per qualcuno. ultimamente poi, sono un disastro. Di solito se accade che io provi attrazione per qualcuno, si rivela che: A) è infattibile (con tutta una gamma fantasiosissima di motivi vari ed eventuali) B) il soggetto è pazzo (idem some sopra) ho conosciuto le persone più strane, incontrato i peggio soggetti. All'inizio mi innamoravo perdutamente sempre e comunque. adesso quasi più (e questo è un bene). All'inizio mi concedevo assai facilmente. adesso assolutamente no (da quando ho capito un concetto che mi risultava ostico. tipo: io ho voglia di scopare con te. tu hai voglia di scopare con me. MA se io scopo con te, tu mi consideri una zoccola. credo che ci sia qualcosa di perverso in questo modo di ragionare ma tralasciamo) Quest'ultima cosa però tanto buona non è. perchè era uno dei miei pochi vizi (ebbene si, sono una ragazza perbene, non mi drogo e bevo solo di tanto in tanto quantità ridicole di alcool che mi riducono modello ghiaino post schiacciasassi). e perchè mi piaceva. insomma il sesso è bello (di far l'amore proprio non se ne parla nemmeno, troppa grazia) ma sto divagando. insomma dopo diverso tempo in cui solo alcuni strordinari soggetti (dico alcuni per non costringermi ad aprire gli occhi sul deprimente numero reale, concedetemelo, vi prego)mi avevano creato delle emozioni o simili (la primavera quest'anno ha ritardato il suo avvento probabilmente per spirito di compassione e solidarietà con la sottoscritta), ho provato dell'attrazione fisico-intellettuale per una persona. Uno degli attori, ovviamente. Altrettanto ovviamente non si è concluso niente per una serie di fantastiche conicidenze che non sto a spiegare in questa sede e direi alla fine meglio così. Ma ho gli ormoni che si sono svegliati e festeggiano da tre giorni, brindando e gridando al miracolo. direte: e quindi? e quindi... e quindi... che facessi da ricettacolo di personaggi ingestibili (in ogni accezione) lo sapevamo. che avessi una straordinaria predisposizione all'inusuale era già cosa nota. che, altresì, fossi incredibilmente portata all'autolesionismo nella scelta istintiva dei miei rapporti umani era appurato. ma addirittura questo è troppo. addirittura l'attore bisessuale brasiliano in partenza per
schok (devi farne di strada, bimbo, se vuoi scoprire come è fatto il mondo)
Ieri sono andata a votare. L'ho fatto perchè credo che i diritti così faticosamente conquistati acquisiscano ad honorem la carica di DOVERI. L'ho fatto perchè credo che sia a livello regionale che europeo fosse necessaria una presa di posizione ben definita. Votare CONTRO. Che strana esperienza. Votare CONTRO Berlusconi e il centro destra. Che io debba sprecare il mio voto per porre rimedio a una situazione insostenibile di governo mi lascia perplessa. Ho fatto politica fino da pischellina. Ero nota per essere piuttosto intransigente sulla purezza dell'ideologia e sull'azione politica. Non ho mai fatto politica per distruggere, sempre per creare, per realizzare l'ideologia nella realtà. a quasi 27 anni mi trovo a votare contro. e già questa non è una cosa che mi piaccia (poi in effetti ti guardi intorno e sei quasi contento. che ti puoi permettere di dire "ehi ho votato l'Ulivo ma SOLO perchè dobbiamo liberarci del centrodestra!" e ti slavi in corner. Pensate solo a dover ammettere di aver votato uno qualsiasi dei partiti in lizza senza una scusa. inorridisco). Ma comunque. Evito di sentire campagne elettorali. di guardare i manifesti. di accendere la radio. tutto questo per una sorta di necessaria anestesia mediatica. Per non aggravare ancor più la fantomatica crocetta. Solo un manifesto mi salta all'occhio. candidato: Cellai. Slogan: "Cellai per Firenze. La rabbia, il riscatto, l'orgoglio" la rabbia per cosa? il riscatto di chi? l'orgoglio perchè? no, perchè a parte di suonare molto fascista, secondo me è proprio insensato! Firenze è una cittadina di bottegai, ordinata, pulita a sufficienza, vivibile, arriva ad esesre noiosa da quanto è tranquilla e inquadrata. Nessuno è arrabbiato, semmai sono afflitti dalla naturale propensione toscana alla lamentela incondizionata ("oioi nini quest'anno la primavera proprio e