mercoledì 22 agosto 2007

“capitani di spiaggia” jorge amado

Uno di quei libri che fa piangere, che emoziona e fa battere il cuore. E fa seguire i destini dei protagonisti come fossero tuoi fratelli, amici, compagni. L’ho ripreso non fa molto per proporlo ad altri ragazzini. Ragazzini che non hanno mai forse nemmeno immaginato come può essere una vita di stenti e mancanze. Si rovesciano colorati come l’infanzia dev’ essere nei corridoi della scuola. Ho dovuto scegliere i brani più significativi e meno osceni chè le piccole menti e i linguaggi non risentano della realtà. Perché questa realtà non è la loro e le loro famiglie non li vogliono insozzati. E l’ho fatto senza rimpianti, che il buon Jorge me lo conceda, perché so che basta una bella storia a cambiare i destini, ad aprire gli orizzonti. Che ne vale la pena, foss’anche per uno soltanto di quei ragazzini. Cosa sarà per loro non so dirlo. Non so se lo vivranno invenzione o se invece ne sentiranno il gran dolore. Dipenderà da me. E allora torno ancora al romanzo, lo riprendo e cammino per le strade di bahia, per i vicoli ciottolosi del Pelourinho, per le strade marce del porto, cammino con quel passo bahiano sfrontato e sicuro, tra Pedro Proiettile e Joao Grande, negro buono e forte. Con loro mi siedo al tavolo unto di una bettola mangio e bevo con loro e rido forte come ridono i capitani della spiaggia. Un codice d’onore e di lealtà ben rispettato, un cuore grande come la miseria, un coraggio da leoni in braccia e occhi di bambini. O poco più che bambini. Riconosco l’orgoglio, l’unità, la scanzonatezza, il rimpianto di affetti negati. E adesso, tra le righe di un romanzo scritto da un cuore bahiano, si muovono i bambini. Risuonano le loro voci e i loro sguardi saettano. Le risate forti, il sapore di zenzero e cachaça, i vecchi samba battuti sule mani ad inondare l’autobus. Io, lontana, porterò a bambini di un altro pianeta il brillìo degli occhi di un mulatto, la tristezza che fa bello un samba, il grido di una terra ferita che cerca riscatto e lotta e stringe i pugni. Perché non c’è nessun errore nel credere ancora che l’inuguaglianza e l’ignoranza siano ingiuste. E che debbano essere combattute, ancorchè a piccoli passi. Perché se oltreoceano, per le strade più buie di salavdor, dove i taxi non entrano, dove la pioggia ristagna, mancano le dolcezze di una madre e di un padre, mancano lenzuola fresche e tavole imbandite, manca educazione e scolarizzazione, qua, tra questi zaini colorati manca l’orgoglio e l’allegria semplice, manca la sfrontatezza e l’altruismo, manca l’unità e il coraggio. Grazie al cielo, esiste la comunicazione.

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