lunedì 28 luglio 2008

controcorrente

in controtendenza a tutti i miei amici che emigrano in posti freddi come l'Inghilterra, l'Olanda e la Germania, la Natura, saggiamente, si presenta:

Pinguini sulla costa soteropolitana...

Coelho...arrosto con le olive

è il terzo (quasi quarto) che leggo di lui. "Undici minuti".
Preceduto da: "Veronika decide di morire", "l'Alchimista" e il "Manuale dei guerrieri della Luce" (che ho letto a spizzichi e bocconi perchè già non sopporto aforismi e massime, in versione così messianica poi, proprio non ce la fo).
Non so perchè ne ho letti quattro. Solitamente mi accade che, se un libro mi piace, leggo tutto il possibile della bibliografia dell'autore. Se un libro non mi piace, invece, non ho vergogna a chiuderlo a metà e cancellare il nome dell'autore dalla lista delle possibili letture (dalla memoria no, il concetto è lo stesso del cellulare: dei peggiori contatti non cancelli il numero per poter non rispondere, all'occorrenza).
Di Paulo Coelho, osannato scrittore brasiliano, non c'è stato neanche un testo che mi sia piaciuto.
Non mi spiego perchè abbia tanti riconoscimenti, ma sospendo il giudizio dovuto al fatto che l'ho sempre letto in traduzione (cosa che può nuocere estremamente, se malefatta).
Dalle traduzioni traspare un approccio superficialmente intellettualistico alla realtà, che si concretizza in una serie infinita di luoghi comuni e frasi asettiche, assolutamente non connesse al clima/ambiente del racconto.
Sono libri normalmente buonisti, smelensi più di dieci miei post messi insieme ed estremamente "costruiti".
Non ci sono odori, i colori sono senza sfumature, sono tutte strade ben pavimentate.
E c'è quel senso di superiorità, di atmosfera da poeta-vate, di saggezza concessa che è estremamente fastidioso.
Il primo lo lessi perchè la protagonista aveva il mio stesso nome e quindi il libro mi venne regalato. Una storia che sembrava interessante, distrutta nel suo cammino dal ridondare del linguaggio e della comunicazione del pensiero; e finita senza pietà da un finale banale, scontato e diabetico.
Il secondo - "L'alchimista" - lo lessi perchè mio marito mi chiese di leggerlo. Per lui era un testo molto importante e me lo aveva regalato. Spero che in portoghese sia più curato perchè nella traduzione italiana ho trovato addirittura alcuni errori di sintassi davvero fastidiosi.
Il "Manuale" me lo regalò un amico che si sentiva molto guerriero della luce. Ha una bella edizione, tutto blu e piccolino. Peccato sia il Regno del Luogo Comune e della Sapienza da due soldi.
Di "Undici minuti" (regalo di mio fratello che non ha idea di cosa siano la buona e la cattiva letteratura ma mi ha voluto fare cosa gradita: "a mia sorella piace leggere+a mia sorella piace il Brasile+se chiedo di un libro di un autore brasiliano chiunque mi indica Coelho=sarà il regalo perfetto!") mi avevano detto che fosse diverso dagli altri. Anche l'autore stesso lo crede diverso, nella prefazione al libro.
Ora: potrei fare un inciso in cui deplorare l'autoreferenzialismo e la vanagloria di uno scrittore che introduce uno dei suoi libri attraverso la narrazione di un incontro con uno dei suoi "fans", ma forse divagherei. E comunque l'ho già fatto. E visto che l'ho già fatto aggiungo che, nel libro, Coelho fa dire alla protagonista che uno dei suoi libri fondamentali era "l'Alchimista"! Non esplicitamente, chiaro, ma chi ha letto il libro lo riconosce. Ebbene: trattandosi di storia vera, può pure essere che "l'Alchimista" sia stato realmente un testo fondamentale per una brasiliana con studi appena superiori proveniente dall'interno. Ma il buon gusto ha comunque regole tacite piuttosto chiare, in merito.
La copertina mi aveva messo in allarme (i bompiani in A5 con copertina rigida sotto e asportabile lucida sopra: l'inferno dell'estetica editoriale) ma i numerosi input di "rivoluzione Coelhana" mi hanno spinto ad avventurarmici.
E mi son chiesta cosa diamine ci hanno trovato di diverso.
La narrazione è sempre lì: asettica, senza picchi e senza sbalzi; il registro linguistico costante e immutabile: lontanissimo dalla strada, dal locale, dal Paese. La sofferenza e la gioia solo descritte come in un fotoromanzo senza foto. Le perle di saggezza abbondantemente sparse come sgranate benevolmente da un filo di bigiotteria improvvisamente rotto.
Lo hanno definito un romanzo crudo perchè parla di prostituzione e sadomasochismo. O forse perchè parla di rapporti umani malati e difficili, crudi e secchi come esistono nel mondo reale. Ma non è affatto crudo perchè ne parla in modo lontano, senza emozione, senza batticuore, senza nemmeno il contrario, senza la freddezza di chi diviene freddo e asociale per l'esperienza amara, senza il cinismo della sopravvivenza.
è un modo di scrivere patinato in cui il crudo si affida all'oggetto e non ai suoi colori, ai suoi suoni.
Consapevole di quanto questo mio giudizio sia poco soddisfacente, molto sommario e assolutamente squilibrato direi che per me "Unici minuti" è un libro brutto. L'ennesimo libro brutto.
Forse un giorno leggerò qualcosa in portoghese per assicurarmi che non sia una particolare sfortuna di Coelho nella scelta dei traduttori.
In buona sostanza mi piace Coelho*, lo adoro: al forno, con le olive.