la un vole arrivare. dio bonino sentimi lì che freddo, pare d'essere a befana" e due giorni dopo "madonnina che caldo e un si resiste, quest'anno l'è proprio tremendo gente mia..."). Chi chiede il riscatto? per cosa poi? da cosa il riscatto? funziona l'economia, pochissima disoccupazione, poca criminalità e in continua diminuzione. boh l'orgoglio...gente si parla di Firenze! e sbandierano Dante e Brunelelschi da quasi 700 anni! che credete un siano orgogliosi? che credete unno facciano pesare anche senza il nostro buon cellai? opperpiacere nini, e bisognerebbe ma falli smettere con tutto 'st'orgoglio, altro che! ma comunque quello che m'ha colpita di più (proprio shockata più che altro) è che in cabina elettorale mi son trovata a DOVER votare il sig. Matteo Renzi. Ora il sig. Renzi è un'ottima persona. Dedito, gentile, ottimo politico. e io posso dirlo. perchè io lo conosco bene. perchè il sig. Renzi veniva a scuola con me, al Regio Liceo Dante (Firenze) facevamo politica insieme...io alle primissime armi lui personaggio già da tempo affermato. Abbiamo partecipato ad assemblee, consigli di istituto, rinunioni del comitato studentesco. fa un certo effetto vederlo oggi in lista per l'Ulivo. già... specie perchè da "bambini" io mi presentavo con la "Lista di Sinistra" e lui... con CL Comunione e Liberazione. 14/06/04
Petriolo (torniamo alla sdolcinatezza preposta)
In sintonia totale con l'Universo. La mia pelle è chiara e la luna le scivola addosso come una carezza. La mia essenza si sublima, diviene vapore che crea misterioso giochi di ombre. Si confondono i miei lineamenti con la pietra lattea, levigata...sfumati dall'acqua che dolce e impetuosa inonda, avvolge, nasconde i miei brividi. Ho fatto, stasera, l'amore con l'Universo intero e con te. Dolce, dolce, naturale, sensuale abbandono. Ho aperto le braccia come per volare. Ho aperto le gambe per accoglierti, come brina notturna, come il solito vento, come vapore, come l'odore primitivo e acre che penetra sottopelle e nel cuore...e le acque fresche erano i tuoi occhi profondi e scuri. Mi sento straordinariamente bella stasera seduta a guardare sorgere la luna su questo scoglio. Attraverso i secoli, come l'acqua ha reso la pietra velluto, così la mia anima ha scoperto la tua. E qui, di nuovo sei mio diletto stasera, in questo ardito raggio di luce perlata, in questa nube d'effimero che si prende cura di me. Attraverso i secoli, come dalla terra sgorga il tepore della cascata, dal mio cuore appare, maestoso come un sovrano, Amore e prende possesso dei suoi dominii e diviene complicità, e diviene intesa, e diviene sintonia, e diviene condivisione e comprensione. Mi manchi adesso, di una nostalgia dolce e solo leggermente malinconica. Mi manchi tu che forse non esisti, che forse sei solo il fantasma di ricordi atavici... Nostalgia nasce da un regalo rimasto tra le mani poiché nessuno c'è a sorriderne, una poesia e questa luna stasera. La sensazione più bella è sentirsi parte del tutto è stare seduta su questo scoglio, nuda come nuda è la pietra e percepire secoli già vissuti su quello scoglio forse come acqua, forse come spirito. La sensazione più bella è che non c'è disperazione, perché sei qui, accanto a me.10/06/04
stelle e strisce: il carnevale della democrazia
non avrei voluto. lo giuro. avrei voluto che questo blog fosse SOLTANTO tremendamente smelenso come una vischiossissima melassa. IO volevo fare la donzella, scrivere versi zuccherosi e malinconici e abusare di immagini poetiche da acquerello. E c'ero quasi riuscita! volevo dare libero sfogo alla parte di me che usualmente viene ricacciata in modo assai brutale, volevo fare per un po’ la fanciulla devastata da drammi amorosi e simili, che parla con registri linguistici di stampo romanticheggiante alla Jacopo Ortis e che si crogiola in pseudo teorie fataliste di vago aroma new age.. “della guerra sono stanca ormai al lavoro di un tempo tornerei a un vestito da sposa o qualcosa di bianco per combattere questa mia vocazione al trionfo e al pianto” (L. Cohen, trad. F. De Andrè “Giovanna D’arco”) Niente. Non ci sono riuscita. È, infine, come resistere alla tentazione di