mercoledì 22 agosto 2007
benvenuto nella mia infanzia
I cani, invece, ci hanno abbaiato nel fallito tentativo di farci credere d'essere realmente coraggiosissimi animali da guardia.
Una vecchietta sdentata s'affaccia.
E' rimasto tutto uguale a 25 anni fa. La stalla, umile e decadente, il campo ampio e grande che scala la collina, la casa scura quasi a mimetizzarsi con il fienile.
C'è una foto che mi ritrae bambina davanti al portone della stalla, con il vestito chiaro, in un pomeriggio estivo di 25 anni fa. Davanti a quello stesso portone si ferma la mia gonna bianca.
E tu che hai finalmente sentito l'odore di quella vecchia foto vorresti farne un'altra. Vorresti scattarla tu, entrato di soppiatto nella mia infanzia.
Ho amato questo posto, ne ho il ricordo nitido nonostante fossi bambina. Di ogni dettaglio ho un acquerello scontornato e polveroso nella memoria.
Scendiamo di nuovo, verso la macchina.
La gente sull'aia questa volta ci ha chiamati.
Schiamazzio contadino, semplicità del piacere di un incontro che ha le sue radici profonde in questa terra di Toscana un po' dimenticata.
Arriva la nonna e il nonno parla dalla finestra.
La nipote della vicina di casa...ma ti ricordi? certo che mi ricordo. Eri piccola ma il tuo babbo sì, figurati se si dimentica...e gli zii e la nonna...ma come sei bella.
Non è cambiato poi molto, per un attimo sento i miei passi di bimba risuonare sugli scalini di pietra, lo scoppiettare del focolare, l'odore dell'aglio e dell'olio buono della fettunta.
Bello averti accanto, bello vederti che ti fai largo nel mio passato e ci lasci il tuo odore, ci lasci la tua impronta e l'abbraccio che ora mi dai per contenere la mia emozione sa di infinito.
San Galgano
Imponente nella sua decadenza e quasi fiera di mostrare la decorazione azzurro cielo delle proprie volte, non da' confidenza agli avventori.
I paesini intorno, arroccati sui colli, la guardano ancora timorosi, memori della grandiosa potenza economica che fu, così poco attinente al santo patrono.
Siamo saliti per il piccolo sentiero.
L'eremo ci accoglie umile e splendente. Davanti all'altare la spada di San Galgano, conficcata nella roccia per divenire croce a cui rivolgere le proprie preghiere.
Bello questo simbolo, dello strumento di guerra per eccellenza che diviene, per opera e volontà dell'uomo, effige di pace e redenzione spirituale.
Quale simbolo migliore per augurarsi, oggi, che qualcosa nel mondo possa cambiare?
"Forse dovremmo accendere una candela"
decine di candele, apparentemente isolate e senza vita, cadono rumorosamente in terra quasi a sollecitare il gesto.
Ne accendiamo due.
Nella cappella adiacente il pittore senese aveva dipinto la paura umanissima di Maria al presentarsi dell'angelo.
La sinopia, rossa come se il tramonto fosse entrato a colorarla attraverso la roccia antica, mostra una giovane terrorizzata che, all'apparir dell'angelo, si nasconde per istinto dietro una colonna.
Ecco la serva del Signore, in tutta la sua meravigliosa fragilità umana.
Penso che al genio Lorenzetti quella sinopia la fecero modificare. Perchè Maria non poteva permettersi la paura. Se la madre di Cristo ha avuto paura tutti possono averne. E la paura porta riflessione, cammino spirituale personale e sentimento...e amore.
La Chiesa medievale aveva bisogno invece di abnegazione e stupido coraggio. E paura semmai solo della punizione.
Racconto, rispolverando i miei passati studi da storica dell'arte.
Uscendo, le figure dei nuovi cavalieri si stagliano davanti alla spada del loro antenato, illuminate dalla piccola porta nelle loro complesse armature, l'elmo infilato al braccio e il destriero ancora con il serbatoio caldo per le molte curve ad attenderli fuori.
Scendiamo.
Una serpe attraversa rapida il sentiero davanti a noi.
Vino e formaggi per rimettersi in viaggio.
Nut & Nina in "Corvi o Cupìdi?"
Nut fece un cenno dal finestrino. Nina lo intuì e vi rispose, intendendo solo in quel momento l’espressione “polvere dei secoli” e trovando che ben si addicesse alle condizioni del povero autobus.
Qualcosa la punse sul collo.