* Coelho in portoghese significa Coniglio

domenica 27 luglio 2008

Viaggi e Ritorni

è un certo brivido che mi pervade al pensiero.
o a vederla ritratta nelle foto e nei video.
Salvador Regina, il gesto regale e magnanimo di darti il benvenuto all'aeroporto con la sua veste preziosa e antica di fronde di bambù.
Salvador... che decide lei, se farsi conoscere o no. Di personalità e stomaco forte non ammette intrusi. Se ti si concede è la droga dello spirito, nella sua magia intensa, nel suo cuore di tamburi, nelle sue divinità capricciose e potenti, nella sua bellezza di camaleonte che ne fa Signora e Schiava, altezzosa e cordiale, sorridente e vendicativa.
Ancora una volta esploro il mio spirito sistemando lo zaino in attesa della partenza.
Oh Salvador, tre anni fa non avevo fretta alcuna di partire...abbandonata tra le lenzuola d'amore e sudore, di lacrime e paura e gioia infinita.
Oggi conto i minuti per sdraiarmi sulla tua terra viva, per respirare il bambù all'alba e abbandonare la tensione alle tue bianche sabbie.
Tensione di tre anni lontana, di tre anni di mutamenti e battaglie, di tre anni di un amore grande che, adesso, mi aspetta insieme a te.
Sono le strade del destino, i legami grandi e potenti che ho trovato frungandomi nelle scarpe e nel cuore.
Salvador della mia anima, Salvador delle mie dita, dei miei occhi, del mio sorriso. Salvador dei miei anni passati lenti, dei miei anni pieni di lezioni, dei miei progetti, del mio passato. Salvador di saudade e emozione, Salvador di musica e odori già conosciuti prima di sentirli.
Salvador di parole cantate e suono dolce della lingua, Salvador di pessima musica e di musica meravigliosa, Salvador di rispetto, di intesa profonda.
Salvador di foresta e d'Africa, di bianco vestita e di stoffe lavorate e di perline di vetro e terracotta.
Salvador del mio cuore.




