mercoledì 22 agosto 2007

benvenuto nella mia infanzia

La gente sull'aia, pigra nel primo pomeriggio d'agosto, ci ha guardati con curiosità.
I cani, invece, ci hanno abbaiato nel fallito tentativo di farci credere d'essere realmente coraggiosissimi animali da guardia.
Una vecchietta sdentata s'affaccia.
E' rimasto tutto uguale a 25 anni fa. La stalla, umile e decadente, il campo ampio e grande che scala la collina, la casa scura quasi a mimetizzarsi con il fienile.
C'è una foto che mi ritrae bambina davanti al portone della stalla, con il vestito chiaro, in un pomeriggio estivo di 25 anni fa. Davanti a quello stesso portone si ferma la mia gonna bianca.
E tu che hai finalmente sentito l'odore di quella vecchia foto vorresti farne un'altra. Vorresti scattarla tu, entrato di soppiatto nella mia infanzia.
Ho amato questo posto, ne ho il ricordo nitido nonostante fossi bambina. Di ogni dettaglio ho un acquerello scontornato e polveroso nella memoria.
Scendiamo di nuovo, verso la macchina.
La gente sull'aia questa volta ci ha chiamati.
Schiamazzio contadino, semplicità del piacere di un incontro che ha le sue radici profonde in questa terra di Toscana un po' dimenticata.
Arriva la nonna e il nonno parla dalla finestra.
La nipote della vicina di casa...ma ti ricordi? certo che mi ricordo. Eri piccola ma il tuo babbo sì, figurati se si dimentica...e gli zii e la nonna...ma come sei bella.
Non è cambiato poi molto, per un attimo sento i miei passi di bimba risuonare sugli scalini di pietra, lo scoppiettare del focolare, l'odore dell'aglio e dell'olio buono della fettunta.
Bello averti accanto, bello vederti che ti fai largo nel mio passato e ci lasci il tuo odore, ci lasci la tua impronta e l'abbraccio che ora mi dai per contenere la mia emozione sa di infinito.

San Galgano

Il tramonto ha fatto il deserto più deserto. Con il suo colore rossastro sembrava amplificare il suono lontano delle campane, quasi a raggiungere la cattedrale muta.
Imponente nella sua decadenza e quasi fiera di mostrare la decorazione azzurro cielo delle proprie volte, non da' confidenza agli avventori.
I paesini intorno, arroccati sui colli, la guardano ancora timorosi, memori della grandiosa potenza economica che fu, così poco attinente al santo patrono.
Siamo saliti per il piccolo sentiero.
L'eremo ci accoglie umile e splendente. Davanti all'altare la spada di San Galgano, conficcata nella roccia per divenire croce a cui rivolgere le proprie preghiere.
Bello questo simbolo, dello strumento di guerra per eccellenza che diviene, per opera e volontà dell'uomo, effige di pace e redenzione spirituale.
Quale simbolo migliore per augurarsi, oggi, che qualcosa nel mondo possa cambiare?
"Forse dovremmo accendere una candela"
decine di candele, apparentemente isolate e senza vita, cadono rumorosamente in terra quasi a sollecitare il gesto.
Ne accendiamo due.
Nella cappella adiacente il pittore senese aveva dipinto la paura umanissima di Maria al presentarsi dell'angelo.
La sinopia, rossa come se il tramonto fosse entrato a colorarla attraverso la roccia antica, mostra una giovane terrorizzata che, all'apparir dell'angelo, si nasconde per istinto dietro una colonna.
Ecco la serva del Signore, in tutta la sua meravigliosa fragilità umana.
Penso che al genio Lorenzetti quella sinopia la fecero modificare. Perchè Maria non poteva permettersi la paura. Se la madre di Cristo ha avuto paura tutti possono averne. E la paura porta riflessione, cammino spirituale personale e sentimento...e amore.
La Chiesa medievale aveva bisogno invece di abnegazione e stupido coraggio. E paura semmai solo della punizione.
Racconto, rispolverando i miei passati studi da storica dell'arte.
Uscendo, le figure dei nuovi cavalieri si stagliano davanti alla spada del loro antenato, illuminate dalla piccola porta nelle loro complesse armature, l'elmo infilato al braccio e il destriero ancora con il serbatoio caldo per le molte curve ad attenderli fuori.
Scendiamo.
Una serpe attraversa rapida il sentiero davanti a noi.
Vino e formaggi per rimettersi in viaggio.

Nut & Nina in "Corvi o Cupìdi?"

Nut fece un cenno dal finestrino. Nina lo intuì e vi rispose, intendendo solo in quel momento l’espressione “polvere dei secoli” e trovando che ben si addicesse alle condizioni del povero autobus.

Qualcosa la punse sul collo.

“maledette zanzare!” si voltò per darsi una pacca - di intenti evidentemente omicidi – e fu in quel momento che vide, appollaiato sul tetto sconnesso del bar, un bambinetto grassotto, fastidiosamente biondo, dall’aria innocentemente sbeffeggiante che tentava invano di nascondere arco e frecce dietro la schiena bianchiccia.

Nina, fischiettando , si chinò a raccogliere un sasso e glielo scagliò contro.

Nut scese dal bus e prese naturalmente la mano di Nina. Il bambinetto fastidiosamente biondo gli si era appollaiato sulla spalla e guardava Nina con aria di sfida. Un grosso bernoccolo gli arrossava la fronte.

Qualcosa la punse alla caviglia.

maledette zanzare!” ripetè tra sé e sé ma stavolta con minor convinzione. Si chinò per darsi una pacca – di intenti di nuovo evidentemente omicidi – e fu in quel momento che vide, zampettando sulla terra battuta del parcheggio, un grosso corvo con il becco affilato. La guardava severo con l’aria di chi si sarebbe messo volentieri a fare una paternale con i fiocchi.

Nina, d’istinto, gli affibbiò un calcio. E cercò di concentrarsi su quanto stava accadendo.

Per fortuna il turista tedesco di intromise. Si incamminarono verso il porto, lasciando il bambinetto e il grosso corvo ad accapigliarsi nella sabbia tiepida del parcheggio.

Il turista tedesco beveva in silenzio evidentemente soddisfatto della propria meta. Nina stava cercando di capire come fosse arrivata a parlare del processo di unificazione e della forma governativa del proprio Paese.

Il bambinetto grassotto stava usando la sua testa come puntaspilli , sfuggendo, grazie al movimento frenetico delle alucce, ai tentativi di Nina di acchiapparlo e sbattergli la testa sul tavolino. Graziosamente, certo.

Il corvo, dal canto suo, aveva imparato a non avvicinarsi più di tanto all’infallibile appendice degli arti inferiori della donzella e le gracchiava da lontano avvertimenti e previsioni di sventura.

Stavolta il sasso colpì lui. Scagliato, per non far parzialità, dal piede destro in un pallonetto da serie A.

Nut d’altronde sembrava non accorgersi del trambusto.

21/01/2007 Ti amo anch'io


Oggi c’era posto per tutto.
Per il fiume pigro vestito di nebbia leggera, per il tramonto rosso che fa belle le strade semplici e geometriche, per le mani in tasca della gente e per il freddo mite di quest’inverno strano.
Tutto il Creato, oggi, ci stava nel mio piccolo cuore perché tu l’hai reso infinito, perché tu m’hai parlato d’amore.

Il cane bianco è il sorriso del prato negro d’imbrunire.

I miei denti bianchi sono il mio nel vuoto apparente, pieno ancora delle tue parole

nata sul fiume

Nata nella città antica, adagiata sul fiume. Le colline a conca lasciano scorrere l'acqua giù tra le dita di torri e ponti centenari. Il fiume marca le stagioni con il colore che muta, con la ridondante pienezza nelle limpide mattine d'inverno dopo la pioggia o con la faticosa secchezza nell'arsura estiva, pur dignitosa e bella, cielo opaco e troppo luminoso per vezzeggiare il brillìo delle piccole onde. Qui sono nata e qui passo, stamani, incantata dal gran maestro di questa corte dell'anima, dal fiume possente seppur modesto, di una poesia quasi ancestrale. Adesso sento, tra lo sciaguattare delle onde, la voce del fiume che assomiglia alla mia. Adesso vedo, nel suo brillare discreto, l'eleganza misteriosa ed infinita della parte femminile del Mondo. Le ragazze sui parapetti si fermano incantate e spesso senza accorgersi guardano il fiume con un'incomprensibile nostalgia. Qui, tutta la città è del fiume. E di tanto amore si è battuta il petto quando il fiume l'ha travolta. Senza inveire, senza odiare. Si è battuta il petto e rimboccata i calzoni, ha tirato su i bordi sgualciti di una gonna e le maniche leggere di lana. E s'è rifatta bella, sul fiume. Qui tutta la città è del fiume. Le segrete bellezze, gli scorci e i profumi. Qui l'Indiano ha voluto sparse le sue ceneri in eterno ricordo della città che unica può essere fatta regina. Risplendono il marmo e i mattoni e si fanno d'oro come gli stracci di Cenerentola. E la città s'appoggia al braccio del fiume. Ed io, che sul fiume ci sono nata, quel fiume mi porto dentro. E tu, che nel mio fiume ti bagni, mi dedichi canzoni e mi doni orecchini d'oro. "T'assomiglia" mi dici soltanto. E mi prendi la mano. Di me e di Suzanne qualcuno canta i passi.
"Nel suo posto in riva al fiume Suzanne ti ha voluto accanto e ora ascolti andar le barche ora vuoi dormirle accanto si lo sai che lei è pazza ma per questo sei con lei e ti offre il the e le arance che ha portato dalla Cina e proprio mentre stai per dirle che non hai niente da offrirle lei è già sulla tua onda e fa il fiume ti risponda che da sempre siete amanti. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente perchè sai che le hai toccato il corpo il suo corpo perfetto con la mente. E Gesù fu marinaio finchè camminò sull'acqua e restò per molto tempo a guardare solitario dalla sua torre di legno e poi quando fu sicuro che soltanto agli annegati fosse dato di vederlo disse: Siate marinai finchè il mare vi libererà. E lui stesso fu spezzato ma più umano abbandonato nella nostra mente lui non naufragò. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente forse avrai fiducia in lui perchè ti ha toccato il corpo con la mente. E Suzanne ti da la mano, ti accompagna lungo il fiume, porta addosso stracci e piume presi in qualche dormitorio il sole scende come miele su di lei donna del porto e ti indica i colori tra la spazzatura e i fiori scopri eroi tra le alghe marce e bambini nel mattino che si sporgono all'amore e si sporgeranno sempre e Suzanne regge lo specchio. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente perchè sai che ti ha toccato il corpo il suo corpo perfetto con la mente". ("Suzanne" Leonard Cohen - Fabrizio de Andrè)
26/03/07