“maledette zanzare!” si voltò per darsi una pacca - di intenti evidentemente omicidi – e fu in quel momento che vide, appollaiato sul tetto sconnesso del bar, un bambinetto grassotto, fastidiosamente biondo, dall’aria innocentemente sbeffeggiante che tentava invano di nascondere arco e frecce dietro la schiena bianchiccia.
Nina, fischiettando , si chinò a raccogliere un sasso e glielo scagliò contro.
Nut scese dal bus e prese naturalmente la mano di Nina. Il bambinetto fastidiosamente biondo gli si era appollaiato sulla spalla e guardava Nina con aria di sfida. Un grosso bernoccolo gli arrossava la fronte.
Qualcosa la punse alla caviglia.
“maledette zanzare!” ripetè tra sé e sé ma stavolta con minor convinzione. Si chinò per darsi una pacca – di intenti di nuovo evidentemente omicidi – e fu in quel momento che vide, zampettando sulla terra battuta del parcheggio, un grosso corvo con il becco affilato. La guardava severo con l’aria di chi si sarebbe messo volentieri a fare una paternale con i fiocchi.
Nina, d’istinto, gli affibbiò un calcio. E cercò di concentrarsi su quanto stava accadendo.
Per fortuna il turista tedesco di intromise. Si incamminarono verso il porto, lasciando il bambinetto e il grosso corvo ad accapigliarsi nella sabbia tiepida del parcheggio.
Il turista tedesco beveva in silenzio evidentemente soddisfatto della propria meta. Nina stava cercando di capire come fosse arrivata a parlare del processo di unificazione e della forma governativa del proprio Paese.
Il bambinetto grassotto stava usando la sua testa come puntaspilli , sfuggendo, grazie al movimento frenetico delle alucce, ai tentativi di Nina di acchiapparlo e sbattergli la testa sul tavolino. Graziosamente, certo.
Il corvo, dal canto suo, aveva imparato a non avvicinarsi più di tanto all’infallibile appendice degli arti inferiori della donzella e le gracchiava da lontano avvertimenti e previsioni di sventura.
Stavolta il sasso colpì lui. Scagliato, per non far parzialità, dal piede destro in un pallonetto da serie A.
Nut d’altronde sembrava non accorgersi del trambusto.
21/01/2007 Ti amo anch'io
Per il fiume pigro vestito di nebbia leggera, per il tramonto rosso che fa belle le strade semplici e geometriche, per le mani in tasca della gente e per il freddo mite di quest’inverno strano.
Tutto il Creato, oggi, ci stava nel mio piccolo cuore perché tu l’hai reso infinito, perché tu m’hai parlato d’amore.
Il cane bianco è il sorriso del prato negro d’imbrunire.
I miei denti bianchi sono il mio nel vuoto apparente, pieno ancora delle tue parole
nata sul fiume
"Nel suo posto in riva al fiume Suzanne ti ha voluto accanto e ora ascolti andar le barche ora vuoi dormirle accanto si lo sai che lei è pazza ma per questo sei con lei e ti offre il the e le arance che ha portato dalla Cina e proprio mentre stai per dirle che non hai niente da offrirle lei è già sulla tua onda e fa il fiume ti risponda che da sempre siete amanti. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente perchè sai che le hai toccato il corpo il suo corpo perfetto con la mente. E Gesù fu marinaio finchè camminò sull'acqua e restò per molto tempo a guardare solitario dalla sua torre di legno e poi quando fu sicuro che soltanto agli annegati fosse dato di vederlo disse: Siate marinai finchè il mare vi libererà. E lui stesso fu spezzato ma più umano abbandonato nella nostra mente lui non naufragò. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente forse avrai fiducia in lui perchè ti ha toccato il corpo con la mente. E Suzanne ti da la mano, ti accompagna lungo il fiume, porta addosso stracci e piume presi in qualche dormitorio il sole scende come miele su di lei donna del porto e ti indica i colori tra la spazzatura e i fiori scopri eroi tra le alghe marce e bambini nel mattino che si sporgono all'amore e si sporgeranno sempre e Suzanne regge lo specchio. E tu vuoi viaggiarle insieme vuoi viaggiarle insieme ciecamente perchè sai che ti ha toccato il corpo il suo corpo perfetto con la mente". ("Suzanne" Leonard Cohen - Fabrizio de Andrè)