cacciare una mosca ronzante dalle orecchie. Praticamente impossibile. Mi infastidiscono gli Stati Uniti (applausi sarcastici, sì lo so che non son l’unica ma perdinci se non posso nemmeno sfogarmi sul mio blog…eccheddiamine sgrunt!). Chiariamoci: io AMO gli Stati Uniti, ADORO gli Stati Uniti. Mi piacciono i paessaggi sconfinati, un sacco della musica che viene di là e i pomodori. Mi piace anche parecchio il prototipo di uomo “pellerossa”, ma quelli li hanno sterminati quasi tutti non è che sia rimasta tanta scelta. Il mio problema è che me li trovo in mezzo ad ogni piè sospinto. E mi fanno inciampare. E non è carino inciampare in un Mc Donald’s, perché puzza di quella puzza che ti rimane addosso anche quando ti sei rialzata e allontanata (che il mio fegato inizia a lanciarmi improperi di avviso come dire “oddio che odore! non avrai mica intenzione di mangiare quella roba?????” no, non ce l’ho l’intenzione di mangiare quella roba. Sono solo inciampata). Siamo nella terra del vino. Tutti lo sanno. Noi e
Giove di giovedì
OK. Faccio da ricettacolo. Mi hanno proposto un impego nelle maggiori aziende del mondo per la selezione del personale: se reagiscono clamorosamente bene alla mia presenza e mi si appiccicano sono indubitabilmente pazzi e poco affidabili. vabbè. Ieri sera, giovedì, torno a casa dopo una serataccia (che belli gli eufemismi sul quotidiano!). Arrivo nei dintorni di casa e ad un angolo in piena città c'è un tizio con un enorme telescopio. Penso: se non trovo posto troppo lontano gli chiedo cosa diavolo stia cercando di vedere che c'è più inquinamento luminoso che in Paradiso. Trovo posto DAVANTI al telescopio. "scusa...che guardi?" "le comete!" "le...comete...ahhhh" "sì! sono due, sono qua intorno, le sto cercando" "ma qui? con tutta 'sta luce?" "eh bè ma è solo per puntare bene il telescopio poi vado in montagna" "ahhhh" "ho attraversato anche la strada ma non le vedo, eppure devono essere qui!" sollevo gl occhi al cielo. è di un colore soffuso vicino al violaceo. Non vedresti una stella nemmeno avesse già bucato l'atmosfera. "vuoi vedere Giove?" "eh?" "Giove, vuoi vederlo? è quella stella là brillante!" effettivamente aguzzando la vista riesco a scorgere un'unica stella piuttosto luminescente "certo che voglio vederlo, grazie!" soddisfatto posiziona il telescopio e d'improvviso, incredibilmente mi trovo davanti una delle cose più belle che abbia mai visto. Il pianeta rosa e azzurro con due satelliti intorno che si muove sulla sua orbita a velocità impensata" il tipo continua a cercare le comete. Ride forte e non ascolta in evidente alterazione da alcool e sostanze psicotrope (come dicono i figli dei fiori che oggi hanno 50 anni e ancora i capelli lunghi). Gli do' la buona notte e m'allontano. D'umore assai migliore. Bel regalo...Giove...di giovedì! 21/05/04
Isola D'Elba
Sabbia finissima e un cielo ricamato di stelle. Il mare mi accoglie benevolente fresco e quasi materno. Fragore dolce di onde che cantano gesta antiche di Dei e Marinai e Pescatori per cullarmi nel sonno. Luci di lontano, La luna è tramontata presto lasciando spazio all’oscurità vanesia agghindata di tutto quell’argento sparso, finissima filigrana siderale. La miniera ha un non so che di violento. Tutto intorno la terra è scavata, tagliata, depredata. Il rosso ferro, come antica traccia di sangue sgorgato da ferite profonde e dolorose, arde al sole e nessuna vegetazione gli offre ristoro e tregua. La miniera ha un non so che di violento e vederla morente, distrutta dà un senso di impero caduto, di patetico mostro sconfitto e la sagoma barcollante è ormai solo l’ombra sconnessa della passata grandezza, Intorno, capre godono l’ombra negli anfratti della scogliera. Sbeffeggianti esserini dal lamento tremulo e dalle gambe esili, varcano le soglie dell’equilibrio spingendosi su costoni impervi di rocce scoscese appena spazzolate di erbe dai profumi inebrianti. Sotto, il mare, compensa la poca vegetazione con uno sfoggio carnevalesco di colori Nuoto vicino al fondo e mi sento totalmente a mio agio non fosse per quel dolorino tra petto e polmoni che mi ricorda che devo respirare. Mi sento molto sola, quello