Mastella e la cultura contadina

da "La Repubblica", 26 marzo 2007 Per ora erano solo voci sussurrate tra gli addetti ai lavori, ma il ministro della Giustizia Clemente Mastella, sollecitato dai giornalisti, ha voluto sgomberare il campo da qualsiasi illazione. "Che io fossi in barca con un trans o la cocaina sono cose che non mi appartengono, sono contro la mia cultura contadina", ha detto il Guardasigilli rispondendo a una domanda sulle voci che lo indicano come il politico coinvolto nell'ultima puntata dello scandalo iniziato con l'arresto del fotografo Fabrizio Corona.

ignoranti vussiete tutti! Mastella gl'ha la curtura contadina e unniporta i transe e la coha in barca. Semmai l'ha ner fienile.... 26/03/07

9 marzo 2007 - parte II (personale, a ritroso)

Strana serata davvero. Con amici nuovi e vecchissime conoscenze. Come una nordicissima bionda capitata per caso dalle mie parti e il feeling c'è e si vede. Un frullato di ricordi a ritmo di musica, ricordi cullati dalle parole preziose usate a proposito come raramente ormai capita. Un viaggio in due ore passate volando. Immagini a fatica ordinate nella testa e nel cuore. Strano rivivere certe emozioni adesso coperte, attutite da un velo di tempo e di cose successe. Bisogna saper scegliere i tempi, non arrivarci per contrarietà. Lui suona la sua chitarra e accompagna e guida i miei momenti da archiviare. Dieci anni in poche frasi, trent'anni in un paio d'ore di canzoni. Adolescenti si riversano in piazza dalle scale della scuola. Sorridevi e sapevi sorridere, coi tuoi vent'anni portati così, come si porta un maglione sformato su un paio di jeans...Cambieranno il mondo e nel frattempo s'indignano perchè "Dio è morto" non sta nei libri di scuola. La maggior parte di loro non sopporta il trio classico Foscolo, Manzoni, Leopardi. Oggi "Dio è morto" sta nei libri di scuola e il trio classico continua a non essere amato. A me piaceva Foscolo e non sopportavo la birra e la marjuana. Avevo un amore grande appena nato (e il peccato fu creder speciale una storia normale) e un'amica con la motocicletta per pomeriggi passati a mangiare pane e pecorino (rubato al frigorifero dei nonni) e a bere vino in collina. Voglia di un mondo giusto e di un figlio presto. Perchè a vent'anni è tutto ancora intero, perchè a vent'anni è tutto chi lo sa, a vent'anni s'è stupidi davvero: quante balle si ha in testa a quell'età. E in quel tempo i semi della mia coscienza s'adagiavano sulla terra fertile della giovinezza. Poi passano un po' d'anni e gli amori finiscono e ci si sente sempre più soli. E quando sento il peso d'essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo. Così ti ho scritto e ci incontrammo tra gli ulivi ma ignorando la luna tu dicevi soltanto vedi cara è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già. Ma chissà chi davvero era di noi due a non capire. Se la mia esuberanza o la tua paura. Se paura ne hai avuta davvero o se era solo una scusa davanti al mio cuore ingombrante. Poi una mattina d'estate mi trovai a girare per vecchie miniere e nuove arredi di spiaggia. In moto e cantando "l'Avvelenata" (ma tu non l'hai cantata stasera, poeta...) Il mare mi tenne fuori dal tempo come disegnata in un foglio d'argento e non mi accorsi che vedermi o non vedermi tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia. Infilata ogni giorno in un paio di scarpe troppo strette non sembravo mai davvero io: ladri e profeti di futuro mi hanno portato via parecchio, il giorno è sempre un po' più oscuro, sarà forse perchè è storia, sarà forse perchè invecchio. Ma sull'autostrada ancora cantavo insieme alla mia amica inseguendo un progetto inventato: nani toglietevi davanti per la mia rabbia enorme mi servono giganti. E tanti degli amici hanno cambiato vita, addirittura arrivano alle mie orecchie leggende metropolitane che mi raccontano pittrice o emigrata in altri lidi. Di fatto non so se ancora desto in loro, se m' incontrano per forza, la curiosità o il timore. E timore ne ho avuto di amare ancora, di vivere davvero, di essere ancora una volta giudicata troppo strana per essere accettata. Ma poi sei arrivato tu. Tutto splendente d'amore e di coraggio, di forza e ostinazione, di dolcezza e passione. E oramai lo sento non ho sofferto invano se mi ami come sono...Proprio tu non c'eri a questo concerto. Ti ho mandato un sms come i bambini, solo per la voglia di averti accanto a me in quella crociera di musica tra le onde della mia vita. Per te, amore mio, che mi hai insegnato cosa sia davvero amare ed essere amata, per te solo, con la mia voce stonata, rubo una canzone intera a Guccini e canto "Vorrei". Vorrei. Vorrei conoscer l'odore del tuo paese, camminare di casa nel tuo giardino, respirare nell'aria sale e maggese, gli aromi della tua salvia e del rosmarino. Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero parlando con me del tempo o dei giorni andati, vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero come se amici fossimo sempre stati. Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci, i ciuffi di parietaria attaccati ai muri, le strisce delle lumache nei loro gusci, capire tutti gli sguardi dietro agli scuri e lo vorrei perché non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei, ed io... Vorrei con te da solo sempre viaggiare, scoprire quello che intorno c'è da scoprire per raccontarti e poi farmi raccontare il senso d'un rabbuiarsi o del tuo gioire; vorrei tornare nei posti dove son stato, spiegarti di quanto tutto sia poi diverso poter farmi da te spiegare cos'è cambiato e quale sapore nuovo abbia l'universo. Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona o il mare di una remota spiaggia cubana o un greppe dell'Appennino dove risuona fra gli alberi un'usata e semplice tramontana e lo vorrei perché non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei, ed io... Vorrei restare per sempre in un posto solo per ascoltare il suono del tuo parlare e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo impliciti dentro al semplice tuo camminare e restare in silenzio al suono della tua voce o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso dimenticando il tempo troppo veloce o nascondere in due sciocchezze che son commosso. Vorrei cantare il canto delle tue mani, giocare con te un eterno gioco proibito che l'oggi restasse oggi senza domani o domani potesse tendere all'infinito e lo vorrei perché non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei, ed io...12/03/07

9 marzo 2007 - parte I

è un vero peccato che l'italiano sia una lingua ormai in disuso... perchè sarebbe bellissima, se splendesse come venerdi scorso dal palco del Mandela Forum, illuminando come un raggio di genio chi ne costruiva il trionfo. Francesco Guccini ci ha fatti sentire ricchi. Ricchi della nostra cultura che via via ci sfugge sempre più di mano, ricchi della nostra storia, delle nostre radici, ricchi della nostra lingua meravigliosa che dipinge immagini così dettagliate da essere commoventi. Ci ha fatti sentire vecchi lupi di mare della vita e bambini con l'atlantico immenso di fronte. Ha dato voce all'amore, nelle sue innumerveoli forme, una voce per ogni forma fino a creare un coro inatteso di emozioni e di ricordi (nostri o d'altri che importanza può avere?). Un concerto indimenticabile. Per arguzia, talento, sarcasmo, poesia, pulsare del battito della vita, della gente. Il più bello tra quelli suoi che ho visto, senza dubbio. Un genio eclettico, mai accondiscendente. Un montanaro insopportabile e il più vivo degli animali politici. Un poeta dolce e un filosofo serio, un'uomo da osteria e un militante. Non so chi sia, Francesco Guccini. Non so se qualcosa di quello che ho scritto oppure tutto, oppure niente. So che è uno dei pochi che sa farmi venire i brividi quando canta. Che mi fa venir voglia di dedicare una canzone sua a chi amo. Chiunque sia, qualunque sia il suo compito di vita, per me resta un eroe. Perchè creare emozioni con le parole e con la musica è la magia più preziosa del mondo. Grazie. 12/03/07