Seus pés irão tocar
E vai molhar seus cabelos
A água azul do mar
un giorno i tuoi piedi
toccheranno la sabbia bianca
e l'acqua azzurra del mare
bagnerà i tuoi capelli

Janelas e portas vão se abrir
Pra ver você chegar
E ao se sentir em
casa sorrindo vai chorar
Finestre e porte si apriranno
per vederti arrivare
e nel sentirti a casa
sorridendo piangerai

Debaixo dos caracóis dos seus cabelos
Uma história pra contar
De um mundo tão distante
Debaixo dos caracóis dos seus cabelos
Um soluço e a vontade
De ficar mais um instante
Sotto ai tuoi riccioli
una storia da raccontare
di un mondo davvero distante
Sotto ai tuoi riccioli
un singhiozzo e la voglia
di starsene ancora un
p
o'
As luzes e o colorido
Que você vê agora
Nas ruas por onde anda
Na casa onde mora
Le luci e i colori
che vedi adesso
nelle strade dove cammini
nella casa dove vivi

Você olha tudo e nada
Lhe faz ficar contente
Você só deseja agora
Voltar pra sua gente
Tu guardi tutto e niente
ti fa felice
tu desideri soltanto
tornare tra la tua gente
Você anda pela tarde
E o seu olhar tristonho
Deixa sangrar no peito
Uma saudade, um sonho
Tu attraversi il pomeriggio
e il tuo sguardo triste
lascia sanguinare nel cuore
una nostalgia, un sogno

Um dia vou ver você
Chegando num sorriso
Pisando a areia branca
Que é seu paraíso
Un giorno ti vedrò
arrivando in un sorriso
calpestando la sabbia bianca
che è il tuo Paradiso


venerdì 25 luglio 2008

casa

il fatto che non mi vada di tornare per il semplice fatto che tu non ci sei, dimostra inequivocabilmente che
casa, per me, sei tu.

E canticchio una vecchia canzone
che mi ricorda che una stanza,
quando è vuota e tranquilla,
è soltanto una stanza vuota e tranquilla.

giovedì 17 luglio 2008

La Cattedrale

Il marmo bianco irradia luce sovrastando i turisti abbacinati.
è come un unico splendore che incanta e conduce a Dio con violenza. Si sposa ai flash dei turisti, a contrastarne il riflesso.
La calura estiva sbatte sull'asfalto e intorpidisce di foschia i vicoli d'intorno e le strade.
La piazza sembra un tutt'uno, la città ingoiata dal candore.
Il tempio del clamore della Chiesa nella sua preziosità, nella sua alterigia, nella sua vanità di splendore terreno.
La gente l'affolla di esclamazioni, di pose rigide davanti agli obiettivi, di bicchieri tintinnanti di monete in mani sudate.
Ma io che son nata qui, la amo all'imbrunire. Quando la piazza prende fiato con il fresco tenue della sera che arriva. Quando i turisti affrettano il passo, attesi dall'abito della sera e i mendicanti si riposano nel vino.
A quest'ora la Cattedrale sgonfia il petto e respira.
Il bianco si dirada, come se la spogliasse, e ne mostra i particolari: i colori e le sfumature dei marmi, le espressioni di santi e profeti, il luccichio vezzoso dei particolari d'oro, l'ammiccare delle vetrate.
Il bianco si dirada e fa spazio alle ombre dei vicoli e della pietra scalfita, alla stanchezza fiera dei palazzi, allo sgattaiolare delle viuzze verso il Palazzo della Signoria.
E si percepisce un Dio dolce, che penetra tutte le cose. Anche il cuore, con naturalezza.
Il tempio del popolo, quasi pagano in tutta questa sua fragile umanità.
Così è la mia cattedrale: nuda, soave e bella.
Quasi trasparente nel candore delicato, la piazza quasi vuota, la sera quasi notte.