sì, e il mare consola. Il mare soltanto e non lo schiamazzo di voci familiari, l’organizzazione perfetta per la comodità in spiaggia o in barca. Vorrei far tacere le voci, bloccare i gesti, far sparire borse frigo e ombrelloni. Ho visto stelle cadenti anche quest’anno e anche quest’ano ho espresso lo stesso desiderio. Ma a San Lorenzo no. Non mi piace la notte di San Lorenzo, mi ricorda una notte non vissuta ma terribile. Quella canzone di De Gregori è molto efficace. A San Lorenzo vedo solo nubi scure, cariche di notte e d’elettricità. Mio babbo sembra molto felice qua. Diventa, a suo piacimento, marinaio e pescatore, muratore e boscaiolo. Mi guarda immergermi con orgoglio, mi fa guidare il gommone, siede con la sua pancetta e gli amici alla sera a bere vino o vodka fruttata. Dorme rumorosamente e si alza presto. Raramente lascia la colline per accondiscendere alla confusione estiva. Credo di assomigliargli più del previsto. Mia mamma ha dolcezze arretrate da sfogare, vorrebbe rivivermi bambina. Ha un modo di fare un po’ ostentato e disagio e nervosismo, non le piace la solitudine della collina. Si adopera in mille attenzioni e fa da mangiare. I vicini, amici, intorno sono dolmen d’infanzia. Mi sembra di scivolare giù, giù in fondo al tempo e rivedere quegli occhi e quei vis. I loro figli sono tutti fuori ed io, baluardo fragile di unione familiare, sono vezzeggiata alla nausea. Mamma vive per le offerte dei supermercati. Compra ciò di cui non ha bisogno purchè sappia d’averlo pagato meno. Oggi, come previsto, è stata una giornataccia triste, malinconica. Neppure il mare oggi…Mi accoglie senza amore, quasi indifferente, come fosse giustamente annoiato della mia insoddisfazione. Mi allontana costringendomi al sole, a riflettere su quanta bellezza abbia intorno. Si è alzato il vento stasera. Mare e vento e in mezzo io coccolata dai miei elementi e da una luna commovente. Mi vesto d’azzurro, azzurro non lo posso quasi più chiamare questo colore che ha perso la sua essenza di bambino…19/05/04
riflessioni sulla casualità malinconia da tardo pomeriggio
Signore e Signori...sono di formazione medievalistica e forse sarà per questo che non riesco a rinunciare alla concezione di una qualche sorta di provvidenza che mantiene in sè una ragione per ogni incontro ed ogni accadimento. ad oggi capisco bene perchè ho incontrato persone che si sono rivelate e continuano a rivelarsi fondamentali nella mia vita: chi m'ha insegnato il coraggio, chi l'ostinazione, chi mi ha offerto la possibilità di far girare la ruota della mia vita nel verso giusto...chi m'ha restituito una parte di me che avevo perduto, chi ha risvegliato la concretezza e chi il mio senso pratico. Qualcuno, più d'uno, nel bene e nel male, ha costretto la mia forza a presentarsi alle porte della mia coscienza e a farsi sentire. Non mi manca niente. Ho un lavoro, una casa, qualcosa per cui sognare e lavorare, una passione ostinata, amici inimitabili. Non mi manca quasi niente. Sono forte ed equilibrata, lo dicono tutti. come al mio passaggio risuonasse un "ooooooooh ma che donna forte". Non mi manca quasi niente, ma sento la mancanza della debolezza. O meglio, di debolezza ce n'è in abbondanza, mi manca la libertà di lasciarla fluire. Perchè non c'è nessuno che possa prendere il mio posto per un eventuale momento di debolezza, nessuno che controlli per me che non si bruci il pollo in forno ;-) orbene, mi piacerebbe capire a questo punto quale sia la ragione profonda di questa mia solitudine non scelta. Mi piacerebbe capire che senso ha, per il Destino o chi per lui, avermi resa consapevole di cosa sia l'Amore per poi negarmelo. perchè un senso lo deve pur avere. Per adesso ho capito solo una cosa: ogni volta che vorrei che ci fosse qualcuno a prendersi cura di me e quel qualcuno non c'è, e riesco a dormire lo stesso, e mi risveglio con la soddisfazione d'essere stata forte una volta di più, ecco, quella sensazione è una grandissima menzogna. Perchè non si è più forti, si è più chiusi... tra l'altro...l'immagine qui di seguito secondo me è l'emblema di come sia sfuggente ed illusoria la nostra percezione del sentimento con