8 dicembre, l'immacolata concezione

Non sono una fervente cattolica ultrapraticante che sa i giorni dei Santi a memoria. Ma penso sinceramente che il cattolicesimo non sia solo la religione più quotata d'Italia ma anche parte integrante della nostra cultura. L'immacolata concezione è forse una delle feste più misteriose dell'anno. Tutti sanno che probabilmente ci sarà un ponte, di sicuro una vacanza ma per cosa? boh La maggior parte ritiene che si tratti del festeggiamento del concepimento di Gesù (immacolato perchè non ottenuto tramite classico rapporto sessuale). Prima di tutto, se così fosse dovremmo festeggiarlo a rigor di logica verso fine marzo. Ma, lasciando pur correre il calendario e i suoi intoppi- visto che normalmente si tratta di date simboliche - c'e da tener presente che "immacolato" non significa "concepito senza scopata" ma "concepito senza peccato", ovvero senza il Peccato Originale dogmaticamente in dote ad ogni nascituro per colpa dei progenitori. Sarebbe, perciò, piuttosto idiota festeggiare il fatto che Gesù sia nato senza il peccato dei figli dell'Uomo, visto che è figlio di Dio e non dell'Uomo e perciò abbastanza scontatamente immacolato. La cosa non scontata, è che anche la mamma di Gesù sia nata senza il Peccato Originale (almeno per la dottrina cattolica). Infatti l'8 dicembre si festeggia il concepimento scevro dal peccato di Maria, la suddetta. Chiarito il concetto, senza pretese dottriniche, vorrei far notare una cosa: che non lo sappia la gente a me non mi frega un bel nulla, anche se lo considero un "buco" culturale imbarazzante. Ma che JERRY SCOTTI in diretta su radio 101 venerdi 8 dicembre esaltasse il dogma festeggiato dichiarando che "è uno dei dogmi più belli, pensare che Gesù sia stato concepito tramite lo Spirito Santo" è veramente vergognoso. Poi ci si chiede perchè il livello culturale abbassa proporzionalmente all'uso dei media... 11/12/06

soffochiamo i respiri di sollievo

Tutti lo sanno, è morto Pinochet. è morto ricco e nella sua casa, mediamente impunito. I cileni hanno tirato un sospiro di sollievo visto che per lo meno la giustizia divina adesso potrà prendere in mano il caso e risolverlo al meglio. E sono stati caricati dalla polizia. Giusto per ricordar loro che non c'è un cazzo da festeggiare. E poinfine l'ex dittatore, nella data dell'ultimo suo novembrino genetiliaco, aveva diffuso un messaggio in cui, oltre assumersi la responsabilità per gli eventi politici cileni, oltre ad aver parlato dei suoi scagnozzi vestiti da militi come di eroi, ha avuto anche la faccia come il culo di rassicurare che ama il suo Paese e che NON PORTA RANCORE A NESSUNO. Meno male, via...eravamo preoccupati. Il Cile tiri un sospiro di sollievo, in silenzio, per piacere, e di nascosto, di nuovo. E qualcuno si muova, in questa Terra che improvvisamente "percossa e attonita [...] al nunzio sta" per far valere i diritti civili e la Giustizia Terrena non solo in Cile (dove, evidentemente ce n'è ancora bisogno) ma in ogni luogo. Intanto Pinochet è morto. A 91 anni, che non son pochi...ma PERLOMENO è morto. 11/12/06

periferia

amare Firenze tra le stradine tortuose del centro storico è anche troppo facile. Facile come farsi travolgere di passione dall'odore morbido di un uomo attraente. Oggi ho desiderato che il rosa e l'azzurro dorati del tramonto si accomodassero in languide pieghe sui miei fianchi, come solo accade nelle favole. Nella luce rossastra le labbra prorompenti del travestito si sono posate delicatamente sulla falange dell'indice destro dopo il segno della Croce davanti al tabernacolo. Poi ondeggiando ha mosso i passi verso il punto di scommmesse chissà se per tentare la sorte o qualche avventore. Ha lasciato dietro sè una strana sensazione di calma, quasi intoccabile, quasi sacra. Amare Firenze in ubno di questi tramonti di periferia non è cosa da amanti, non è cosa da incontri fugaci. E' ritrovarsi nel letto il compagno di sempre, e accorgersi ogni volta che farci l'amore è sempre più bello. 23/11/06

lo rifarei a trifoglino...

sei persone e un solo bagno. E quest'ultimo, distrutto. Non che le sei persone non lo siano ma il bagno questa volta è insuperabile. Pare il campino da calcio di un qualsiasi quartiere popolare: puzza di sudore e rena. Diagnosi: una settimana di ricovero perchè oltre cambiare i tubi arrugginiti e mangiati dal gesso umido c'è ovviamente da ripiastrellarlo. Unico superstite il cesso, eroico, a cui si accede attraversando la rena bagnata. La porta del bagno appoggiata allo stipite (di un'altra stanza), il rubinetto della doccia stoico che ancora pende dal muro, isolato, e funziona! Meno male siamo in Toscana e almeno mi godo il vernacolo di questi tre operai in scala anagrafica: un pischellino apprendista lungo lungo e secco secco che ride in monotonalità, un uomo forte e robusto di non più di quarant'anni e un anzianotto che parla attaccato e che semina la sua esperienza sugli altri due con maestria e un po' di fiorentinissima arroganza. L'apprendista ha chiesto di provare a tirare giù l'intonaco nel punto senza tubi. Gli è stato concesso e tutto felice ha smartellato riuscendo a togliere a mala pena la tinta. L'anziano ha esordito "icchèttullevi sol'ibianco te? maremma bonina e gl'ha più garbo un ciuco a bere a boccia!"(1) Nel mentre il mediano mi rincuorava: "signora, comunque anche se unc'è la vasca la cannella funziona...unnoso ma se ci mettete sotto iccatino vi ci potete pure lavare"(2)...idea suggestiva...quasi quasi invece che le mattonelle lo fo rifare a trifoglino con un vialetto per raggiungere il cesso e così ci sembrerà d'essere tornati bambini a fare la doccia (ghiaccia) in giardino! Fashion...

note:

(1) "ma cosa pretendevi tu, di togliere solo la vernice. Ha più modo di fare un asino che beve a bottiglia!"

(2)"anche se non c'è la vasca il rubinetto funziona, se ci mettete sotto un recipiente plastico potete anche lavarvi" 29/09/06

meu lindo moreno

Seu corpo moreno è quente, doce peso sobre a minha pele branca. Voce è tudo calor...seus olhos ardem, assim como os seus beijos. Adoro esse seu idioma que veste cada jesto de amor de um manto dourado. Quando voce fala o nosso quarto esquece da sua propria geometria da sua propria essencia e se abre numa praia cheia de sol, ninada pela doce harmonia do mar. E nos dois na sombra dos coqueiros, quase um corpo so', quase uma unica alma, quase uma coisa soa com aquela natureza linda, espelho dos olhos de Deus. Voce è tudo calor. Arde o meu corpo todo aos raios dos seus dedos passando, e nessa seca toda ele geme, te implorando pra voce acabar com a minha sede de amor. Meu lindo moreno, amante, esposo, minha joia rara, meu desejo... A sua ausencia faz o ceu se aproximar apavorando e ficar pesado, todo cinza e sem brilho que parece quase vazio. Mas quando voce volta pra casa, ahi meu Deus, logo o azul toma conta da imensidade, mesmo chovendo, mesmo anoitecendo. Volta o ceu a ser de novo leve, volta para o infinito celeste e de novo vejo, no teus olhos, o sorriso de Deus brilhando de sol. 01/05/06

acqua di cocco

scorre dalle mie labbra. sul collo e sui seni nudi in mezzo al niente luminoso del bianco assoluto. scorre lungo i fianchi lasciando un odore dolciastro e accattivante. arde il corpo sotto il sole. arde la pelle e i sensi con lei. arde infine l'aria stessa, ogni centimetro cubo di azzurro intenso, in attesa della quiete del tramonto. arde e mi lascio bruciare, novella Giovanna D'Arco, davanti alla platea silenziosa dei palmizi, l'Oceano incantato davanti, oltre le fronde. Perchè, stanca, ho abbassato la guardia. Perchè, sfinta da forze enormi, impellenti e dolcemente devastanti, ho raccolto la mia fragilità e l'ho scartata piano davanti allo sguardo incoraggiante del fuoco. arde e lascio bruciare, finalmente, senza opporre nessun atto eroico di resistenza. arde e lascio bruciare. e il tempo trascorso e stupidamente sprecato racchiude il suo dolore nella luce della luna, che proietta ombre indefinite come questa nuova sensazione di completezza.