mercoledì 16 luglio 2008

divagazioni su libri, librerie, titoli copertine e avventure notturne

Era il lontano 1998. All'epoca l'anfiteatro delle Cascine d'estate era luogo di incontri e di spettacoli o comunque di "cose organizzate" fossero queste mercatini, eventi vari o feste a tema.
L'idea più comune era: andiamo all'anfi, si beve una birra, ci si fa due canne in pace che lì nessuno ti rompe le balle, e si sente un po' di musica.
Ora, c'è da dire che: a me la birra m'ha sempre fatto considerevolmente schifo, le canne non me le son mai fatte e anzi mi davano (e danno) noia pure le sigarette, e riguardo ai miei gusti musicali c'è ben poco da dire visto che non sono un'intenditrice nè un'intellettuale del sonoro. Mi piace la roba più o meno semplice musicalmente e poi a scelta consistente nel messaggio o estremamente ballabile. Insomma: roba che raramente si trova in un posto come l'anfi dove regnavano tecno, punk-rock d'incerta provenienza e il terribile jazz, soporifero per me ignorante non meno del tanfo della marjuana.
Insomma, una mosca bianca. Anche nella mia stretta cerchia di amici con cui mi accompagnavo.
Una delle per me interminabili serate all'anfi, Dio, evidentemente per ricompensarmi di cotal sacrifizio, mi propose un capannone libreria.
Ci feci un giro e d'improvviso venni attratta da un libro con la copertina semplice e con un titolo accattivante. Era "i fiori blu" di Raymond Queinau nella bella ed essenziale edizione EINAUDI con traduzione di Italo Calvino.
Lo aprii, incuriosita.
"Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs. Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti. Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Francesi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevano calvadòs."
Fu, ovviamente, amore a prima vista. In una completezza di emozioni: la curiosità dell'ignoto, la garanzia dell'"intermediario" Calvino, la semplice eleganza dell'edizione, la scoppiettante diversità dell'incipit.
Ed è stata una love-story completa e appagante: di Queinau ho letto (e regalato/ consigliato/ prestato) praticamente tutto il leggibile, in quell'afflato matto e disperatissimo che costringe a percorrere ordinatamente e metodicamente tutta la strada percorsa dallo scrittore a suo tempo.
Bè di perfette congiunzioni così c'è stato solo questa nella mia vita.
Ieri sono andata, dopo tanto tempo, in libreria. Da quando soppressero la vecchia Marzocco andare in libreria sembra sempre un coito interrotto.
Alla vecchia Marzocco trovavi di tutto. C'ho comprato da pischella la biografia e i libri dei testi dei DOORS e un po' più tardi quelli di critica dantesca.
Alla vecchia Marzocco c'erano piccoli librai un po' ricurvi che la conoscevano come le proprie tasche. E che i libri non solo li vendevano ma li leggevano, profondamente. E sapevano tutto di loro: nuove possibili edizioni, colore della copertina, posto nello scaffale, introduzioni, tempi di arrivo. Tutto.
Un vizio meraviglioso vederli muoversi abili e sicuri.
Che non poteva durare, siamo d'accordo. La chiusero insieme (o appena prima) delle altre librerie storiche di Firenze: Le Monnier, per esempio. Oggi "Mondadori" in via S.Gallo. Subito dopo l'inaugurazione ci andai a comprare la trilogia di Calvino per un'amica. Una ragazzotta mi venne incontro proponendomi il suo aiuto. Le chiesi un'edizione che non fosse troppo costosa della suddetta trilogia. Mi porto "Il sentiero dei nidi di ragno". Bellissimo testo. Ma è UNO, non TRE.
Decisi perciò di rifugiarmi nella pur fredda Feltrinelli: poinfine era l'unica rimasta ad avere velleità (seppur limitate) culturali.
Ieri sono uscita da lavoro alle 18,30 e mi sono incamminata verso il centro. Ed il centro è bello, d'estate a quell'ora. Così mi sono attardata persa nei marmi e nella pietra serena tiepida di sole. E quando sono arrivata da Feltrinelli, ho trovato chiuso. Una delusione insopportabile.
Poco più in là rispetto a Feltrinelli c'è MelBooks Store. Il lato positivo? aperta fino a mezzanotte.
