domenica 6 gennaio 2008

Londra Greenwich

Si prende il treno e si va fuori. Sembra di fare un sacco di strada ma dalla cima della collina Londra è lì sotto che sembra si possa andarci passeggiando nel verde.
C’è il silenzio dei posti antichi e saggi del Mondo. Soffia vento freddo ma c’è il sole e fa comunque bene al cuore.
I cani si rincorrono e si rotolano nell’erba come in ogni angolo del mondo dove ci siano cani ed erba. Ma nell’aria c’è una tensione strana, qualcosa che ti spinge a chiedere permesso ai grandi alberi, alla distesa verde acceso e infine agli scoiattoli socievoli e per niente timorosi.
Il centro del Mondo, l’inizio di tempo e spazio così come li contiamo e misuriamo noi piccoli esseri umani. Ed intorno la Natura che sogghigna silenziosa delle foto sotto l’orologio, degli strumenti belli e raffinati, dei telescopi e del ticchettare delle lancette e del registratore di cassa.
Abbiamo mani fredde e visi arrossati. Chiudo gli occhi e mi abbandono al vento.
Quando li riapro la mia schiena è inclinata a nord come se il mio corpo rilassato volesse dimostrare che la perfezione dell’opera di Dio non cede un passo all’opera dell’Uomo, ai suoi aghi magnetici.

Ci sono angeli più luminosi, qui, di quelli che ornano le strade del centro.
Angeli che scompigliano i capelli di benedizione e luce e serenità.
È tutto calma e profondità, una profondità così grande da contenere il mondo e le stelle.
Una profondità così grande che il cuore non basta, e meno male che siamo in due qui adesso.

Ce ne andiamo con una certa riluttanza verso la città frenetica.

In silenzio. Perché le parole, a volte, sono piccole.

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