Fabrizio De Andrè Giovanna d'Arco (da una canzone di L. Cohen)

"Attraverso il buio Giovanna d'Arco precedeva le fiamme cavalcando nessuna luna per la corazza ed il manto nessun uomo nella sua fumosa notte al suo fianco. Sono stanca della guerra ormai al lavoro di un tempo tornerei a un vestito da sposa o a qualcosa di bianco per nascondere questa mia vocazione al trionfo ed al pianto. Son parole le tue che volevo ascoltare ti ho spiato ogni giorno cavalcare e a sentirti così ora so cosa voglio vincere un'eroina così fredda, abbracciarne l'orgoglio. E chi sei tu lei disse divertendosi al gioco, chi sei tu che mi parli così senza riguardo, veramente stai parlando col fuoco e amo la tua solitudine, amo il tuo sguardo. E se tu sei il fuoco raffreddati un poco, le tue mani ora avranno da tenere qualcosa, e tacendo gli si arrampicò dentro ad offrirgli il suo modo migliore di essere sposa. E nel profondo del suo cuore rovente lui prese ad avvolgere Giovanna d'Arco e là in alto e davanti alla gente lui appese le ceneri inutili del suo abito bianco. E fu dal profondo del suo cuore rovente che lui prese Giovanna e la colpì nel segno e lei capì chiaramente che se lui era il fuoca lei doveva essere il legno". 17/10/05

Ponta de Humaità

Le nubi si sono allentate ma non lasciano esplodere i colori del tramonto. Ma così, un tramonto quasi di soppiatto è commovente. Il vento si insinua sotto i vestiti e ne fa disordinati arabeschi. Ho sorriso, finalmente. é bella la baia, riluce d'oro e di cobalto. Il grigio crea inattese luminscenze che ben si sposano alla porpora. Bassi cespugli e erbe ondeggiano poco più in là (quasi reminiscenze d'infinito leopardiano) e altri si accomodano ripiegandosi in conforto per i piedi. La Terra comanda il vino, vino della mia terra, vino forte e profumato. Una goccia disegna un piccolo sentiero sulla mia gamba. Le parole il vento le fa più belle, più profonde il mare. Addentrarsi nel passato, nel dolore e nella rabbia, nella dolcezza e nei progetti, fino alle nuove frontiere della fiducia. "manca molto?" no, non manca molto...il tempo di un tramonto, il tempo di una bottiglia che galleggia, proteggendo parole d'amore, tra le onde impetuose dell'alta marea. no, non manca molto...il tempo di viversi un po', un po' per davvero. "paura?" paura. ma sta scendendo nel mare, lenta e sontuosa, come il sole infuocato accarezzato dal vento. paura. ma presto sarà sera e nemmeno l'aria frizzante raffredda. Preme, nel cuore, una felicità bambina. 13/10/05

La bambolina scalza

Dicono che sembri una bambola. Tutta chiara di pelle e colorata di celeste. Abita in una strada piena di alberi dalle foglie grandi, alcune delle quali dolcemente rosse. Tutti sanno che non é di lí e che in breve, cosí come é apparsa, se ne andrá via. La guardano con curiositá, alcuni con simpatia -specie i bambini - altri con sospetto, altri ancora con il desiderio di averla, di vedere se sia davevro cosí fragile come quella pelle bianca promette. Ma il dettaglio che nessuno accetta sono i piedi. Quasi sempre scalza si muove distratta dentro casa ed in strada. A volte piú simile ad una india che alla gringa che é. Siede a pomeriggi interi fuori dalla porta nascosta dalla piccola veranda in muratura, scarabocchiando su un quaderno dall'aria antica, pretenziosamente artigianale. La strada le porta rumori e voci, per lo piú di bambini. Le grida di due grosse araras in gabbia, il raro guaito di un cane randagio, le urla delle comari, l'annuncio cadenziato dei venditori, il rombo quasi sempre un po' arrogante delle poche macchine o moto. Ha davvero piedi grossi e grezzi, poco curati e sicuri sul suolo. Davvero stonano col sangallo del vestito, le spalline distrattamente cadute, con i capelli lisci. In cima alla mangueira, un bentiví. Piccolo e quasi sempre silenzioso e accorto. In basso alla mangueira, Daniel accarezza la chitarra. Ha spalle grandi e una maglia di lana fine candida. I bambini ne implorano l'attenzione. Lui non reclama se non timidamente. Ha appoggiato la chitarra per via della pioggia. Sotto la mangueira, la sera, quasi sempre qualcuno suona la chitarra. Oggi Daniel, con quel nome storpiato naturalmente dalla parlata brasiliana che cosí lo rende un po' piú dolce, un po' piú esotico. I piedi sguaiati della bambolina scalza sono sensibili alla chitarra che geme deliziosa. Nudi, percorrono ogni angolo della casa strappandolo alla sporcizia. Si fermano per aspettare che il pavimento asciughi. Odore di caffé e di lavanda. Daniel ha di nuovo smesso di suonare. Si son sorrisi, accennando un saluto di buon pomeriggio. Cucina italiana nel forno e macchie di caffé e di fango sul vestito. Saudade struggente di qualcuno al di lá dell'Oceano. Il collo si inclina seguendo i pensieri. Forse diventa un po' piú elegante, anche...non fosse per quei piedi scalzi. Adesso i pensieri si riposano sui rami della mangueira, vicino al bentiví. Stasera, quando tornerá, Daniel non ci sará. Ci sará il vecchio dai baffi spettinati. Suonerá fino a che non si addormenterá, dolce e malinconico, come tutto in questa terra. Adesso sente la stanchezza del giorno e della voglia di quell'abbraccio soltanto. Immaginando, gli fa spazio sul vecchio sgabello e si appoggia alla parete come se fosse il suo petto. Suona ancora, Daniel, perché i pensieri si districhino dai rami della mangueira e arrivino dalla'altra parte del mondo. Ma la sera é giá tutta azzurra e tra poco sará notte. In attesa del suonatore dai baffi spettinati, la bambolina scalza sorride al bentiví. 17/07/05

le radici del Polmone del Mondo

Guardando le gambe ben tornite e allenate dalle miriadi di scale, salite, ladeiras di Salvador, di una qualsiasi donna indigena, si capisce il perché della presenza, in questo fantastico Paese, del polmone del mondo. Non so se é l'aria, l'acqua o cos'altro ma a livello di coltivazioni qualsiasi cosa sia rende bene. Stamani l'estetista da cui sono andata, dopo aver sopportato per giorni la presenza di ció che io definivo "uno scandalo capillare" sui miei arti inferiri, ha guardato i miei pelucchi biondicci quasi con disgusto. Al pagamento dei 14 Reais (5 euro) mi ha guardata quasi con disprezzo, come se le avessi fatto perdere tempo e infangato la sua professionalitá mettendola davanti ad un lavoro che non rende merito ai suoi attrezzi agricoli. Ho anche avuto impressione che la cera ghignasse...14/07/05

Nosso Senhor do Bonfim


Alle cinque e mezzo del mattino, Salvador ha un aspetto cupo e quasi sofferto. In autobus, studenti e lavoratori sonnecchiano. Sembra strano che non ci sia la solita confusione, le chiacchiere fitte, talvolta le mani che battono il tempo di un samba. Piove a dirotto in questa strana giornata in cui accompagno un amico ad una messa, approfittando per spiare la vita vera di una delle Chiese piú nominate del Brasile. Il mio amico ci va per assolvere un voto perché il suo "pedido"(1) é stato esaudito e lui adesso "deve" una messa al Senhor do Bonfim. Salvador arranca, tra la pioggia, sotto il passo strascicato dell'autobus. Fino a che la chiesa ci appare, dominando il suburbio, stranamente bianca e dorata in mezzo a tutto quel grigio. Dentro strabocca di ori e intonaci celesti, barocco inconfondibile, dai grandi lucernari pendenti. Fuori, donne offrono, nella stessa cassettina, rosari e "patuá"(2), medagliette coi santi e "fitinhas do bonfim"(3). Uno strano sapore di paganesimo in questa irreprensibile funzione cattolica. Sono quasi tutti vestiti di bianco, le donne adornano le panche di legno coi loro pizzi, i loro sangallo, le loro trine candide, quasi sempre in contrasto con la pelle piú o meno scura. Gli uomini vestono camice e pantaloni eleganti. Alcuni i mocassini. Negli atri laterali della chiesa, mendicanti accettano il pane offerto da un'opulenta e altzzosa signora, che si guarda intorno per accettarsi che la sua buona azione venga registrata da piú persone possibile. Il vento invade la navata dai portoni lasciati aperti e si scorge il suburbio con le sue baracche e la sua dignitosa povertá. Chi suona l'organo propone i canti con l'entusiasmo di un dj da discoteca il sabato dopo mezzanotte. Tutti cantano un portoghese inusuale che é quasi sempre costretto a perdere la dolcezza della cadenza baiana per uniformarsi al modo portoghese piú "corretto" e ufficiale. Qualcuno prega per conto suo, incurante della messa. Ai bracci del crocifisso, incastonato d'oro e preziosi, pendono le bandiere del Brasile e dello Stato di Bahia. Ogni dettaglio é un intero dipinto che chiama la mia attenzione. Un vecchio negro dalla barba bianca stringe mani e sorride, con quella mezza luna piena di intoppi ma brillante che la sua bocca tarccia sul viso scuro. Il vezzo piú comune é la tela di cotone bianca a raccogliere i capelli delle donne, nei suoi ricami e nel suo prezioso traforo. Una donna fiera avanza verso l'altare, nell'ora della comunione con un vistoso scollo ad evidenziare un seno proseproso e duro, proprio mentre il padre richiama all'ordine morale del vestiario. Ma lei ha la faccia contrita e seria e tutto pensa fuorché di offendere Dio. Me ne esco in silenzio, forse un po' invidiosa della devozione istintiva e confusionaria di questo popolo. Ovviamente mi orno di tutti glki orpelli possibili: medagglietta "scapolare"(4), patuá di Yemanjá, secondo il consiglio della sorridente mulatta che me l'ha venduto, e inevitabile fitinha al polso. Tre nodi, tre desideri. il mio pedido al Senhor do Bonfim.