26/03/07
Mastella e la cultura contadina
ignoranti vussiete tutti! Mastella gl'ha la curtura contadina e unniporta i transe e la coha in barca. Semmai l'ha ner fienile.... 26/03/07
9 marzo 2007 - parte II (personale, a ritroso)
9 marzo 2007 - parte I
8 dicembre, l'immacolata concezione
Non sono una fervente cattolica ultrapraticante che sa i giorni dei Santi a memoria. Ma penso sinceramente che il cattolicesimo non sia solo la religione più quotata d'Italia ma anche parte integrante della nostra cultura. L'immacolata concezione è forse una delle feste più misteriose dell'anno. Tutti sanno che probabilmente ci sarà un ponte, di sicuro una vacanza ma per cosa? boh La maggior parte ritiene che si tratti del festeggiamento del concepimento di Gesù (immacolato perchè non ottenuto tramite classico rapporto sessuale). Prima di tutto, se così fosse dovremmo festeggiarlo a rigor di logica verso fine marzo. Ma, lasciando pur correre il calendario e i suoi intoppi- visto che normalmente si tratta di date simboliche - c'e da tener presente che "immacolato" non significa "concepito senza scopata" ma "concepito senza peccato", ovvero senza il Peccato Originale dogmaticamente in dote ad ogni nascituro per colpa dei progenitori. Sarebbe, perciò, piuttosto idiota festeggiare il fatto che Gesù sia nato senza il peccato dei figli dell'Uomo, visto che è figlio di Dio e non dell'Uomo e perciò abbastanza scontatamente immacolato. La cosa non scontata, è che anche la mamma di Gesù sia nata senza il Peccato Originale (almeno per la dottrina cattolica). Infatti l'8 dicembre si festeggia il concepimento scevro dal peccato di Maria, la suddetta. Chiarito il concetto, senza pretese dottriniche, vorrei far notare una cosa: che non lo sappia la gente a me non mi frega un bel nulla, anche se lo considero un "buco" culturale imbarazzante. Ma che JERRY SCOTTI in diretta su radio 101 venerdi 8 dicembre esaltasse il dogma festeggiato dichiarando che "è uno dei dogmi più belli, pensare che Gesù sia stato concepito tramite lo Spirito Santo" è veramente vergognoso. Poi ci si chiede perchè il livello culturale abbassa proporzionalmente all'uso dei media... 11/12/06
soffochiamo i respiri di sollievo
periferia
lo rifarei a trifoglino...
note:
(1) "ma cosa pretendevi tu, di togliere solo la vernice. Ha più modo di fare un asino che beve a bottiglia!"
(2)"anche se non c'è la vasca il rubinetto funziona, se ci mettete sotto un recipiente plastico potete anche lavarvi" 29/09/06
meu lindo moreno
acqua di cocco
scorre dalle mie labbra. sul collo e sui seni nudi in mezzo al niente luminoso del bianco assoluto. scorre lungo i fianchi lasciando un odore dolciastro e accattivante. arde il corpo sotto il sole. arde la pelle e i sensi con lei. arde infine l'aria stessa, ogni centimetro cubo di azzurro intenso, in attesa della quiete del tramonto. arde e mi lascio bruciare, novella Giovanna D'Arco, davanti alla platea silenziosa dei palmizi, l'Oceano incantato davanti, oltre le fronde. Perchè, stanca, ho abbassato la guardia. Perchè, sfinta da forze enormi, impellenti e dolcemente devastanti, ho raccolto la mia fragilità e l'ho scartata piano davanti allo sguardo incoraggiante del fuoco. arde e lascio bruciare, finalmente, senza opporre nessun atto eroico di resistenza. arde e lascio bruciare. e il tempo trascorso e stupidamente sprecato racchiude il suo dolore nella luce della luna, che proietta ombre indefinite come questa nuova sensazione di completezza.
