domenica 5 agosto 2007

Paolo e Giulia


Paolo lasciò pomposamente risuonare l’ultima vibrazione delle corde della chitarra ad occhi chiusi, preparandosi ad assaporare gli sguardi ammirati dei ragazzetti che lo circondavano. Lo divertiva schermirsi e poi esibirsi. Fondamentalmente era un arrogante, ma non privo di fascino. Chi lo conosceva o lo amava o lo odiava, ma ne riconosceva sicuramente le spiccate doti artistiche e la prontezza di spirito. Aprì gli occhi e restituì, indifferente, la chitarra al legittimo adolescentissimo proprietario, ringraziando e scusandosi borioso di averli annoiati con la sua stentata esecuzione.Si mise il sigaro in bocca e assunse un’aria rapita dall’infinito che mise subito fine all’entusiasta richiesta di bis. Indubitabilmente il mare era la sua spalla ideale. Il lavoro di strumentista che faceva lo sottoponeva ad una fama sommessa e poco caciarona, ma che, all’occorrenza si rilevava sempre estremamente efficace (“Vedi, il mio amico Francesco…De Gregori, intendo, forse lo conoscerai, mi dice sempre che…”). Probabilmente Dio si era addormentato quando quell’anima gli era scivolata nei nostri tempi: nelle vesti di un qualche regnante avrebbe avuto di sicuro un maggior successo. Moderno sovrano, ammantato di sarcastico cinismo, si era scelto il ruffiano di corte più esperto di ogni tempo: internet. Giulia chiuse delicatamente il portatile e sorprese un sorriso clandestino sulle labbra. Si stirò allungando le braccia in alto e rovesciando all’indietro la testa. Paolo Doria era lo strumentista fantasma per eccellenza. In scena se ne stava in ombra, se ne intuivano i lineamenti appena sfiorati dal riflettore ad ogni fine spettacolo quando la Star di turno ne dava il nome in pasto al pubblico distratto ed eccitato. Non concedeva interviste, non appariva nei talk-show, si poteva arrivare quasi a dubitare della sua identità. Paolo Doria, di fatto, non esisteva. Giulia lo rincorreva ormai da mesi. Le serviva quell’intervista. L’ignota voce finalmente registrata, il volto ben ritratto, notizie del suo passato…le avrebbe spianato la strada ufficiale della rivista con cui collaborava da due anni, del giornalismo. Giulia era distratta ma ostinata. Aveva un aspetto quasi fragile, tutta infiocchettata com’era di straboccante emotività. Il suo modo di porsi piuttosto lunatico saltava dalla fermezza insormontabile ad una dolcezza quasi disperata. Si era sposata presto rispetto alle sue coetanee e tutti la ricordavano straordinariamente a suo agio nel vestito di sapore quasi medievale, di un verde molto scuro ma luminoso, simile ai suoi occhi. Lui era straordinariamente bello, i lineamenti nobili e gli occhi azzurri rendevano il suo volto assolutamente incantevole. Si scambiavano tenerezze e sorrisi, mentre gli invitati, variopinta folla di personaggi quasi totalmente incompatibili l’uno con l’altro, a tratti applaudivano a tratti si squadravano con ostile diffidenza. Appartenevano a mondi totalmente diversi. Lui, facoltoso rampollo di famiglia alto-borghese, laureato in giurisprudenza, aveva vissuto tra bei vestiti, auto di lusso e discoteche. Lei, Giulia, era riuscita a svincolarsi anche da quel poco di imposizioni sociali che i suoi avrebbero voluto veder contare nella sua vita. Disordinata sognatrice viveva in una graziosa casetta in affitto con un’amica, stentando divertita ad arrivare a fine del mese in pari con le spese. Si erano conosciuti e innamorati…era stato più facile del previsto, e dopo un anno si erano sposati. Era stato un bel giorno, il suo matrimonio. Erano tornati a casa come ogni sera e avevano fatto l’amore sul divano tra pacchi infiocchettati di pentole e bicchieri e frullatori e fiori dall’intenso odore quasi nauseante. Poi la vita s’era adagiata in una piacevole tranquillità. Le piaceva prendersi cura della casa, aspettarlo tornare da lavoro, alla sera con il suo bel sorriso. Scriveva, Giulia. Le piaceva raccontarsi storie o giocare a fare la critica, quando letteraria, quando musicale. E per gioco era iniziata la collaborazione con la rivista “suggestioni musicali”. E un gioco era rimasto fino a quando il direttore non la chiamò nel suo ufficio. Giulia aveva osservato quella donna attraente ed elegante dietro la scrivania di mogano. Gli occhiali dalla leggerissima montatura metallica, i capelli biondissimi raccolti, il tailleur grigio che ne modellava l’austera figura. Le aveva offerto, con un sorriso leggermente sbeffeggiante come di chi mette alla prova, la sua prima intervista ufficiale e Giulia non ci aveva quasi potuto credere. Paolo Doria, il fantasma della musica leggera. Non era affatto andata male fino ad allora, ma bisognava concludere. Aveva scoperto la località in cui viveva, un posto di mare, e da lì era arrivata al suo numero di telefono. Gli aveva lasciato un sacco di messaggi in quell’ eccentrica mutissima segreteria che di volta in volta le proponeva una scala al piano o l’arrangiamento più famoso del Doria. Lasciava che la musica, la sua musica parlasse per lui, non si sporcava le mani con la quotidianità. E Giulia ogni volta, ripeteva il nome della rivista, il suo, il telefono, l’indirizzo e-mail. Anche questa volta aveva sbattuto giù il telefono, irritata. Ma chi si credeva di essere quell’odioso insopportabile arrogante strumentista? Però questa volta, all’improvviso, era apparso sullo schermo del suo pc l’avviso di ricezione di un messaggio. Paolo Doria le si stava concedendo

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