(1) preghiera, richiesta

(2) amuleti

(3) laccettini che "portano fortuna". si allacciano al polso chiudendoli con tre nodi. un desiderio per ogni nodo. pare che quando e se si strappino i desideri si realizzino, se si sciolgono invece é indice o di cattiva sorte o di cattiva energia che circonda il soggetto intressato. In ogni caso pare vadano gettati in acqua corrente

(4) é un filo di cotone chiuso a collana con due medagliette, una a ciascuno dei due poli, raffiguranti per l'appunto, il Senhor do Bonfim e la Vergine. In terribile pLastica trasparente. 08/07/05

frammenti di dolcezza

Ti ha disegnato la linea morbida del labbro, quell’ombra di cacao, come un dispetto. “sei sporco di cioccolato” Hai passato inutilmente le dita fin troppo educate, strofinando senza convinzione. Sorrido e scuoto la testa, non distolgo l’attenzione da quell’eroica tentazione. I miei denti chiusi si son fatti stretta gabbia d’avorio. Eppure sarebbe stato facile, come ha fatto la mia fantasia fugace di soppiatto, prenderti il volto tra le mani e baciarti lieve lasciando che la mia lingua assaporasse la delizia del tuo labbro e del cacao scuro. Sarebbe stato facile lasciare che tutto si rilassasse e semplicemente bruciasse intuibile processo chimico e biologico come accade in natura. Sarebbe stato facile far sparire i rumori e le ansie e ogni ostacolo e abbandonarci all’abbraccio, senti re il tuo peso sul mio corpo, il tuo respiro farsi ossigeno per il mio sangue e veder tutta quella dolcezza che ci avvolge diventare coltre e rifugio e completarsi, crescere e brillare. Le onde lambiscono la riva e inaspettatamente si ornano di biancore, di vezzo schiumoso, di fracasso imponente. Ma l’odore del caffè e il chiacchiericcio intorno mi riportano davanti a te, al tuo sguardo esperto, profondo e guizzante di sfida. Ci rivestiamo, ci ricomponiamo ed ora ti guardo nel tuo vestito elegante, nelle mie scarpe da tennis. E tu guardi me soddisfatto della scarsa efficacia dell’azione di pulizia. É malizioso il tono in cui parli ed io faccio finta di niente. “conosci un metodo migliore?” I miei denti chiusi si son fatti stretta gabbia d’avorio. Ho passato il mio dito col tatto energico delle madri. Tutto l’amore rimasto nell’aria s’è fatto sorriso. E siamo usciti mano nella mano. 11/05/05

piccole meschinità quotidiane

vi racconto una piccola storia. Venerdi scorso siamo stati io, il prof. Paahppi e il nostro Galo Preto suo allievo (che nonostante abbia un "preto" nell'apelido è bianchissimo, dato che l'apelido in questione è solo la traduzione di una nota zona di vini toscani**) in un locale molto carino a Montelupo Fiorentino che si chiama "Maes delle Fiandre" a fare (loro due) un breve spettacolo di capoeira. C'erano anche due sambiste in classico bikini carioca e una banda di bravi musicisti tutti italiani che suonava musica brasiliana. ballerine, proprietari del locale, avventori e i musicisti tutti carinissimi e gentilissimi con dovizia di complimenti per noi. tutti tranne il responsabile della banda, tale Rinaldo - bianchissimo e italianissimo, ripeto - che dopo l'organizzazione della serata con le entrate i tempi ecc piuttosto stressata (continuava a ripetere le solite cose centinaia di volte, come fossimo imbecilli); dopo aver fatto illazioni più o meno velate e assolutamente a scatola chiusa sulla qualità presunta di ciò che avremmo presentato, a fine spettacolo ci ha ringraziati. Bene, direte voi, no? NO. perchè il suddetto personaggio poi ci ha contattati lamentandosi della riuscita dello spettacolo. Aveva da ridire sulla capoeira? no Aveva da ridire sull'organizzazione? no Aveva da ridire sui tempi e sui modi no ...MA... ...si aspettava due negri brasiliani. Vale a dire che - a parte l'evidente insoddisfazione per il colore non troppo deciso del nostro amato Prof. - ciò che ha fatto il nostro altrettanto amato Galo Preto sarebbe andato benissimo se non fosse stato italiano. e bianco. Tutto questo detto da un italiano che suona musica brasiliana. Tutto questo nonstante i complimenti dei proprietari e dei di lui colleghi musicisti (uno ci ha chiesto anche dei corsi!) Non so come definire quanto successo: se esotismo, meschinità o razzismo proprio. Di sicuro stupidità. Di sicuro totale inattitudine alla cultura, che - come tutti evidentemente no ma, mi auguro, molti sanno - di solito circola indipendentemente dai colori, dalle razze e dalle origini. Solo un blocco la ferma: l'ignoranza, la stupidità e il pregiudizio. a voi le conclusioni... ** alla lettera "gallo nero" 04/05/05

Capoeira


Ecco. Il corpo si è trasformato in un disegno, nello schizzo grazioso della matita di un Dio in vena di preziosismi. Gli occhi spuntano inattesi e attenti vicino al suolo, sotto le braccia e sembra che proprio da lì, dallo sguardo vivo e sbeffeggiante nasca la mezza luna della gamba. C’è un momento in cui il neonato colpo si scolora in un vezzo acrobatico, in una fuga repentina, in un movimento contrario fatale all’avversario. In quello stesso momento, in quell’istante preciso di solito un sorriso illumina la contesa. Tutto sgattaiola sull’onda trascinatrice del coro, obbediente s’armonizza alla musica del berimbau. Un’arte marziale che si fa gioco, una lotta dura che non ha mai perso il senso del bello, una sfida che è collaborazione e beffa, strategia ed istinto, orgoglio e umiltà. Comunque, rispetto. Convoglia in rotondità geometrica l’energia della vita quotidiana. Ogni gesto rappresenta, interpreta, insegna. Anche l’amore non esita ad accorrere. Si manifesta nel languore di chi canta con quell’accento naturalmente struggente che gli ha donato il non conoscere la resa. Mio padre. Mio fratello. Il mio sposo. Immaginarli così. Questa gente bella e schietta che conosce la paura e la rispetta e così facendo la esorcizza per sempre. La mia arte tanto amata, che se ruba la vita la ruba del tutto, senza barriere nè difese a poterlesi opporre. Impetuosa come il mare, dolce di poesia, luminosa come l’estate, familiare sogno ancestrale di libertà. grazie alla mia famiglia. 03/05/05

leggeri come sorrisi

Leggeri come sorrisi, davanti alla città illuminata, lontana. Ho respirato a fondo ad occhi chiusi, per solo un momento e il brillio delle voci s’è sposato all’oro delle immagini sacre, in alto, stagliato nel buio stellato. Ho passeggiato nei vostri momenti a braccetto con tutte le emozioni. Il mio più recente passato si è rilassato come fosse entrato in casa, si è accomodato tra i capelli spettinati di tutti e tre e l’abbraccio sembrava improvvisamente più giovane. Avrei regalato alla sera una manciata di ore e un po’ più di stelle in cielo solo per godere ancora un po’ di quel delizioso imbarazzo. Vi avrei traghettato tra le risaie inghiottite dalla notte fino alle pietre candide, fino alla Luna Regina. Avrei invitato la mia freschezza trascurata e tutta la passione per la poesia. La poesia del Vero, senza inchiostro e senza pagine sussurranti. La poesia della sintonia e della serenità. La poesia del cosmo intero. 02/05/05