Fabrizio De Andrè Giovanna d'Arco (da una canzone di L. Cohen)
"Attraverso il buio Giovanna d'Arco precedeva le fiamme cavalcando nessuna luna per la corazza ed il manto nessun uomo nella sua fumosa notte al suo fianco. Sono stanca della guerra ormai al lavoro di un tempo tornerei a un vestito da sposa o a qualcosa di bianco per nascondere questa mia vocazione al trionfo ed al pianto. Son parole le tue che volevo ascoltare ti ho spiato ogni giorno cavalcare e a sentirti così ora so cosa voglio vincere un'eroina così fredda, abbracciarne l'orgoglio. E chi sei tu lei disse divertendosi al gioco, chi sei tu che mi parli così senza riguardo, veramente stai parlando col fuoco e amo la tua solitudine, amo il tuo sguardo. E se tu sei il fuoco raffreddati un poco, le tue mani ora avranno da tenere qualcosa, e tacendo gli si arrampicò dentro ad offrirgli il suo modo migliore di essere sposa. E nel profondo del suo cuore rovente lui prese ad avvolgere Giovanna d'Arco e là in alto e davanti alla gente lui appese le ceneri inutili del suo abito bianco. E fu dal profondo del suo cuore rovente che lui prese Giovanna e la colpì nel segno e lei capì chiaramente che se lui era il fuoca lei doveva essere il legno". 17/10/05
Ponta de Humaità
La bambolina scalza
le radici del Polmone del Mondo
Nosso Senhor do Bonfim
Alle cinque e mezzo del mattino, Salvador ha un aspetto cupo e quasi sofferto. In autobus, studenti e lavoratori sonnecchiano. Sembra strano che non ci sia la solita confusione, le chiacchiere fitte, talvolta le mani che battono il tempo di un samba. Piove a dirotto in questa strana giornata in cui accompagno un amico ad una messa, approfittando per spiare la vita vera di una delle Chiese piú nominate del Brasile. Il mio amico ci va per assolvere un voto perché il suo "pedido"(1) é stato esaudito e lui adesso "deve" una messa al Senhor do Bonfim. Salvador arranca, tra la pioggia, sotto il passo strascicato dell'autobus. Fino a che la chiesa ci appare, dominando il suburbio, stranamente bianca e dorata in mezzo a tutto quel grigio. Dentro strabocca di ori e intonaci celesti, barocco inconfondibile, dai grandi lucernari pendenti. Fuori, donne offrono, nella stessa cassettina, rosari e "patuá"(2), medagliette coi santi e "fitinhas do bonfim"(3). Uno strano sapore di paganesimo in questa irreprensibile funzione cattolica. Sono quasi tutti vestiti di bianco, le donne adornano le panche di legno coi loro pizzi, i loro sangallo, le loro trine candide, quasi sempre in contrasto con la pelle piú o meno scura. Gli uomini vestono camice e pantaloni eleganti. Alcuni i mocassini. Negli atri laterali della chiesa, mendicanti accettano il pane offerto da un'opulenta e altzzosa signora, che si guarda intorno per accettarsi che la sua buona azione venga registrata da piú persone possibile. Il vento invade la navata dai portoni lasciati aperti e si scorge il suburbio con le sue baracche e la sua dignitosa povertá. Chi suona l'organo propone i canti con l'entusiasmo di un dj da discoteca il sabato dopo mezzanotte. Tutti cantano un portoghese inusuale che é quasi sempre costretto a perdere la dolcezza della cadenza baiana per uniformarsi al modo portoghese piú "corretto" e ufficiale. Qualcuno prega per conto suo, incurante della messa. Ai bracci del crocifisso, incastonato d'oro e preziosi, pendono le bandiere del Brasile e dello Stato di Bahia. Ogni dettaglio é un intero dipinto che chiama la mia attenzione. Un vecchio negro dalla barba bianca stringe mani e sorride, con quella mezza luna piena di intoppi ma brillante che la sua bocca tarccia sul viso scuro. Il vezzo piú comune é la tela di cotone bianca a raccogliere i capelli delle donne, nei suoi ricami e nel suo prezioso traforo. Una donna fiera avanza verso l'altare, nell'ora della comunione con un vistoso scollo ad evidenziare un seno proseproso e duro, proprio mentre il padre richiama all'ordine morale del vestiario. Ma lei ha la faccia contrita e seria e tutto pensa fuorché di offendere Dio. Me ne esco in silenzio, forse un po' invidiosa della devozione istintiva e confusionaria di questo popolo. Ovviamente mi orno di tutti glki orpelli possibili: medagglietta "scapolare"(4), patuá di Yemanjá, secondo il consiglio della sorridente mulatta che me l'ha venduto, e inevitabile fitinha al polso. Tre nodi, tre desideri. il mio pedido al Senhor do Bonfim.