I puristi forse inorridiranno ma per me è stata la salvezza ed ho apprezzato.
Dentro, la libreria è fredda d'aria condizionata che nemmeno un'enoteca nel deserto. L'ordine dei libri è logico ed immediato. Una prima scrematura "i più venduti" che al mio orecchio maligno suggerisce una roba tipo "su coraggio, tutti leggono questi libri, hai davvero bisogno di cercare altro? chi ti credi di essere?". Sarò paranoica ma tant'è.
Passo oltre. Il mio obiettivo era comprarmi qualcosa di Jo Soares che mi diverte tanto.
Nemmeno contemplato.
Ho sperato allora nella congiuntura modello "I fiori Blu". Ho preso in mano decine di libri di cui
A) non ricordo autore e titolo (e questo è significativo)
B) avevano copertine o pretenziose o proprio brutte (lo so che il contenuto è ciò che importa ma anche l'occhio vuole la sua parte!)
C) avevano incipit del tipo "lei disse..."
In compenso il personale è cortesissimo e i libri costano poco, così come sono tutti infiocchettati di sconti.
E questa è una buona cosa. Come il chiudere a mezzanotte e darmi la possibilità, nonostante l'orario di lavoro, di passeggiare tra i libri in attesa del colpo di fulmine.
Ho trovato i libri di Izzo, di cui ho appena finito "Casino Totale". Mi son fermata a guardarli. La cosa curiosa è che ho A-D-O-R-A-T-O "Casino Totale" (di cui ringrazio Jacopo) tanto da risultare asociale con le persone vicine finchè non l'ho finito, ma, nonostante questo, non sono riuscita a portarne via nessuno. E non so perchè. Forse perchè il suo è un modo di scrivere che ti prosciuga un po', così secco e tagliente. Forse perchè sembra sempre sul ciglio della ripetizione, dell'autoreferenzialità. O forse per i titoli (non eccellenti, questo mi permetto...) o forse ancora per la cupezza delle copertine (anche se le edizioni Feltrinelli sono per esteticamente inappuntabili per lo meno nella gran parte dei casi).
Ho, alla fine, comprato un'edizione dei vangeli apocrifi sempre di Einaudi (ho il vizio dell'estetica Einaudi!) così come la copia de "Il Vangelo secondo Gesù Cristo" di Saramago (che era tanto che avrei voluto leggere) un'esteticamente terribile edizione Mondadori dei Vangeli Gnostici (Ma costava poco), e altre minchiate prima di concludere con la soddisfazione di portarmi a casa almeno il piccolo ma preziosissimo "una storia d'amore" di J.Guimaraes Rosa ed. Feltrinelli (unica copia nascosta sullo scaffale nda), edizione semplice e bella anche se lievemente contestabile nella scelta dei colori di rilegatura.
Guimaraes Rosa è un'emozione incontenibile di lingua adattata al cuore, che si attorciglia e s'inasprisce per poi farsi bambina e dolce e quasi languida per raccontare del Sertao, del deserto brasiliano e della sua gente.
Ne riporto un brano che m'ha fatto commuovere (e pensare che è in traduzione!):
"Perchè, prima, sbavandosi tutto lungo un fossettino, un ruscello veniva giù per il versante, un rivoletto, saltellante in fretta, per andare a cadere, ben in basso, nel Torrente delle Pietre [...]Un rivoletto snello, puro, ombroso, con definità vivacità e un'allegria e un fragore tutti suoi - ah, in questo non faceva economia: di prima qualità, l'acqua, per bersi. Pertanto decisero di far lì la Casa, vedendo di combinare con la sponda del ruscello [...]Però, giusto in capo a un anno che stavano lì, e quando meno se l'aspettavano, il ruscello cessò. Accadde durante una notte , avvicinandosi il mattino, tutti stavano dormendo Ma ognuno sentì, all'improvviso, nel cuore, lo scoppio del piccolo silenzio che lui fece, la mancanza pungente del chiacchiericcio, del rumorino. Si svegliarono, si parlarono. Perfino i bambini. Perfino i cani abbaiarono. [...] "Ha perduto la voce..." Certezza triste: sempre più profondo, più lontano nei silensi, se ne era andato via, il ruscelletto di tutti."
Ho iniziato a leggerlo in autobus, come di dovere, lasciandomi alle spalle un Duomo che pareva di alabastro.