Don Giovanni Dei Vulcani

Negli occhi l’ombra ancestrale del vulcano natio, nonostante il colore del mare. Piccoli passi - più che cauti, sapienti - forgiati tra la lava incandescente come le armi immortali . sicuri e leggeri, padroni del suolo. L’odore intenso della ginestra e della banchina e le spalle ampie pavoneggiandosi con noncuranza, come non stessero lì né in quel momento né mai. L’ennesimo ballo, l’ennesima mano appoggiata lieve sull’avambraccio, l’ennesima cortesia che profuma di malizia. Conosco il suo gioco e mi diverte. Ritorno per un attimo a ricostruire innocente candore per poter cadere nel suo goloso inganno. E gliene offro la guida, tranquilla e impaziente di mordere il momento senza nessuna preoccupazione per il passato, per il presente, per il futuro. Sei il principe dell’attimo. E dell’eleganza naturale, com’è quella dei felini e delle orchidee. Di quell’attimo, respirerei. 02/05/05

finalmente, brezza

Brezza di mare

Il vento leggero che viene dal mare lo vedi arrivare che increspa bizzarro le onde, incrociandone le vie. Mai tocca la terra; la sabbia dorata che arde non trova ristoro nel tocco leggero, non danza in eleganti rifrulli né si abbandona come al soffio improvviso del vento di terra. Il vento del mare giusto ti sfiora la schiena, fugge e ritorna, dispettoso ed impudente, tracciando da bravo pittore linee insensate di brividi golosi. E gli occhi si sollevano nell'inconscio desiderio di cogliere sul fatto il malandrino scherzoso. E tutto intorno rivive ciò che il sonno gentile aveva offuscato. Fugge e ritorna. In quel momento di assenza, quando il sole richiama l'obbedienza della pelle ardente, la mancanza si fa desiderio; non può più niente il sonno tranquillo, i sensi sono accesi e vigili, il cuore ansioso, il corpo palpitante attende e si apre come un fiore per potersi offrire, come il più totale, disinteressato e genuino dei doni, alla fonte unica del suo ristoro. Fugge e ritorna. Ritorna e accarezza lieve e sensuale. Abbraccia e fugge, si lascia respirare portando nel cuore le gocce rubate al mare e ancora profumate, ancora fresche. Abbraccia e fugge, lasciando brividi e desiderio, si lascia ricordare come una sorpresa, come un dolcissimo imprevisto. Abbraccia e fugge, percorre malizioso quel corpo offertogli in dono e ne porta via l'odore e l'essenza per poter avere un posto al suo prossimo, fugace ritorno. Tu ti stupisci bambino mio ma questo è l'Oceano del mio cuore. L'Oceano, l'Oceano, l'hai mai visto tu l'Oceano? L'Oceano senza scogli né coralli, l'Oceano calmo e ruggente, l'hai mai visto tu? 29/04/05

è primavera, svegliatevi italiani


ma che bella giornata splendente di luce! e un sapore stuzzicante di promessa libertà. quest'anno il 25 lo festeggiamo anche oggi. 05/04/05

non che ci si faccia una bella figura ma insomma...


Si arriva alla spicciolata, ancora qui. stasera siamo tanti e mediamente rumorosi. Davanti al bancone il dilemma iniziale, dettato inevitabilmente dalla moderatezza derivata dall'età ormai non più adolescenziale, è: un solo bottiglione di vino basterà, VERO?!?!?!?? certo che basta...poi semmai in caso...ne prendiamo un altro...ma certo... "fai una cosa" da dietro il bancone lo sguardo arguto ed esperto del barista chiama la nostra attenzione. mi volto a guardarlo emergendo dai miei calcoli sul vino necessario ad accompagnare salumi e formaggi e sorrido compiacente, grata per l'intervento suo, opportuno e liberatorio. "scriviamo il tuo nome su questo bigliettino, mi porti lo scontrino del cibo e via via ci segnamo quello che prendete da bere. così se quell'unico bottiglione finisce te ne do subito un altro, e pagate alla fine che ne dici?" la troviamo, ovviamente, un'idea illuminante. scandisco le lettere del mio nome e, rinfrancata dalla familiarità, penso positivo e mi risolvo a prendere subito due otr..ehm bottiglie di vino. vino rosso, semplice ma buono. di quelli che, per fortuna, poi non lasciano traccia. circola, circola il vino rosso e con lui la facile allegrezza. circolano salumi e formaggi dall'unica caratteristica comune di essere buoni, salati e assolutamente controindicati per qualsiasi tipo di sana alimentazione. Oggi la serata s'appresta ad essere innocentemente dispettosa, un po' sfacciata e quel tanto old style che così bene si sposa ai tavoli di legno e ai bicchieri sfaccettati. La terza volta che torno al bancone il barista, divertito, m'apostrofa: "e allora...Nina...eh? un'altro eh?" ghigno...sostengo il tentativo di giocoso rimprovero, familiare e complice, piuttosto accattivante. M'appoggio al bancone con la guancia su un braccio e tento la salvezza in uno sguardino da cagnolino bastonato innocente della vita. che non funziona. ovviamente. lascio il barista alla sua ilarità. gli strumenti della band di stasera s'impongono con una verve assolutamente gradevole sull'attenzione messa a dura prova dal rosso nettare delle nostre valli. cantiamo con loro dimenticando - obnubilati - di chiedere venia e sventoliamo cartelli con titoli di canzoni sempre più imporbabili. la penna la penna la penna è spuntata. anche stasera. e le solite tovagline e addirittura un blocco. tema: "dammi dell'altro vino" (d'ora in poi tento di riportare quanto più fedelmente possibile quanto di scarabocchiato rimase in mio possesso) -comincia la Totta - "ma la carta è finita. torneremo a cuba. -miguel- "datemi una speranza (da leggere "droga") e vi solelverò il mondo! - andrea iggitro - assente causa "speranza" -totta- aspetta e spera! - non so, non si è firmato/a - se dio c'è, per l'amor di dio, se non c'è per l'amore di chiunque altro...non trasformiamo tutta una cosa per "selvaggi"! - Dile e Guen - Boh, è finito il vino senza vino la verde miccia non spinge il fiore, l'albero non fiorisce e i frutti non hanno nemmeno il tempo di cadere. ovvia! -miguel - mah, sevvùllo dihe voi!?!?!?!?! -andre- DOH! -totta- MITICO! -Nina- Ordunque, meno male se ne voleva prendere una sola ai' principio (di bottiglie). quello che penso è che alla fine non ci voglia poi molto per soffocare i piccoli dolori: vino e suoni più o meno armoniosi e del buon cibo e predisposizione alla festa. chi sa che il fegato e lo stomaco affaticati non possano irridere le fitte del cuore! (e così, ammettetelo, vi ho fatto venire illatte a'ginocchi a tutti!) -non so, non si è firmato/a - non ho avuto il tempo di leggere tutto ma...se ti trovi sola in un campo e un cavolo ti chiede "perchè io sono qui?" tu cosa rispondi? no perchè, sì insomma, è liberatorio ho la mente obnubilata ma però sto bene Nina: "guarda, è gelosa!" Dile: "no mi dava fastidio che mi si ripercuotesse!" e passiamo così agli avventori: "vi amo tutti!" (claudio) "W l'amore, M la guerra!" (firma incomprensibile) "LIBERO!" (firma incomprensibile) "Avanti gli imperfetti!"(firma incomprensibile) "ma anche no!" (qualcosa tipo Matteo o Mario) "...e ci stiamo solo scaldando MMMMMMMITICI!" (Franco e Rossella?) "basta crederci...io lo auguro a tutti..." (Clara?) "a che cosa? viva la salsa! e NADA!" (firma incomprensibile) "ma che senso ha? i me estoy diviertendo con la musica!" (Cate, credo) "buona Pasqua! "bacissima" (?!?!?!?!) "isn't it ironic?" (firma incomprensibile) "siamo di Firenze siamo molto felici di passare la serata con voi" (firma incomprensibile) "Pasqua 2005 (segue num di telefono) bar dell'orso. una bella serata con bella musica e buona compagnia, auguri a tutti!" (Luana) "3++++++++4 angelo, 3++++++++7 carlo questo è il nostro recapito quando ti annoi ci puoi chiamare...sempre in amicizia...buona serata" (evidentemente Carlo e Angelo) "li vedevo correre li vedevo saltare li sentivo gridare non seppi mai dove erano tutti non capii mai le loro parole...ma erano felici lo sentii chiaramente che sono felici!!" (Vibbè 71) "grazie per essere stati con noi stasera. Dividere le emozioni con chi ci ascolta è il motivo per cui si fa tutta 'sta faticha" (la GRANDISSIMA Francesca della band che suonava) (disegnino con fotografo) "Foto da Paulo, un bacio!" (evidentemente, Paulo*) "buona Paqquera! ammiro Jacovitti" "in questi tempi magri meglio un uovo oggi che una gallina....buona pasqua" (loro due sono altri due membri della band, perdonatemi di non ricordare i nomi ma stavo un pezzo avanti!) alla prossima... (*) ah per la cronaca. Paulo è italo-brasiliano. di Sao Paulo. aveva evidentemente accento straniero ma vai a saper te da dove viene! insomma quante probabilità c'erano che in cima ad un colle in un luogo dimenticato da Dio l'unico a cui ho dato i miei recapiti, visto che c'aveva fatto la foto qui esposta, fosse italo-brasiliano?!?!?!?!? è una persecuzione!!!!!!!!!!!! ;-) grazie Paulo per la documentazione fotografica! 29/03/05

il bar dell'Orso. cambio i miei abadà* con una gonna volteggiante


Tra le colline di soppiatto s'intrufola la musica dal sapore antico. Ho un dolce al pepe e del vino rosso in un bicchiere da osteria. Sorrisi familiari degli avventori l'ebrezza dolce della semplicità. Parole ben rimate tra riccioli d'ogni dove e inchiostro rosso per marcare il momento. su carta di paglia. rigorosamente gialla e ruvida. Ho pensato ad un attimo sospeso che mai possa cadere, sfracellarsi. sempre leggero, leggero come la mia testa danzante nel vino. Ci sono cose che soffiano brividi lungo la schiena e son note di armonica e di chitarra e inflessioni morbide di voce senza troppi stridii. Lontani dal quotidiano abbiam preso forbici e colla e inventato un disegno così vicino alla luna, più alto della città burbera e brontolona come una vecchia zitella. Tra le colline. Tra le colline scure nella notte che oggi furonosplendenti di smeraldo. Ricordo del Poeta e di Poesia nella sua e mia visione appassionata delle miserie umane. Mi ha sorpreso qua sul colle ventoso come stamani tra le ciglia ancora impiastricciate di sonno, sbirciando tra le palpebre ancora socchiuse. Inchiostro rosso definisce i contorni aiuta a battere le mani nell'applauso a tutta questa emozione. Spirito di viandante un po' pesciolino. Grazie a Fabrizio de Andrè, al Bar dell'Orso di Monteriggioni, a chi vi suonava venerdì 18 marzo 2005 e a Bambino. (*pantalone usato per giocare a capoeira)