(1) preghiera, richiesta
(2) amuleti
(3) laccettini che "portano fortuna". si allacciano al polso chiudendoli con tre nodi. un desiderio per ogni nodo. pare che quando e se si strappino i desideri si realizzino, se si sciolgono invece é indice o di cattiva sorte o di cattiva energia che circonda il soggetto intressato. In ogni caso pare vadano gettati in acqua corrente
(4) é un filo di cotone chiuso a collana con due medagliette, una a ciascuno dei due poli, raffiguranti per l'appunto, il Senhor do Bonfim e
frammenti di dolcezza
piccole meschinità quotidiane
Capoeira
Ecco. Il corpo si è trasformato in un disegno, nello schizzo grazioso della matita di un Dio in vena di preziosismi. Gli occhi spuntano inattesi e attenti vicino al suolo, sotto le braccia e sembra che proprio da lì, dallo sguardo vivo e sbeffeggiante nasca la mezza luna della gamba. C’è un momento in cui il neonato colpo si scolora in un vezzo acrobatico, in una fuga repentina, in un movimento contrario fatale all’avversario. In quello stesso momento, in quell’istante preciso di solito un sorriso illumina la contesa. Tutto sgattaiola sull’onda trascinatrice del coro, obbediente s’armonizza alla musica del berimbau. Un’arte marziale che si fa gioco, una lotta dura che non ha mai perso il senso del bello, una sfida che è collaborazione e beffa, strategia ed istinto, orgoglio e umiltà. Comunque, rispetto. Convoglia in rotondità geometrica l’energia della vita quotidiana. Ogni gesto rappresenta, interpreta, insegna. Anche l’amore non esita ad accorrere. Si manifesta nel languore di chi canta con quell’accento naturalmente struggente che gli ha donato il non conoscere la resa. Mio padre. Mio fratello. Il mio sposo. Immaginarli così. Questa gente bella e schietta che conosce la paura e la rispetta e così facendo la esorcizza per sempre. La mia arte tanto amata, che se ruba la vita la ruba del tutto, senza barriere nè difese a poterlesi opporre. Impetuosa come il mare, dolce di poesia, luminosa come l’estate, familiare sogno ancestrale di libertà. grazie alla mia famiglia. 03/05/05
leggeri come sorrisi
Don Giovanni Dei Vulcani
finalmente, brezza
Il vento leggero che viene dal mare lo vedi arrivare che increspa bizzarro le onde, incrociandone le vie. Mai tocca la terra; la sabbia dorata che arde non trova ristoro nel tocco leggero, non danza in eleganti rifrulli né si abbandona come al soffio improvviso del vento di terra. Il vento del mare giusto ti sfiora la schiena, fugge e ritorna, dispettoso ed impudente, tracciando da bravo pittore linee insensate di brividi golosi. E gli occhi si sollevano nell'inconscio desiderio di cogliere sul fatto il malandrino scherzoso. E tutto intorno rivive ciò che il sonno gentile aveva offuscato. Fugge e ritorna. In quel momento di assenza, quando il sole richiama l'obbedienza della pelle ardente, la mancanza si fa desiderio; non può più niente il sonno tranquillo, i sensi sono accesi e vigili, il cuore ansioso, il corpo palpitante attende e si apre come un fiore per potersi offrire, come il più totale, disinteressato e genuino dei doni, alla fonte unica del suo ristoro. Fugge e ritorna. Ritorna e accarezza lieve e sensuale. Abbraccia e fugge, si lascia respirare portando nel cuore le gocce rubate al mare e ancora profumate, ancora fresche. Abbraccia e fugge, lasciando brividi e desiderio, si lascia ricordare come una sorpresa, come un dolcissimo imprevisto. Abbraccia e fugge, percorre malizioso quel corpo offertogli in dono e ne porta via l'odore e l'essenza per poter avere un posto al suo prossimo, fugace ritorno. Tu ti stupisci bambino mio ma questo è l'Oceano del mio cuore. L'Oceano, l'Oceano, l'hai mai visto tu l'Oceano? L'Oceano senza scogli né coralli, l'Oceano calmo e ruggente, l'hai mai visto tu? 29/04/05
è primavera, svegliatevi italiani
non che ci si faccia una bella figura ma insomma...