giovedì 10 luglio 2008

Ancora sul lavoro

Sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2008, n. 42 è stato pubblicato il decreto del 21 gennaio 2008 con il quale il Ministero del Lavoro adottava il modulo informatico per le dimissioni.
Ovvero?
Ovvero a partire dal 5 marzo successivo le dimissioni avrebbero avuto validità soltanto se l'interessato fosse andato ad un Centro per l'Impiego e avesse chiesto ad un operatore di compilargliele.
Questo ovviamente per arginare il ricatto delle dimissioni in bianco, strumento con il quale i datori di lavoro han sempre fatto il bello e il cattivo tempo: vuoi essere assunto? bene, firmami le dimissioni in bianco. Ti voglio licenziare senza giusta causa ma non ho voglia di subire una causa sindacale? Nessun problema: riempio le dimissioni e il gioco è fatto. Chiaramente nel caso di lavoratrici la situazione è stata sempre peggiore: dimissioni anti-gravidanze, dimissioni anti-rifiuto di avances e via dicendo.
Bene.
Il modulo elettronico ha avuto vita breve.
Il Governo ha, ovviamente, annullato il decreto.

lunedì 7 luglio 2008

morire di lavoro

Con un po' di divario cronologico, pubblico una cosina che ho scritto sulla bassezza di un certo tipo di imprenditori. Me l'aveva chiesta un personaggio che culturalmente e politicamente stimo molto. Condivido...


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA - PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. […]
Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo […]
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali[…].
Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Non importa andare oltre nella lettura della Costituzione per poter affermare con certezza che non esista alcun articolo che parli di dovere di morte, dovere di umiliazione, dovere di violenza della dignità, dei sentimenti, dovere di infangare il nome di chi muore innocente.
Eppure, un imprenditore oggi si permette di violare i diritti fondamentali dei cittadini italiani o di chi come loro vive e lavora in Italia, di provocarne la morte ed infine di calpestare le loro famiglie distrutte e il loro nome.
Il titolare dell’Umbra Olii ha fatto chiedere un risarcimento di oltre 35.000.000€ alle famiglie dei quattro operai che due anni fa persero la vita per un’esplosione nella sua azienda.
Quattro operai come tanti, con famiglie come tante, in continua lotta per una vita dignitosa, per garantire ai figli quelle poche garanzie che il sistema del lavoro oggi permette di avere.
Perché non è mica facile mantenere due bimbe piccole. E nemmeno garantire un quotidiano sereno ad un giovane uomo e ad una giovane donna.
Che si sia italiani o stranieri poco conta. Bisogna lavorare. Anche il sabato. Avere molta o poca esperienza non fa differenza. Chi costa meno vince, comunque.
E di sabato Giuseppe, Maurizio, Vladimir e Tullio si sono arrampicati sull’enorme silos.
Probabilmente avranno guardato la valle da là.
La valle così bella che hai la tentazione di credere in Dio.
Un bello spettacolo davvero, doveva essere.
Ma non abbastanza bello da essere l’ultimo. Non abbastanza da poter prendere il posto dello sguardo forte e pieno d’amore di una donna che saluta il tuo rientro, o di quello pieno d’adrenalina di un figlio appena uomo sul go-kart o ancora di quello irrinunciabile di una figlia: che abbia nove anni o diciannove un giorno l’hai presa tra le braccia e, per te, lei non ha più cambiato sguardo.
Un bello spettacolo, la Valle, ma non abbastanza per morire.
Una bella Costituzione la nostra, ma non abbastanza per essere rispettata.
Una bella storia quella di San Francesco ma non abbastanza per ripetersi.
Perché se quel sabato di bello non ha avuto nulla, oggi la richiesta di un solo uomo cancella non solo il bello ma la sua possibilità di esistere.
La vergogna pesa sulla nostra società. Già, la vergogna dei nomi di Giuseppe, Maurizio, Vladimir e Tullio morti nell’esercizio di un dovere e diritto costituzionale.
Adesso la vergogna per la richiesta di questa impresa che uccide la dignità di ogni lavoratore e di ogni famiglia, la dignità di Fiorella, Morena, Anila, Catia, Yuri, Sagma, Branjola, Enrica.
E questa vergogna così pesante, così drammatica ci spinge a condannare l’impresa Umbria Olii e i suoi rappresentanti, per la vergogna che non hanno provato e che non provano oggi.
Questa vergogna che ci rivela come chi è capace di provare vergogna sia ancora uomo, così diverso da chi, senza vergogna, calpesta e infanga la nostra civiltà.