Biblioteca Marucelliana, un mercoledi mattina


Se alzi lo sguardo ti sembrerà una corsa verticale, affannosa verso il chiaro e la luce. Affossate tra la polvere odorosa dei libri antichi, nel buio lumeggiato dalle scarse venature dorate del legno, le menti si racchiudono in capitoli e in criptiche, sintetiche frasi appuntate su blocchi e quaderni. Chiusi in un silenzio timoroso, senza pretese né accenni di comunicazione. Isolati nelle austere sedie numerate, i migliori cervelli si avviliscono nella noia. Anche le luci son basse, e il livello dei commenti –rari -degli avventori forse anche di più. Stupore davanti all’improvviso amore sbocciato tra me ed il saggio di storia che sto leggendo. Chissà se qualcuno qui ama quello che fa, chissà se qualcuno ama davvero questo posto, se lo sente un po’ casa. Le fantasie e i pensieri ti si districano dai capelli e prendono la via delle grandi finestre incorniciate di pietra serena. Vagano tra il dovere e il freddo invernale là fuori come grossi mosconi ronzanti cercando invano una via di fuga, respinti dai vetri e ricacciati in basso. E mi vien da sorridere. Una ragazza costringe un ragazzo alla disattenzione. Gli parla, con una sicurezza che non inganna, che non ne cela l’emozione. La fronte aggrottata della riccioluta studentessa di matematica seduta davanti a me, mi strappa un ghigno di infantile soddisfazione. Ancora, sorrido: questo posto è denso di storie più che le pareti fitte di libri. Se mi perdessi tra le incisioni sui tavoli non finirei più: quanto bisogno di eternizzazione miei intellettuali fanciulli! Tu non c’hai voglia di studiare e sei buffo. Ci sono, là in cima, fari alogeni ad illuminare le grandi finestre, unica vera fonte di luce: che senso ha? La fantasia si accalca nelle altissime volte del soffitto dove può respirare un po’ meglio e guardare giù, tormentata. 19/01/05

baci rubati

Un’abbraccio distratto, in un silenzio carico di tensione. La mia testa si è abbandonata, reclinata sulla tua spalla. Ho sentito il tuo odore, il contatto tenue con la tua pelle e ne ho respirato profondamente – preziosa, evanescente sensazione di intimità. Tu stringesti l’abbraccio. Adesso, nell’intreccio statico dei corpi si avvertiva un po’ d’attesa, una leggera impazienza adombrata dalla paura delicata di sgualcire il Momento. I poeti attendevano tutti, gli amanti antichi di nobile intelletto sospirarono – memori forse di quello stesso batticuore che ora risuonava tra noi. Il tramonto infuocato arse i colli smeraldo, la fontana di pietra continuando nella sua gorgogliante cantilena sen’alti né bassi, ti posai un bacio sul viso, lieve come il fresco della sera. Respirasti profondamente, quasi affaticato e volgesti gli occhi nei miei. Mai mi sentii tanto piccola, fragile. Spengesti il mio sorriso inusualmente timido con un bacio leggero. Tornando a casa avevo il cuore in festa. Mordevo le labbra per non sprecare il tuo sapore, per non lasciarlo svanire. Le storie e i versi risuonavano in me, raccontavano, accavallando le voci in un intreccio di passioni, di mille altri baci clandestini, rubati. Le gote arrossate e il passo svelto, quel sorriso ostinato e impudente che rischiara la smorfia che vuol trattenerlo…così danzai tra le ombre della sera. E quando ti rividi – ahi, mio dio! – eri così bello nella tua freschezza, venendomi incontro tranquillo e sereno! Passammo una mattina da viaggiatori, scoprendo angoli nascosti dell’animo e dei corpi. Non so quante volte con le dita percorsi il tuo profilo, la linea delle tue labbra, quante volte le ho invece perse tra l’oro dei tuoi capelli. L’olio profumato guidò le mie mani sulle tue spalle ampie, lungo la schiena. Ogni gesto fu lieve e dolce seppur ardente. Che sapore aveva la tua bocca ancora adesso ricordo. Ancora adesso che, sveglia, lascio scivolar via i profumi del sogno. 18/01/05

“capitani di spiaggia” jorge amado

Uno di quei libri che fa piangere, che emoziona e fa battere il cuore. E fa seguire i destini dei protagonisti come fossero tuoi fratelli, amici, compagni. L’ho ripreso non fa molto per proporlo ad altri ragazzini. Ragazzini che non hanno mai forse nemmeno immaginato come può essere una vita di stenti e mancanze. Si rovesciano colorati come l’infanzia dev’ essere nei corridoi della scuola. Ho dovuto scegliere i brani più significativi e meno osceni chè le piccole menti e i linguaggi non risentano della realtà. Perché questa realtà non è la loro e le loro famiglie non li vogliono insozzati. E l’ho fatto senza rimpianti, che il buon Jorge me lo conceda, perché so che basta una bella storia a cambiare i destini, ad aprire gli orizzonti. Che ne vale la pena, foss’anche per uno soltanto di quei ragazzini. Cosa sarà per loro non so dirlo. Non so se lo vivranno invenzione o se invece ne sentiranno il gran dolore. Dipenderà da me. E allora torno ancora al romanzo, lo riprendo e cammino per le strade di bahia, per i vicoli ciottolosi del Pelourinho, per le strade marce del porto, cammino con quel passo bahiano sfrontato e sicuro, tra Pedro Proiettile e Joao Grande, negro buono e forte. Con loro mi siedo al tavolo unto di una bettola mangio e bevo con loro e rido forte come ridono i capitani della spiaggia. Un codice d’onore e di lealtà ben rispettato, un cuore grande come la miseria, un coraggio da leoni in braccia e occhi di bambini. O poco più che bambini. Riconosco l’orgoglio, l’unità, la scanzonatezza, il rimpianto di affetti negati. E adesso, tra le righe di un romanzo scritto da un cuore bahiano, si muovono i bambini. Risuonano le loro voci e i loro sguardi saettano. Le risate forti, il sapore di zenzero e cachaça, i vecchi samba battuti sule mani ad inondare l’autobus. Io, lontana, porterò a bambini di un altro pianeta il brillìo degli occhi di un mulatto, la tristezza che fa bello un samba, il grido di una terra ferita che cerca riscatto e lotta e stringe i pugni. Perché non c’è nessun errore nel credere ancora che l’inuguaglianza e l’ignoranza siano ingiuste. E che debbano essere combattute, ancorchè a piccoli passi. Perché se oltreoceano, per le strade più buie di salavdor, dove i taxi non entrano, dove la pioggia ristagna, mancano le dolcezze di una madre e di un padre, mancano lenzuola fresche e tavole imbandite, manca educazione e scolarizzazione, qua, tra questi zaini colorati manca l’orgoglio e l’allegria semplice, manca la sfrontatezza e l’altruismo, manca l’unità e il coraggio. Grazie al cielo, esiste la comunicazione.

C'è un'energia che...


...si chiama capoeira, o forse è solo "banalissimo" amore. So solo che poche voci possono arrivare a sembrare potentissime, anche vibrando di commozione, strindendo di nostalgia. So solo che a volte non c'è differenza tra un cerchio e un abbraccio, un cerchio che si stringe, un abbraccio che si fa più intenso. So solo che in certi momenti niente fa sentir meglio della sensazione di avere una famiglia, una famiglia speciale che non ci è toccata ma che ci siamo scelti, una famiglia grande enorme che pur da lontano riesce a caricare di bellezza e dolcezza quel famoso abbraccio, quel famoso cerchio. C'è un'energia che gira intorno e che tu senti, con certezza. Perchè è l'energia forte che la vita scaturisce anche quando è ferita, anche quando zoppica. E pur inferma continua in avanti, appoggiandosi all'affetto. bello, questo...vero, fratello? Così oggi io ti saluto, da lontano. 12/01/05

quello che si impara nella vita...