Si arriva alla spicciolata, ancora qui. stasera siamo tanti e mediamente rumorosi. Davanti al bancone il dilemma iniziale, dettato inevitabilmente dalla moderatezza derivata dall'età ormai non più adolescenziale, è: un solo bottiglione di vino basterà, VERO?!?!?!?? certo che basta...poi semmai in caso...ne prendiamo un altro...ma certo... "fai una cosa" da dietro il bancone lo sguardo arguto ed esperto del barista chiama la nostra attenzione. mi volto a guardarlo emergendo dai miei calcoli sul vino necessario ad accompagnare salumi e formaggi e sorrido compiacente, grata per l'intervento suo, opportuno e liberatorio. "scriviamo il tuo nome su questo bigliettino, mi porti lo scontrino del cibo e via via ci segnamo quello che prendete da bere. così se quell'unico bottiglione finisce te ne do subito un altro, e pagate alla fine che ne dici?" la troviamo, ovviamente, un'idea illuminante. scandisco le lettere del mio nome e, rinfrancata dalla familiarità, penso positivo e mi risolvo a prendere subito due otr..ehm bottiglie di vino. vino rosso, semplice ma buono. di quelli che, per fortuna, poi non lasciano traccia. circola, circola il vino rosso e con lui la facile allegrezza. circolano salumi e formaggi dall'unica caratteristica comune di essere buoni, salati e assolutamente controindicati per qualsiasi tipo di sana alimentazione. Oggi la serata s'appresta ad essere innocentemente dispettosa, un po' sfacciata e quel tanto old style che così bene si sposa ai tavoli di legno e ai bicchieri sfaccettati. La terza volta che torno al bancone il barista, divertito, m'apostrofa: "e allora...Nina...eh? un'altro eh?" ghigno...sostengo il tentativo di giocoso rimprovero, familiare e complice, piuttosto accattivante. M'appoggio al bancone con la guancia su un braccio e tento la salvezza in uno sguardino da cagnolino bastonato innocente della vita. che non funziona. ovviamente. lascio il barista alla sua ilarità. gli strumenti della band di stasera s'impongono con una verve assolutamente gradevole sull'attenzione messa a dura prova dal rosso nettare delle nostre valli. cantiamo con loro dimenticando - obnubilati - di chiedere venia e sventoliamo cartelli con titoli di canzoni sempre più imporbabili. la penna la penna la penna è spuntata. anche stasera. e le solite tovagline e addirittura un blocco. tema: "dammi dell'altro vino" (d'ora in poi tento di riportare quanto più fedelmente possibile quanto di scarabocchiato rimase in mio possesso) -comincia
il bar dell'Orso. cambio i miei abadà* con una gonna volteggiante
Tra le colline di soppiatto s'intrufola la musica dal sapore antico. Ho un dolce al pepe e del vino rosso in un bicchiere da osteria. Sorrisi familiari degli avventori l'ebrezza dolce della semplicità. Parole ben rimate tra riccioli d'ogni dove e inchiostro rosso per marcare il momento. su carta di paglia. rigorosamente gialla e ruvida. Ho pensato ad un attimo sospeso che mai possa cadere, sfracellarsi. sempre leggero, leggero come la mia testa danzante nel vino. Ci sono cose che soffiano brividi lungo la schiena e son note di armonica e di chitarra e inflessioni morbide di voce senza troppi stridii. Lontani dal quotidiano abbiam preso forbici e colla e inventato un disegno così vicino alla luna, più alto della città burbera e brontolona come una vecchia zitella. Tra le colline. Tra le colline scure nella notte che oggi furonosplendenti di smeraldo. Ricordo del Poeta e di Poesia nella sua e mia visione appassionata delle miserie umane. Mi ha sorpreso qua sul colle ventoso come stamani tra le ciglia ancora impiastricciate di sonno, sbirciando tra le palpebre ancora socchiuse. Inchiostro rosso definisce i contorni aiuta a battere le mani nell'applauso a tutta questa emozione. Spirito di viandante un po' pesciolino. Grazie a Fabrizio de Andrè, al Bar dell'Orso di Monteriggioni, a chi vi suonava venerdì 18 marzo 2005 e a Bambino. (*pantalone usato per giocare a capoeira)
Biblioteca Marucelliana, un mercoledi mattina
Se alzi lo sguardo ti sembrerà una corsa verticale, affannosa verso il chiaro e la luce. Affossate tra la polvere odorosa dei libri antichi, nel buio lumeggiato dalle scarse venature dorate del legno, le menti si racchiudono in capitoli e in criptiche, sintetiche frasi appuntate su blocchi e quaderni. Chiusi in un silenzio timoroso, senza pretese né accenni di comunicazione. Isolati nelle austere sedie numerate, i migliori cervelli si avviliscono nella noia. Anche le luci son basse, e il livello dei commenti –rari -degli avventori forse anche di più. Stupore davanti all’improvviso amore sbocciato tra me ed il saggio di storia che sto leggendo. Chissà se qualcuno qui ama quello che fa, chissà se qualcuno ama davvero questo posto, se lo sente un po’ casa. Le fantasie e i pensieri ti si districano dai capelli e prendono la via delle grandi finestre incorniciate di pietra serena. Vagano tra il dovere e il freddo invernale là fuori come grossi mosconi ronzanti cercando invano una via di fuga, respinti dai vetri e ricacciati in basso. E mi vien da sorridere. Una ragazza costringe un ragazzo alla disattenzione. Gli parla, con una sicurezza che non inganna, che non ne cela l’emozione. La fronte aggrottata della riccioluta studentessa di matematica seduta davanti a me, mi strappa un ghigno di infantile soddisfazione. Ancora, sorrido: questo posto è denso di storie più che le pareti fitte di libri. Se mi perdessi tra le incisioni sui tavoli non finirei più: quanto bisogno di eternizzazione miei intellettuali fanciulli! Tu non c’hai voglia di studiare e sei buffo. Ci sono, là in cima, fari alogeni ad illuminare le grandi finestre, unica vera fonte di luce: che senso ha? La fantasia si accalca nelle altissime volte del soffitto dove può respirare un po’ meglio e guardare giù, tormentata. 19/01/05
baci rubati
“capitani di spiaggia” jorge amado
C'è un'energia che...
