Paolo lasciò pomposamente risuonare l’ultima vibrazione delle corde della chitarra ad occhi chiusi, preparandosi ad assaporare gli sguardi ammirati dei ragazzetti che lo circondavano. Lo divertiva schermirsi e poi esibirsi. Fondamentalmente era un arrogante, ma non privo di fascino. Chi lo conosceva o lo amava o lo odiava, ma ne riconosceva sicuramente le spiccate doti artistiche e la prontezza di spirito. Aprì gli occhi e restituì, indifferente, la chitarra al legittimo adolescentissimo proprietario, ringraziando e scusandosi borioso di averli annoiati con la sua stentata esecuzione.Si mise il sigaro in bocca e assunse un’aria rapita dall’infinito che mise subito fine all’entusiasta richiesta di bis. Indubitabilmente il mare era la sua spalla ideale. Il lavoro di strumentista che faceva lo sottoponeva ad una fama sommessa e poco caciarona, ma che, all’occorrenza si rilevava sempre estremamente efficace (“Vedi, il mio amico Francesco…De Gregori, intendo, forse lo conoscerai, mi dice sempre che…”). Probabilmente Dio si era addormentato quando quell’anima gli era scivolata nei nostri tempi: nelle vesti di un qualche regnante avrebbe avuto di sicuro un maggior successo. Moderno sovrano, ammantato di sarcastico cinismo, si era scelto il ruffiano di corte più esperto di ogni tempo: internet. Giulia chiuse delicatamente il portatile e sorprese un sorriso clandestino sulle labbra. Si stirò allungando le braccia in alto e rovesciando all’indietro la testa. Paolo Doria era lo strumentista fantasma per eccellenza. In scena se ne stava in ombra, se ne intuivano i lineamenti appena sfiorati dal riflettore ad ogni fine spettacolo quando
domenica 5 agosto 2007
Paolo e Giulia
Paolo lasciò pomposamente risuonare l’ultima vibrazione delle corde della chitarra ad occhi chiusi, preparandosi ad assaporare gli sguardi ammirati dei ragazzetti che lo circondavano. Lo divertiva schermirsi e poi esibirsi. Fondamentalmente era un arrogante, ma non privo di fascino. Chi lo conosceva o lo amava o lo odiava, ma ne riconosceva sicuramente le spiccate doti artistiche e la prontezza di spirito. Aprì gli occhi e restituì, indifferente, la chitarra al legittimo adolescentissimo proprietario, ringraziando e scusandosi borioso di averli annoiati con la sua stentata esecuzione.Si mise il sigaro in bocca e assunse un’aria rapita dall’infinito che mise subito fine all’entusiasta richiesta di bis. Indubitabilmente il mare era la sua spalla ideale. Il lavoro di strumentista che faceva lo sottoponeva ad una fama sommessa e poco caciarona, ma che, all’occorrenza si rilevava sempre estremamente efficace (“Vedi, il mio amico Francesco…De Gregori, intendo, forse lo conoscerai, mi dice sempre che…”). Probabilmente Dio si era addormentato quando quell’anima gli era scivolata nei nostri tempi: nelle vesti di un qualche regnante avrebbe avuto di sicuro un maggior successo. Moderno sovrano, ammantato di sarcastico cinismo, si era scelto il ruffiano di corte più esperto di ogni tempo: internet. Giulia chiuse delicatamente il portatile e sorprese un sorriso clandestino sulle labbra. Si stirò allungando le braccia in alto e rovesciando all’indietro la testa. Paolo Doria era lo strumentista fantasma per eccellenza. In scena se ne stava in ombra, se ne intuivano i lineamenti appena sfiorati dal riflettore ad ogni fine spettacolo quando
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