...Che tutto ciò che si può dire in certi casi è stupido, scontato o banale. Comunque inutile. Ma che a volte fa bene al cuore. ...che se lasci passare le occasioni per intessere legami, poi può essere che quelle occasioni non ti si ripresentino più. ...che i suddetti legami, se ben orditi, resistono a tutto. Ma proprio a tutto. ...che costruisci quasi sempre più di quanto tu ti renda conto d’aver costruito. ...che la mancanza è qualcosa che ti sorprende, lungo la strada, dove meno te l’aspetti ...che la fede forse, se e quando c’è, aiuta ma che è più bello pensare che l’amore basti ...che per compensare il vuoto niente serve se non lo stare stretti, stretti ...che la vita continua e che non sarebbe giusto il contrario. ...che un saluto senza un sorriso, seppur carico di nostalgia, non è un saluto. Boa viagem, camarada "Ma perché pria del tempo a sé Il mortale Invidierà l'illusion che spento Pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando Gli sarà muta l'armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de' suoi? Celeste è questa Corrispondenza d'amorosi sensi, Celeste dote è negli umani; e spesso Per lei si vive con l’amico estinto, E l'estinto con noi [...]" U. Foscolo 10/01/05

nuove, inattese scoperte: la poesia si fa strada tra i tavoli nella sala fumosa

"O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animali generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co' pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne' nostri petti la sola virtù utile a' mortali, la Pietà, per cui sorride talvolta il labbro dell'infelice condannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata; gli animali, nemici fra loro; il Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale. Adesso che l'anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell'avvenire" (U. Foscolo da "Le ultime lettere di Jacopo Ortis", lettera del 15 maggio 1798)

il battito appassionato del mio cuore fu destato all'improvviso. poesia era la sua, dolce, soavemente cantata, narrata dal guardo profondo oscuro. e da allora quanta nostalgia ho provato, mio bene...eppur mi sento viva e lieta di tale sublime sentire . sarà che il tempo logora e l'oriuolo innesta sui polsi tremanti rendendoli saldi e impacciati nell'amore? Sarà che gli anni, passando uguali, incatenano l'emozione e sospingono alla sopravvivenza? poichè, leggero, nel portamento fiero - adesso - il pallido giovane e nobile nei tratti concede al quotidiano un giro di danza fantasioso, di parole inattese e inusuali e di modi delicati. con quanta cura tratti l'ardore! sublime tu lo riconosci e potente nella sua maestosità, con un sentire d'antico colore, d'indefinibile gusto, d'essenza preziosa. dorati, i ricci s'intessono di luce. mio giovane nuovo amico conserva, se puoi, e difendi quell'animo tuo delizioso dal trivio mondo, dall'avvilente quotidiano. Languido candore di poesia tra le labbra sottili, mèsci miele sulle consunte parole, sui sentimenti un tempo ricchi e potenti e ad oggi vestiti di stracci, pezzenti pietendo attenzioni negate. Poesia letta, recitata da chi l'ama s'agghinda di gemme e beltà. Sarò fortunata, mio giovane amico, se dalla voce tua schietta potrò udire, un giorno, i versi antichi degli animi grandi. 03/01/05

freschi sorrisi d'inizio anno nuovo e un po' di pensieri

ho salutato il 2005 levando una coppa di prosecco sulla pedana di un bancone, con gli avventori accalcati là in basso, come noi là dietro fossimo semidei, per far tintinnare i loro bicchieri con i nostri. I primi passi mossi nel 2005 sono stati maliziosi passi di merengue con mio cugino, sempre su quello strano magico palco, appena dietro una cortina di scintillanti bottiglie. Non male per una che istintivamente alla richiesta di un "sex on the beach" avrebbe risposto "torna quest'estate e ne riparliamo". 35enni pesanti come piombi in un'ebrezza che allentava le catene del loro essere goffi ma che non aggiungeva savoire faire. molte bevute, molti soldi ben sventolati. risate forti e modi grossolani. Arrivano in branco e in branco si muovono. rumorosi e appiccicosi. classici e amarognoli come un "Americano". 20enni freschi come sorrisi. arditi, cortesi, romantici. arrivano in branco ma intessono relazioni assolutamente singole. parlano piano, bevono, fanno complimenti e ballano. colorati come un cocktail ben decorato. in questi ultimi tre giorni, curiosamente, la mia mano destra è stata 4 volte sfiorata da inattesi baciamano. benchè i professionisti del bon ton inorridirebbero davanti all'ambientazione di questi gesti antichi (NON si tocca la mano con le labbra, NON lo si fa in posti pubblici che non siano teatro, NON lo si fa se non alle signore ecc.)l'effetto sortito è dei più piacevoli. Occhi vivi si inventano approcci, giocano a fare i cavalieri. e lasciateli giocare, per piacere, e lasciateci giocare. Un bell'inizio anno, non c'è che dire, che spero si riveli auspicio dei giorni a venire. pensieri sì, e neppur pochi: la mia forte nostalgia, certe mancanze, una certa sensazione di inadeguatezza al mondo, alla mia età, al mio paese, ai modi comuni. Ma, dopo cena, la musica sale e ti entra sotto la pelle e muove i muscoli in concerto. e visi, mani, labbra e occhi si affollano nel tuo sguardo in un quotidiano carnevale. Osservo un po' fuori, assaporando i particolari e mi sento viva. benvenuto, 2005. 03/01/05

madre di parto e di voler matrigna

Ho lasciato passare qualche giorno. perchè insieme alle onde defluissero i fiumi di parole - alcune belle, forti; altre disperate; altre ancora false e marce; altre ancora terribilmente scontate, come lo saranno le mie - spesi sulla "terribile catastrofe" (v. link in basso), sul maremoto. Potrei inveire contro la Natura crudele che si abbatte con la ferocia di cui è capace ciò che è tanto potente, sugli indifesi, sui disperati. e lo fa come un qualsiasi altro potente: scaricandosi sugli strati bassi della società, appena toccando (che poi questo "appena toccando" è relativo al numero incredibile di vittime. il dolore non ha classe sociale nè reddito) chi disponeva di mura solide e di rifugi sicuri. Ma in verità non credo che la Natura sia crudele, non credo che sia la "madre di parto e di voler matrigna" di Leopardiana memoria. Potrei anche annunciare, come molti han fatto, il punto di non ritorno, il momento in cui la Natura maltrattata, bisfrattata, sfruttata, derubata dall'Umanità finalmente alza la testa e si ribella. Ma avrebbe senso ribellarsi colpendo chi meno la danneggia? Credo non ci sia da cercare il senso, perchè credo che un senso non ci sia. Semplicemente, la Natura si erge indifferente davanti a tutto questo perchè in Lei la Morte e la Distruzione son momenti non così differenti dalla Vita e dalla Rinascita. Come l'Islandese capiamo, al momento della fine, che non c'è malvagità nelle catastrofi come non c'è bontà nei buoni raccolti. E allora cosa resta? cosa assegnamo ai protagonisti di questa storia senza lieto fine? Per coloro che il mare s'è portato via solo il dolore, il sentimento di una grossa ferita. Per coloro che son rimasti, che hanno visto morire, che hanno perduto tutto, il dolore non basta. ci vuole forza e speranza. ed è già più difficile. Per coloro che hanno guardato da lontano, agghiacciati e sconvolti un misero senso di impotenza e il livore che crea quella sequenza di immagini terrificanti. Per i giornalisti che hanno affrontato la notizia con umanità, un grazie che pesa, che ha consistenza. Per i giornalisti che hanno messo a lucro il dolore tutto il biasimo che sempre si son meritati. Per il mare, infine, per l'Oceano solo uno sguardo. Il tentativo di ricordarne la bellezza, il tentativo di scoprirne, adesso, la vita. 29/12/04

a 27 anni...

...mi trovo a fare l'apprendista barista per gentile concessione di mio cugino che si è votato, con il local suo, ad incrementare le mie scarse risorse finanziarie. è divertente. stai dietro la pedana e ti sembra d'essere un po' un attore, con tutti che ti guardano inevitabilmente dal basso verso l'alto. è un mestiere strano, ha una sua particolarissima quasi regale dignità. C'è, quasi ogni sera, un nugolo di ragazzini graziosissimi che diventano, in materia di complimenti, assai più fantasiosi e romantici del buon Don Giovanni: per mezzo dito di Ruhm in più diventi in pochi secondi la stella della notte, la barista più bella di Firenze, il delicato prezioso fiore del locale. come scambio non c'è male. comunque sia io questo mestiere non l'ho mai fatto e devo apprendere. Mio cugino, paziente e preciso mi illustra i segreti del perfetto apprendista barman. e quindi: il caffè si fa così, il latte lo monti così, queste le porzioni dei dolci, del ruhm, del whiskey, le birre alla spina le mesci in questo modo senza bolliccine, metti la schiuma così non si sgasa e tal birra in tal bicchiere e talaltra in talaltro e poi cosa? e poi i succhi, le bevande miste semialcoliche, le odiose redbull e poi? e poi i gelati, i frappè, la banana split... "Ale, come si prepara la banana split?" "dunque: prendi un banana la metti in una passerina..."

mio sguardo perplesso, leggermente allucinato, lui svelto mi mostra un piatto di forma ovaleggiante: "te lo giuro, te lo giuro non ti prendo in giro si chiama così!"

e impariamo anche questo mestiere va'... 28/12/04