martedì 1 luglio 2008

Impronte digitali


Avevo 15 anni e un sacco di buone speranze nel prossimo cambiamento del Mondo. Dopo un anno passato a fare doposcuola in un quartiere "socialmente problematico" di Firenze decisi di fare l'esperienza della colonia estiva. Come educatrce, s'intende.
Avevo 15 anni e a 15 anni si è giovani ed impreparati quasi sempre perchè non si sa nulla della Realtà se non ci si è dentro fino al collo.
Avevo 15 anni e Milan ne aveva 7.
Il nostro primo approccio fu fantastico: io un po' goffa ma già piuttosto energica nella salopette peruviana ripiegata fino al ginocchio e scalza, armata di shampoo contro i pidocchi e sapone.
Lui in mutande di cotone, le stesse di cento altri bimbi.
Timoroso e aggressivo fissava lo sguardo alla doccia, dietro di me.
Convincerlo che fosse una figata fu difficile almeno quanto trascinarlo via da sotto l'acqua.
Milan era il classico bambino terribile che nessun educatore vorrebbe accollarsi.
Tranne forse una bimbetta idealista e manfana di 15 anni.
A tavola suonava le stoviglie, le lanciava addosso agli altri bimbi, s'arrampicava dovunque.
Faceva a botte e si strusciava in qualsiasi posto potesse sembrare un pavimento.
La sera aveva paura del buio. Ma c'ero io lì e lui mi spiegava:
"Il buio nasconde tutto: i topi e i cani e i topi e i cani sono pericolosi specie se si hanno fratellini piccoli."
Piccoli come te?
"Noooooooo, piccoli davvero! Io sono grande.
Il buio arriva presto al campo e se ne va all'alba.
Il buio nasconde buche e sassi e buche e sassi sono pericolosi specie se si hanno fratellini piccoli.
I fratellini piccoli non sanno correre e a volte nemmeno camminare e però pesano un sacco se si deve andare un po' lontano e la mamma non può venire.
Perchè una cosa buona il buio ce l'ha: che nasconde anche la gente.
Perchè il buio porta il pericolo più grande, la cosa più brutta ma poi ci nasconde perchè la cosa non ci prenda.
La mamma non può mai venire, deve far finta di non averci visto. Io prendo mia sorella che è più piccola e ci nascondiamo nel buio.
Lo faccio sempre: la macchina arriva ha i fari forti che sembra cerchino i bambini.
Tanti bambini restano nel campo perchè le loro mamme non sanno che il buio può nasconderli.
La macchina arriva sempre con il buio.
Scende un uomo, ormai lo sappiamo. Lo chiamiamo l'uomo del buio anche se è bianco più della mia sorella. Prima che la macchina si fermi noi dobbiamo essere lontani. A volte la mamma riesce ad avvertirci prima che torniamo al campo così non dobbiamo nasconderci tra i topi e i cani.
Qualcuno dice che ha un odore buono come un profumo che usano le donne ma si prende le bambine e a volte non le riporta, a volte si e loro stanno zitte per un sacco di tempo e poi piangono e poi picchiano tutti e allora i grandi picchiano loro.
Il buio non lo sai mai che cosa nasconde. I cani, i topi, le buche e i sassi e l'uomo che profuma.
Oppure me e la mia sorella che è più piccola.
La mia mamma lavora e dice sempre che un giorno ce ne andiamo via.
Ma quello che è difficile è che lei ha 4 denti d'oro.
Secondo me sono belli i denti d'oro ma la mamma dice che a quelli che danno lavoro i denti d'oro non gli piacciono."

Il racconto è vero, volevo continuare nello stile in cui ho iniziato ma mi s'è chiusa la vena.
ma sai a chi le prenderei le impronte io?
non fatemi dir nulla va...