...si chiama capoeira, o forse è solo "banalissimo" amore. So solo che poche voci possono arrivare a sembrare potentissime, anche vibrando di commozione, strindendo di nostalgia. So solo che a volte non c'è differenza tra un cerchio e un abbraccio, un cerchio che si stringe, un abbraccio che si fa più intenso. So solo che in certi momenti niente fa sentir meglio della sensazione di avere una famiglia, una famiglia speciale che non ci è toccata ma che ci siamo scelti, una famiglia grande enorme che pur da lontano riesce a caricare di bellezza e dolcezza quel famoso abbraccio, quel famoso cerchio. C'è un'energia che gira intorno e che tu senti, con certezza. Perchè è l'energia forte che la vita scaturisce anche quando è ferita, anche quando zoppica. E pur inferma continua in avanti, appoggiandosi all'affetto. bello, questo...vero, fratello? Così oggi io ti saluto, da lontano. 12/01/05
quello che si impara nella vita...
...Che tutto ciò che si può dire in certi casi è stupido, scontato o banale. Comunque inutile. Ma che a volte fa bene al cuore. ...che se lasci passare le occasioni per intessere legami, poi può essere che quelle occasioni non ti si ripresentino più. ...che i suddetti legami, se ben orditi, resistono a tutto. Ma proprio a tutto. ...che costruisci quasi sempre più di quanto tu ti renda conto d’aver costruito. ...che la mancanza è qualcosa che ti sorprende, lungo la strada, dove meno te l’aspetti ...che la fede forse, se e quando c’è, aiuta ma che è più bello pensare che l’amore basti ...che per compensare il vuoto niente serve se non lo stare stretti, stretti ...che la vita continua e che non sarebbe giusto il contrario. ...che un saluto senza un sorriso, seppur carico di nostalgia, non è un saluto. Boa viagem, camarada "Ma perché pria del tempo a sé Il mortale Invidierà l'illusion che spento Pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando Gli sarà muta l'armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de' suoi? Celeste è questa Corrispondenza d'amorosi sensi, Celeste dote è negli umani; e spesso Per lei si vive con l’amico estinto, E l'estinto con noi [...]" U. Foscolo 10/01/05
nuove, inattese scoperte: la poesia si fa strada tra i tavoli nella sala fumosa
"O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animali generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co' pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne' nostri petti la sola virtù utile a' mortali,
il battito appassionato del mio cuore fu destato all'improvviso. poesia era la sua, dolce, soavemente cantata, narrata dal guardo profondo oscuro. e da allora quanta nostalgia ho provato, mio bene...eppur mi sento viva e lieta di tale sublime sentire . sarà che il tempo logora e l'oriuolo innesta sui polsi tremanti rendendoli saldi e impacciati nell'amore? Sarà che gli anni, passando uguali, incatenano l'emozione e sospingono alla sopravvivenza? poichè, leggero, nel portamento fiero - adesso - il pallido giovane e nobile nei tratti concede al quotidiano un giro di danza fantasioso, di parole inattese e inusuali e di modi delicati. con quanta cura tratti l'ardore! sublime tu lo riconosci e potente nella sua maestosità, con un sentire d'antico colore, d'indefinibile gusto, d'essenza preziosa. dorati, i ricci s'intessono di luce. mio giovane nuovo amico conserva, se puoi, e difendi quell'animo tuo delizioso dal trivio mondo, dall'avvilente quotidiano. Languido candore di poesia tra le labbra sottili, mèsci miele sulle consunte parole, sui sentimenti un tempo ricchi e potenti e ad oggi vestiti di stracci, pezzenti pietendo attenzioni negate. Poesia letta, recitata da chi l'ama s'agghinda di gemme e beltà. Sarò fortunata, mio giovane amico, se dalla voce tua schietta potrò udire, un giorno, i versi antichi degli animi grandi. 03/01/05
