lunedì 28 luglio 2008

controcorrente

in controtendenza a tutti i miei amici che emigrano in posti freddi come l'Inghilterra, l'Olanda e la Germania, la Natura, saggiamente, si presenta:

Pinguini sulla costa soteropolitana...

Coelho...arrosto con le olive

è il terzo (quasi quarto) che leggo di lui. "Undici minuti".
Preceduto da: "Veronika decide di morire", "l'Alchimista" e il "Manuale dei guerrieri della Luce" (che ho letto a spizzichi e bocconi perchè già non sopporto aforismi e massime, in versione così messianica poi, proprio non ce la fo).
Non so perchè ne ho letti quattro. Solitamente mi accade che, se un libro mi piace, leggo tutto il possibile della bibliografia dell'autore. Se un libro non mi piace, invece, non ho vergogna a chiuderlo a metà e cancellare il nome dell'autore dalla lista delle possibili letture (dalla memoria no, il concetto è lo stesso del cellulare: dei peggiori contatti non cancelli il numero per poter non rispondere, all'occorrenza).
Di Paulo Coelho, osannato scrittore brasiliano, non c'è stato neanche un testo che mi sia piaciuto.
Non mi spiego perchè abbia tanti riconoscimenti, ma sospendo il giudizio dovuto al fatto che l'ho sempre letto in traduzione (cosa che può nuocere estremamente, se malefatta).
Dalle traduzioni traspare un approccio superficialmente intellettualistico alla realtà, che si concretizza in una serie infinita di luoghi comuni e frasi asettiche, assolutamente non connesse al clima/ambiente del racconto.
Sono libri normalmente buonisti, smelensi più di dieci miei post messi insieme ed estremamente "costruiti".
Non ci sono odori, i colori sono senza sfumature, sono tutte strade ben pavimentate.
E c'è quel senso di superiorità, di atmosfera da poeta-vate, di saggezza concessa che è estremamente fastidioso.
Il primo lo lessi perchè la protagonista aveva il mio stesso nome e quindi il libro mi venne regalato. Una storia che sembrava interessante, distrutta nel suo cammino dal ridondare del linguaggio e della comunicazione del pensiero; e finita senza pietà da un finale banale, scontato e diabetico.
Il secondo - "L'alchimista" - lo lessi perchè mio marito mi chiese di leggerlo. Per lui era un testo molto importante e me lo aveva regalato. Spero che in portoghese sia più curato perchè nella traduzione italiana ho trovato addirittura alcuni errori di sintassi davvero fastidiosi.
Il "Manuale" me lo regalò un amico che si sentiva molto guerriero della luce. Ha una bella edizione, tutto blu e piccolino. Peccato sia il Regno del Luogo Comune e della Sapienza da due soldi.
Di "Undici minuti" (regalo di mio fratello che non ha idea di cosa siano la buona e la cattiva letteratura ma mi ha voluto fare cosa gradita: "a mia sorella piace leggere+a mia sorella piace il Brasile+se chiedo di un libro di un autore brasiliano chiunque mi indica Coelho=sarà il regalo perfetto!") mi avevano detto che fosse diverso dagli altri. Anche l'autore stesso lo crede diverso, nella prefazione al libro.
Ora: potrei fare un inciso in cui deplorare l'autoreferenzialismo e la vanagloria di uno scrittore che introduce uno dei suoi libri attraverso la narrazione di un incontro con uno dei suoi "fans", ma forse divagherei. E comunque l'ho già fatto. E visto che l'ho già fatto aggiungo che, nel libro, Coelho fa dire alla protagonista che uno dei suoi libri fondamentali era "l'Alchimista"! Non esplicitamente, chiaro, ma chi ha letto il libro lo riconosce. Ebbene: trattandosi di storia vera, può pure essere che "l'Alchimista" sia stato realmente un testo fondamentale per una brasiliana con studi appena superiori proveniente dall'interno. Ma il buon gusto ha comunque regole tacite piuttosto chiare, in merito.
La copertina mi aveva messo in allarme (i bompiani in A5 con copertina rigida sotto e asportabile lucida sopra: l'inferno dell'estetica editoriale) ma i numerosi input di "rivoluzione Coelhana" mi hanno spinto ad avventurarmici.
E mi son chiesta cosa diamine ci hanno trovato di diverso.
La narrazione è sempre lì: asettica, senza picchi e senza sbalzi; il registro linguistico costante e immutabile: lontanissimo dalla strada, dal locale, dal Paese. La sofferenza e la gioia solo descritte come in un fotoromanzo senza foto. Le perle di saggezza abbondantemente sparse come sgranate benevolmente da un filo di bigiotteria improvvisamente rotto.
Lo hanno definito un romanzo crudo perchè parla di prostituzione e sadomasochismo. O forse perchè parla di rapporti umani malati e difficili, crudi e secchi come esistono nel mondo reale. Ma non è affatto crudo perchè ne parla in modo lontano, senza emozione, senza batticuore, senza nemmeno il contrario, senza la freddezza di chi diviene freddo e asociale per l'esperienza amara, senza il cinismo della sopravvivenza.
è un modo di scrivere patinato in cui il crudo si affida all'oggetto e non ai suoi colori, ai suoi suoni.
Consapevole di quanto questo mio giudizio sia poco soddisfacente, molto sommario e assolutamente squilibrato direi che per me "Unici minuti" è un libro brutto. L'ennesimo libro brutto.
Forse un giorno leggerò qualcosa in portoghese per assicurarmi che non sia una particolare sfortuna di Coelho nella scelta dei traduttori.
In buona sostanza mi piace Coelho*, lo adoro: al forno, con le olive.





* Coelho in portoghese significa Coniglio