mercoledì 22 agosto 2007

Biblioteca Marucelliana, un mercoledi mattina


Se alzi lo sguardo ti sembrerà una corsa verticale, affannosa verso il chiaro e la luce. Affossate tra la polvere odorosa dei libri antichi, nel buio lumeggiato dalle scarse venature dorate del legno, le menti si racchiudono in capitoli e in criptiche, sintetiche frasi appuntate su blocchi e quaderni. Chiusi in un silenzio timoroso, senza pretese né accenni di comunicazione. Isolati nelle austere sedie numerate, i migliori cervelli si avviliscono nella noia. Anche le luci son basse, e il livello dei commenti –rari -degli avventori forse anche di più. Stupore davanti all’improvviso amore sbocciato tra me ed il saggio di storia che sto leggendo. Chissà se qualcuno qui ama quello che fa, chissà se qualcuno ama davvero questo posto, se lo sente un po’ casa. Le fantasie e i pensieri ti si districano dai capelli e prendono la via delle grandi finestre incorniciate di pietra serena. Vagano tra il dovere e il freddo invernale là fuori come grossi mosconi ronzanti cercando invano una via di fuga, respinti dai vetri e ricacciati in basso. E mi vien da sorridere. Una ragazza costringe un ragazzo alla disattenzione. Gli parla, con una sicurezza che non inganna, che non ne cela l’emozione. La fronte aggrottata della riccioluta studentessa di matematica seduta davanti a me, mi strappa un ghigno di infantile soddisfazione. Ancora, sorrido: questo posto è denso di storie più che le pareti fitte di libri. Se mi perdessi tra le incisioni sui tavoli non finirei più: quanto bisogno di eternizzazione miei intellettuali fanciulli! Tu non c’hai voglia di studiare e sei buffo. Ci sono, là in cima, fari alogeni ad illuminare le grandi finestre, unica vera fonte di luce: che senso ha? La fantasia si accalca nelle altissime volte del soffitto dove può respirare un po’ meglio e guardare giù, tormentata. 19/01/05

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