freschi sorrisi d'inizio anno nuovo e un po' di pensieri
ho salutato il 2005 levando una coppa di prosecco sulla pedana di un bancone, con gli avventori accalcati là in basso, come noi là dietro fossimo semidei, per far tintinnare i loro bicchieri con i nostri. I primi passi mossi nel 2005 sono stati maliziosi passi di merengue con mio cugino, sempre su quello strano magico palco, appena dietro una cortina di scintillanti bottiglie. Non male per una che istintivamente alla richiesta di un "sex on the beach" avrebbe risposto "torna quest'estate e ne riparliamo". 35enni pesanti come piombi in un'ebrezza che allentava le catene del loro essere goffi ma che non aggiungeva savoire faire. molte bevute, molti soldi ben sventolati. risate forti e modi grossolani. Arrivano in branco e in branco si muovono. rumorosi e appiccicosi. classici e amarognoli come un "Americano". 20enni freschi come sorrisi. arditi, cortesi, romantici. arrivano in branco ma intessono relazioni assolutamente singole. parlano piano, bevono, fanno complimenti e ballano. colorati come un cocktail ben decorato. in questi ultimi tre giorni, curiosamente, la mia mano destra è stata 4 volte sfiorata da inattesi baciamano. benchè i professionisti del bon ton inorridirebbero davanti all'ambientazione di questi gesti antichi (NON si tocca la mano con le labbra, NON lo si fa in posti pubblici che non siano teatro, NON lo si fa se non alle signore ecc.)l'effetto sortito è dei più piacevoli. Occhi vivi si inventano approcci, giocano a fare i cavalieri. e lasciateli giocare, per piacere, e lasciateci giocare. Un bell'inizio anno, non c'è che dire, che spero si riveli auspicio dei giorni a venire. pensieri sì, e neppur pochi: la mia forte nostalgia, certe mancanze, una certa sensazione di inadeguatezza al mondo, alla mia età, al mio paese, ai modi comuni. Ma, dopo cena, la musica sale e ti entra sotto la pelle e muove i muscoli in concerto. e visi, mani, labbra e occhi si affollano nel tuo sguardo in un quotidiano carnevale. Osservo un po' fuori, assaporando i particolari e mi sento viva. benvenuto, 2005. 03/01/05
madre di parto e di voler matrigna
a 27 anni...
...mi trovo a fare l'apprendista barista per gentile concessione di mio cugino che si è votato, con il local suo, ad incrementare le mie scarse risorse finanziarie. è divertente. stai dietro la pedana e ti sembra d'essere un po' un attore, con tutti che ti guardano inevitabilmente dal basso verso l'alto. è un mestiere strano, ha una sua particolarissima quasi regale dignità. C'è, quasi ogni sera, un nugolo di ragazzini graziosissimi che diventano, in materia di complimenti, assai più fantasiosi e romantici del buon Don Giovanni: per mezzo dito di Ruhm in più diventi in pochi secondi la stella della notte, la barista più bella di Firenze, il delicato prezioso fiore del locale. come scambio non c'è male. comunque sia io questo mestiere non l'ho mai fatto e devo apprendere. Mio cugino, paziente e preciso mi illustra i segreti del perfetto apprendista barman. e quindi: il caffè si fa così, il latte lo monti così, queste le porzioni dei dolci, del ruhm, del whiskey, le birre alla spina le mesci in questo modo senza bolliccine, metti la schiuma così non si sgasa e tal birra in tal bicchiere e talaltra in talaltro e poi cosa? e poi i succhi, le bevande miste semialcoliche, le odiose redbull e poi? e poi i gelati, i frappè, la banana split... "Ale, come si prepara la banana split?" "dunque: prendi un banana la metti in una passerina..."
mio sguardo perplesso, leggermente allucinato, lui svelto mi mostra un piatto di forma ovaleggiante: "te lo giuro, te lo giuro non ti prendo in giro si chiama così!"
e impariamo anche questo mestiere va'... 28/12/04